網頁圖片
PDF
ePub 版

Altrui vile, e negletta, a me sì cara,
Che non bramo tesor, nè regal verga (1);
Nè cura, o voglia ambiziosa avara
Mai nel tranquillo del mio petto alberga.
Spengo la sete mia nell'

acqua chiara,
Che non tem' io, che di venen s'asperga :
E questa greggia, e l' orticel dispensa
Cibi non compri alla mia parca mensa.

Che

poco è il desiderio, e poco è il nostro
Bisogno, onde la vita si conservi.

Son figli miei questi, ch' addito, e mostro
Custodi della mandra, e non ho servi,
Così men (2) vivo in solitario chiostro (3),
Saltar veggendo i capri snelli, ei cervi,
Ed i pesci guizzar di questo fiume;
E spiegar gli augelletti al Ciel le piume(4).

Tempo già fu, quando più l'uom vaneggia
Nell' età prima, ch' ebbi altro desio;
E disdegnai di pasturar la greggia,
E fuggii dal paese a me natío :

E vissi in Memfi un tempo; e nella reggia
Fra i ministri del Re fui posto anch' io:
Ebenchè fossi guardian degli orti,
Vidi, e connobbi pur l' inique corţi.

(1) Verga, scettro.

(2) Men per me ne, riempitivo he aggiunge una certa grazia ed

espressione alla parola vivo.
(3) Chiostro, dimora.
(4) Piume, ali.

E lusingato da speranza ardita,

Soffrii lunga stagion ciò che più spiace:
Ma poi ch' insieme con P età fiorita

Mancò la speme (1), e la baldanza audace;
Piansi i riposi di quest' umil vita,

E sospirai la mia perduta pace;

E dissi: O Corte, addio. Così agli amici
Boschi tornando, ho tratto i dì felici.

TASSO. Gerusalemme liberata. Canto 7.

Care selve beate,

E voi solinghi, e taciturni orrori

Di riposo, e di pace alberghi veri,

[ocr errors][merged small][merged small]

A rivedervi i' (2) torno! e se le stelle
M' avesser dato in sorte

Di viver' a me stessa, e di far vita
Conforme alle mie voglie;

Io già co' campi Elisi

Fortunato giardin de' Semidei,

La vostr' ombra gentil non cangerei :

Chè se ben dritto miro

Questi beni mortali

Altro non son che mali :

Men' ha, chi più n' abbonda,

(1) Speme, voce poetica per speranza. (2) I' per io.

E

E posseduto è più che non possiede :

Ricchezze no, ma lacci

Dell' altrui libertate.

Che val ne' più verdi anni

Titolo di bellezza,

O fama d' onestate,

E'n mortal sangue nobiltà celeste;
Tante grazie del Cielo, e della terra ;
Qui larghi, e lieti campi, -

E là felici piaggie;

Fecondi paschi, e più fecondo armento,

Se in tanti beni il cor non è contento?
Felice pastorella !

Cui cinge appena il fianco

Povera sì, ma schietta

E candida gonnella :

Ricca sol di se stessa,

E delle grazie di natura adorña ;

Che in dolce povertade,

Nè povertà conosce, nè i disagi

Delle ricchezze sente;

Ma tutto quel possede,

Per cui desio d' aver non la tormenta;

Nuda sì, ma contenta.

Co' doni di natura,

I doni di natura anco nudrica:

Col latte il latte avviva,

E col dolce dell' api

D

Condisce il mel delle natie dolcezze :
Quel fonte ond' ella beve,

Quel solo anco la bagna, e la consiglia:

Paga lei, pago il mondo.

Per lei di nembi il Ciel s'oscura indarno,

E di grandine s' arma,

Che la sua povertà nulla paventa :

Nuda sì, ma contenta.

Sola una dolce, e d'ogni affanno sgombra
Cura le sta nel core:

Pasce le verdi erbette

La greggia a lei commessa, ed ella pasce
De' suoi begli occhi il pastorello amante;
Non qual le destinaro (1)

O gli uomini, o le stelle ;
Ma qual le diede amore.
E tra l'ombrose piante

D'un favorito lor mirteto (2) adorno,
Vagheggiata, il vagheggia, (3) nè per lui
Sente foco d'amor, che non gli scopra,
Ned (4) ella scopre ardor, ch' egli non senta,
Nuda sì, ma contenta.

[blocks in formation]

O vera vita, che non sa che sia
Morir innanzi morte,

Potess' io pur (1) cangiar teco mia sorte!

GIOVANBATTISTA GUARINI.

FILLE.

Il primo albor non appariva ancora,
Ed io stava con Fille a piè d'un orno
Or ascoltando i dolci accenti, ed ora
Chiedendo al ciel per vagheggiarla il giorno.
Vedrai,mia File, io le dicea, l'Aurora,
Come bella a noi fa dal mar ritorno;
E come al suo apparir turba, e scolora
Le tante stelle, ond' è l'Olimpo adorno.
E vedrai poscia il sole, intorno a cui
Spariran da lui vinti, e questa, e quelle,
(Tanta è la luce de' bei raggi sui.) (2)
Ma non vedrai quel ch' io vedrò : le belle
Tue pupille scoprirsi ;e far di lui
Quel ch'ei fa dell 'Aurora, e delle stelle.

EUSTACHIO MANFREDI.

(1) Pur per pure, particella riempitiva che aggiunge und certa

forza alla frase.

(2) Sui per suoi.

« 上一頁繼續 »