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del verso, o nella vocale e consonante che termina l'ultima sillaba, qualunque siano le lettere precedenti. Eccone gli esempj

Credimi, al mondo cosa non si dà,

Ch'eguagliar possa mai la libertà.

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Osservate, che ne' versi sopraccennati da rima con libertà; tradt con cosi; martir con morir sospirar con consolar.

Quando il verso è terminato da una voce, che ha l'accento sulla penultima sillaba, si dee combinar l'eguaglianza delle due ultime vocali, e delle consonanti che precedono l'ultima vocale delle parole, che si vogliono far rimare insieme; come si può osservare ne' seguenti versi del Tasso: Spesso a' voli tropp' ali e repentini Sogliono i precipizj esser vicini.

Ben gioco è di fortuna audace, e stolto

Por contro il poco, e incerto, il certo, e molto.

La rima di repentini e vicini consiste in ini; quella di stolto, e molto, in olto; poco importando che la consonante precedente sia disuguale.

È da osservarsi, che quando l'ultima voce del verso ha una doppia consonante avanti l'ultima vocale, la voce che dee rimar con essa, deve avere altresì il raddoppiamento della stessa consonante; quindi è che terra non rimerebbe con era; nè serra con altera; bensì terra rima ottimamente

con serra; era con altera; come nel seguente quaternario del Petrarca.

Levommi il mio pensier in parte, ov' era
Quella ch' io cerco, e non ritrovo in terra;
Ivi tra lor (1), che il terzo cerchio serra,
La rividi più bella, e meno altera.

Se il verso è terminato da una parola, che ha più vocali nel fine, e se queste vocali formano due sillabe; come poi, suni, etc. basta per formar la rima, che le due ultime vocali siano le stesse; come si può vedere in questi due versi del

Tasso :

Dunque ciascun vada al riposo, e poi

Se medesmo (2) prepari, e i guerrier suoi.

che

Nel verso sdrucciolo la corrispondenza delle rime si fa con le tre ultime sillabe senz' aver riguardo alla consonante precede la vocale dell' antepenultima sillaba. Eccone un esempio estratto dal Sannazaro.

Cercan fuggir Amore, e pur l' abbracciano;
Cercan la libertade, e più s' allacciano.

In questi due versi la rima è in acciano; quantunque la consonante precedente non sia la stessa.

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Finalmente è da notarsi, che le parole delle quali si fanno le rime, debbono esser diverse; come amore, valore, pallido, squallido, etc. oppure, se talvolta sono le stesse, debbono avere un diverso significato. Così il Tasso si serve ne' seguenti ́versi di volto verbo, e di volto nome, che fa corrispondere,

e rimare insieme.

e volto

Sono ambo stretti al palo stesso,
È il tergo al tergo, e il volto ascoso al volto.

(Lor per coloro.

(2) Medesmo per medesimo,

De' versi sciolti.

Quantunque la maggior parte delle poesie Italiane siano rimate, si usano però alcune volte deʼversi senza rima, chia mati sciolti; perchè slegati dalla legge e dall' obbligo della rima. Ma se questi versi sono liberi da una difficoltà, ne hanno un'altra maggiore; ed è, che richiedono, più degli altri, leggiadria di stile, armonia di parole, vaghezza d'immagini, e sublimità di pensieri, per supplire a quello, ch' è tolto loro dalla mancanza della rima. Si sono distinti, in questa sorte di versi, Luigi Alamanni, il Trissino, Annibal Caro, Alessandro Marchetti, Melchior Cesarotti, e il Parini, sovra ogni altro, ne suoi due poemetti intitolati il Mattino,e il Mezzo Giorno. Ecco come principia il Mattino.

Giovin Signore, o a te scenda per lungo
Di magnanimi lombi ordine il sangue
Purissimo celeste, o in te del sangue
Emendino il difetto i compri (1) onori,
E le adunate in terra o in mar ricchezze
Dal genitor frugale in pochi lustri,
Me precettor d'amabil rito ascolta.
Come ingannar questi nojosi e lenti
Giorni di vita, cui sì lungo tedio
E fastidio insoffribile accompagna
Or io t' insegnerò. Quali al Mattino,
Quai dopo il Mezzodì, quali la sera
Esser debban tue cure apprenderai,
Se in mezzo agli ozj tuoi ozio ti resta
Pur di tender gli orecchi a' versi miei, etc.

(1) Compri, comprati,

Del Sonetto.

Il Sonetto è uno de' più bei componimenti che abbia la poesia Italiana.

Si divide il Sonetto in due quaternarj, e in due terzetti.

Le rime de' quaternarj s'accordano nelle due seguenti maniere che sono le più usitate:

La prima maniera si è, quando la rima del primo verso del Sonetto s'accorda con quella del terzo, e la rima del secondo con quella del quarto, conservando le medesime rime, e il medesimo ordine nel secondo quaternario.

La seconda maniera, che è anche la più frequente, consiste nel far rimare il primo verso del Sonetto col quarto, col quinto, e coll' ottavo, e nel far rimare insieme gli altri versi che ri

mangono.

Le rime de' terzetti s'accordano anch' esse in due differenti maniere :

La prima maniera si è, quando si compongono i tre versi del primo terzetto con le desinenze libere, e di voci diverse; accordando poscia la desinenza del quarto verso con quella del primo, quella del quinto con quella del secondo, e finalmente la desinenza dell' ultimo con quella del terzo.

La seconda maniera, che è da moderni più frequentemente adoprata, si è, quando il primo verso rima col terzo, quarto, e l'ultimo col secondo, ed il quinto col primo e col terzo.

SONETTO;

In cui i quaternarj, e i terzetti sono disposti nella prima

maniera.

Giunto Alessandro alla fimosa tomba
Del fero Achille, sospirando disse :
O fortunato, che sì chiara tromba
Trovasti, e chi di te sì alto scrisse !

Ma

Ma questa pura, e candida colomba,

A cui non so, se al mondo mai par visse,
Nel mio stil frale assai poco rimbomba :
Così son le sue sorti a ciascun fisse.
Chè d'Omero degnissima, e d'Orfeo,
O del pastor ch' ancor Mantova onora,
Ch' andassen (1) sempre lei sola cantando
Stella difforme, e fato sol qui reo
Commise a tal, che'l suo bel nome adora:
Ma forse scema sue lodi parlando.

PETRARCA.

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SONETTO

In cui i quaternarj, e i terzetti sono disposti nella seconda

maniera.

Apre l'uomo infelice, allor che nasce

In questa valle di miserie piena

Pria che al sol gli occhi al pianto, e nato appena

Va prigionier fra le tenaci fasce.

Fanciullo poi che non più latte il pasce

Sotto rigida sferza i giorni mena :
Indi in età più ferma e più serena
Tra fortuna ed amor more e rinasce.
Quante poscia sostien tristo e mendico

Fatiche e stenti, infinchè curvo e lasso
Appoggia a debil legno il fianco antico!
Chiude alfin le sue spoglie angusto sasso
Ratto così, che sospirando io dico:

Dalla culla alla tomba è un breve passo.

Vi sono inoltre de' Sonetti che chiamansi colla coda, perchè, oltre la loro forma ordinaria, hanno alcuni terzetti di più,

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