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il di cui primo verso è sempre di sette sillabe. Se ne trovano alcuni presso il Berni, ed altri autori, che hanno scritto cose burlesche.

Della Terza rima, o sia Terzina.

La Terza rima o sia Terzina è un componimento di tre in tre versi; con questa legge, che il primo verso rimi col terzo, il secondo col primo, e col terzo della terzina, che segue. In questa guisa le rime vanno di tre in tre, eccettuato nella prima terzina, in cui non ve ne sono che due, e nel fine, ove trovasi un verso soprabbondante, che s'accorda col penultimo, ed ambedue rimano insieme.

Ik Dante fu l'inventore di questa sorte di versi e compose in essi la sua commedia. Il Petrarca se ne valse ne' suoi trionfi, il Boccaccio nell' amorosa Visione, e molti altri se ne sono serviti dopo di loro. Ecco il principio, ed il fine del terzo canto

dell' Inferno di Dante.

Per me si va nella città dolente:
Per me si va nell' eterno dolore:
Per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto Fattore:
Fecemi la Divina Potestate,

La somma Sapienza, e il Primo Amore.
Dinanzi a me non fur (1) cose create,
Se non eterne, ed io eterno duro :

Lasciate ogni speranza, voi, ch' entrate.
Queste parole di colore oscuro.

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Vid' io scritte al sommo d'una porta;

Perch' io: Maestro, il senso lor m' è duro.

Ed egli a me, come persona accorta :
Quì si convien lasciare ogni sospetto :
Ogni viltà convien, che quì sia morta.

(1) Fur per furono.

Noi sem (1) venuti al luogo, ov' io t'ho detto,
Che tu vedrai le genti dolorose,

Ch' hanno perduto il ben dell' intelletto,
E poichè la sua mano alla mia pose
Con lieto volto, ond' io mi confortai,
Mi mise dentro alle segrete cose.

Quivi sospiri, pianti, ed alti guai
Risonavan per l' aer senza stelle,
Perch' io al cominciar ne lagrimai.
Diverse lingue, orribili favelle,

Parole di dolore, accenti d' ira,

Voci alte e fioche, e suon di man con elle
Facevano un tumulto, il qual s'aggira

Sempre in quell' aria senza tempo tinta
Come la rena, (2) quando il turbo (3) spira.

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Finito questo, la buja campagna
Tremò si forte, che dello spavento
La mente di sudore ancor mi bagna.
La terra lagrimosa diede vento,
Che balenò una luce vermiglia,

La qual mi vinse ciascun sentimento:
E caddi, come l' uom, cui sonno piglia.

Della Sestina.

La Séstina è una sorte di componimento, che ha sei strofe ed ogni strofa contiene sei versi. Nella prima strofa che comincia il canto, niun verso rima coll' altro ; ma nella strofa seguente il primo verso finisce colla stessa parola, con cui è finito l' ultimo della strofa antecedente : il secondo termina colla parola, colla quale termina il primo verso della prima strofa; e così continuando sino al fine, ove trovasi (1) Sem per siamo. (2) Rena, arena. (3) Turbo, turbine,

una strofa di tre soli versi; ognuno de' quali deve terminar
con una delle ultime voci de' versi che compongono le altre
strofe. Questi tre ultimi versi chiamansi Ripresa, o Congedo.
A qualunque animale alberga in terra;

Se non se alquanti ch' hanno in odio il sole;
Tempo da travagliare è quando è il giorno:
Ma poi, ch' il ciel accende le sue stelle,
Qual torna a casa, e qual s' annida in selva
Per aver posa almeno infin' all' alba.
Ed io da che comincia la bell' alba

A scuoter l'ombra intorno della terra
Svegliando gli animali in ogni selva,
Non ho mai tregua di sospir col Sole.
Poi, quand' io veggio fiammeggiar le stelle,
Vo lagrimando, e desiando il giorne. !
Quando la sera scaccia il chiaro giorno, &.

