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DA' MIGLIORI AUTORI.

Ed accresciute Zun Trattat Poesia Italiana, e d'aicum, pre note ad uso degi. Stranier.,

DA A VERGAN.

Professore nel Collega del” Cam

Presso

LIANA.

he si valsero della lingua cere alle persone amate la endolo fare col linguaggio gli uomini dotti, si diedero Italiana, chiamata allora dell' Italia.

nel 1360 dice, che i Siciliani osti versi volgari.

secolo della poesia Italiana dal lo, che può chiamarsi l'infanzia n fecero che balbettare. Barbara ozze le loro espressioni, i lor sen1. (1)

›r Federico II, uno de' primi poeti Sicilia, e i dotti Italiani, che frequenvi appresero l'uso della volgar poesia alle patrie loro. Quindi cominciarono a

Pri nella Toscana, in Bologna, ed in altre

ra conoscer queste poesie Siciliane, vegga l'Istoria sia di Crescimbeni, tomo III. ·

TRATTATO

DELLA

POESIA ITALIANA.

I

poeti Siciliani furono i primi, che si valsero della lingua Italiana. Volendo costoro far conoscere alle persone amate la grandezza del loro affetto; nè potendolo fare col linguaggio Latino, che era in uso soltanto presso gli uomini dotti, si diedero a compor versi amorosi in lingua Italiana, chiamata allora volgare; perchè usata dal volgo dell' Italia.

Il Petrarca in una lettera scritta nel 1360 dice, che i Siciliani avevano alcuni secoli prima composti versi volgari.

Si può dunque fissare il primo secolo della poesia Italiana dal 1100 fino al 1230. In questo secolo, che può chiamarsi l'infanzia della nostra poesia, i poeti non fecero che balbettare. Barbara era la lingua da loro usata, rozze le loro espressioni, i lor sentimenti poco nobili, e oscuri. (1)

Dopo il 1220 l'Imperator Federico II, uno de' primi poeti di que' tempi, si fermò in Sicilia, e i dotti Italiani, che frequentavano la di lui corte, vi appresero l'uso della volgar poesia e lo recarono poscia alle patrie loro. Quindi cominciarono a fiorire i poeti volgari nella Toscana, in Bologna, ed in altre

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(1) Chi desidera conoscer queste poesie Siciliane, vegga l'Istoria. della volgar poesia di Crescimbeni, tomo III.

città dell' Italia. Si distinsero, fra gli altri, Dante Alighieri, Guitton d'Arezzo, Guido Guinizelli da Bologna, Cino da Pistoja, e Guido Cavalcanti. Adoperaron essi ne' loro versi una lingua meno rozza, frasi più leggiadre, immagini più vive, pensieri più nobili e più sublimi. Nel Dante, sopra tutto, scorger si possono moltissime gemme, quantunque alle volte mal pulite o mal legate.

A questi poeti, ed a molti altri, che fioriron nello stesso tempo, e de' quali fa menzione il Crescimbeni nella sua storia della volgar poesia, riferir si deve il secondo secolo della poesia Italiana, che durò fino al 1320 incifcâ.

La volgar poesia però fu molto più felice, e più perfetta ne' tempi di Francesco Petrarca; epoca alla quale si può fissare il terzo secolo della poesia Italiana. » L'ingegno veramente me>> raviglioso di questo grand' uomo, dice il Muratori, ereditò » tutte le virtù de' vecchi poeti ; ma non già i loro difetti. » La leggiadria della lingua, la bellezza dello stile, la nobiltà » de' pensieri, con cui sono tessute le sue rime, giustamente » gli hanno guadagnato il titolo di principe de' poeti lirici » d'Italia; nè finora è venuto fatto ad alcuno di torgli sì bel » pregio; anzi pochi sono quelli, che siano giunti a felice» mente imitarlo non che superarlo. » Fiorirono a' tempi di questo grand' uomo, o dopo la sua morte, alcuni altri poeti, i quali, quantunque inferiori ad esso, meritano però moltissima stima. I principali sono: Buonaccorso, Montemagno, Cino Rinuccini, Franco Sacchetti, e Giusto de' Conti, imitatori tutti del famoso Petrarca.

Il quarto secolo, che comincia dopo Giusto de' Conti, non fu molto fortunato per la poesia Italiana. Nulladimeno verso ja metà del 1400 si ristabilì la riputazione della nostra poesia; lo che devesi a Girolamo Benivieni, ad Angiolo Poliziano, al Conte Matteo Bojardo, ad Antonio Tibaldeo, a Serafino dall Aquila, e spezialmente a Lorenzo de' Medici, nelle rime del quale, benchè non si vegga un'intera perfezione, pure vi si

trovano nobili e vaghe immagini, e un gusto poetico non inferiore a quello de' migliori poeti.

Il quinto secolo, che comincia dal 1510 fino al 1600, fu felicissimo per la nostra poesia; essendo questa, per dir così, rinata, e giunta ad incredibile gloria in ogni sorta di componimenti, Pochi sono coloro, che non conoscano il merito del Bembo, di Giovanni della Casa, dell' Ariosto, d'Angiolo di Costanzo, di Luigi Tansillo, di Giovanni Guidiccioni, d’Annibal Caro, di Torquato Tasso, del Cavalier Guarino, di molti altri, che lungo sarebbe l'annoverare. In questo secolo ebbero i poeti, generalmente parlando, un ottimo gusto, scrissero con leggiadria, e adoperarono pensieri nobili, profondi, e naturali. Osservisi però, che verso la fine del secolo cominciarono ad amare i pensieri ingegnosi, i concetti arguti, gli ornamenti vistosi, e brillanti.

e

Il Cavalier Marini fu quello, che più d'ogni altro promosse questo cattivo gusto, e che pervenne ad introdurlo nel Parnaso Italiano. Quindi è, che dopo il 1600 quasi tutti i poeti Italiani seguirono lo stil Marinesco, mossi dalla gran riputazione, e dal raro plauso che questo poeta s'era acquistato. Bisogna però eccettuare due nobili ingegni; cioè Gabriello Chia. brera, e il Conte Fulvio Testi, il primo de' quali si volse ad imitare gli antichi Lirici Greci, e l'altro i Lirici Latini; per lo che si acquistarono ambedue un nome immortale.

Verso la metà del 1600 cominciò finalmente l'Italia a riaversi dal grave sonno, in cui era per tanto tempo giaciuta. La celebre adunanza dell' Arcadia cooperò moltissimo a salvar dal naufragio la poesia Italiana. Francesco Redi, Benedetto Menzini, Vincenzo da Filicaja, Carlo Maria Maggi, Francesco de Lemene, ed infiniti altri, che per brevità tralascio, resero alla nostra poesia quello splendore, in cui si vede a' giorni nostri ; giorni felici, e che non hanno niente da invidiare ai secoli del Petrarca, e del Tasso,

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