Ecco i tre ultimi versi di questa Sestina del Petrarca :
Ma io sarò sotterra in secca selva;

Ec'l giorno andrà pien di minute stelle,

Prima ch' a sì dolce alba arrivi il Sole.

Si trovano alcune volte delle Sestine doppie, cioè composte di dodici strofe. Hanno queste le medesime regole, e la Ripresa o sia il Congedo non deve aver più di tre versi. Dell' Ottava Rima.

L'Ottava Rima è un componimento diviso in Stanze, e ciascuna stanza è tessuta d'otto versi, sei de' quali rimano alterna tivamente fra loro, e i due ultimi rimano insieme. Il Boccaccio fu il primo, che fece uso dell' Ottava rima nella sua Tescide; e nel secolo seguente il Poliziano adoprò siffatta maniera di versi con gran vaghezza, e leggiadria. Questi due poeti aprirono una strada, per la quale felicemente camminando l' Ariosto poscia il Tasso, l'Ortava rima è pervenuta alla maggior perfezione, che bramar si possa. Ecco il principio del Canto

XXIV dell' Orlando furioso dell' Ariosto:

Chi mette il piè su l'amorosa pania,

Cerchi ritrarlo, e non v' inveschi l'ale;
Che non è in somma Amor, se non insania,
A giudizio de' savj universale.

E se ben, come Orlando, ognun non smania,
Suo furor mostrà a qualch' altro segnale.
E quale è di pazzìa segno più espresso
Che per altri voler perder se stesso ?
Varj gli effetti son, ma la pazzia

È tutt' una però, che li fa uscire.

Gli (1) è come una gran selva, ove la via
Conviene a forza, a chi vi va, fallire.
Chi su, chi giu, chi quà, chỉ là travia.
Per concludere in somma, io vi vo' (2) dire,
A chi in amor s'invecchia, oltr' ogni pena,
Si convengono i ceppi, e la catena.

Della Canzone, o sia Ode.

La Canzone o sia Ode è una specie di componimento, che contiene più strofe, ma tutte d'una medesima tessitura. Questa sorte di componimento suol essere frammischiata di versi interi, e di versi corti; ed ha comunemente nel fine una piccola strofa, chiamata Riprésa, o Congedo. Ecco le due prime strofe della Canzone XXVII del Petrarca.

Chiare, fresche, e dolci acque,

Ove le belle membra

Pose colei che sola a me par donna,

Gentil ramo, ove piacque

Con sospir mi rimembra)

A lei di fare al bel fianco colonna ;

(1) Gli per egli,

(2) Vo' per voglio,

Erba, e fior, che la gonna
Leggiadra ricoverse

Con l' angelico seno ;

Aer sacro sereno,

Ov' Amor co' begli occhi il cor m'aperse;
Date udienza insieme

Alle dolenti mie parole estreme.

S' egli è pur mio destino,

El cielo in ciò s' adopra,

Ch' Amor quest' occhi lagrimando chiuda;

Qualche grazia il meschino

Corpo fra voi ricopra ;

E torni l'alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia (1) men cruda,

Se questa speme porto

A quel dubbioso passo:

Che lo spirito lasso

Non poría (2) mai in più riposato porto,

Nè 'n più tranquilla fossa

Fuggir la carne travagliata, e l'ossa

Ecco la ripresa, o sia il congedo della Canzone.
Se tu avessi ornamenti, quant' hai voglia,

Potresti arditamente

Uscir del bosco, e gir (3) infra la gente.

Il Petrarca in alcune delle sue Canzoni ha fatto talvolta la rima nel mezzo del seguente verso, come nella Canzone XXII, che comincia così:

Mai non vo' più cantar, com' io soleva :

Ch' altri non m' intendeva; ond' ebbi scorno :'

E puossi il bel soggiorno esser molesto, etc. etc.

(1) Fia per sarà. (2) Poría per potrebbe. (3) Voce poetica per andare.

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