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A VARIZIA.

Sen giace qui fra questi marmi unita
D'un avaro crudel l'alma (1) meschina
Che pianse, quando morte ebbe vicina,
La spesa del sepolcro, e non la vita.

GIOVAN-FRANCESCO LOREDANO.

BELLEZZA.

Di se stessa invaghita, e del suo bello
Si specchiava la Rosa

In un limpido, e rapido Ruscello;

Quando d' ogni sua foglia

Un' aura impetuosa

La bella Rosa spoglia.

Cascar (2)nel Rio (3) le spoglie, e il Rio fuggendo

Se le porta correndo:

E così la Beltà

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Luce divina,

Raggio del Cielo è la bellezza, e rende
Celesti anche gli oggetti, in cui risplende.
Questa l'alme (1) più tarde

Solleva al Ciel, come solleva il Sole
Ogni basso vapor. Questa a' mortali
Della penosa vita

Tempra le noje, e ricompensa i danni :
Questa in mezzo agli affanni

Gl' infelici rallegra: in mezzo all' ire
Questa placa i tiranni : i lenti sprona,
I fugaci incatena,

Anima i vili, i temerarj affrena;
E del suo dolce impero

Che letizia conduce,

Che diletto produce, ove si stende;

Sente ognun il piacer, verun l'intende.

METASTASIO. La pace fra la Virtù e la Bellezza.

Due ninfe emule al volto, e alla favella (2) Muovon del pari il piè, muovono il canto; Vaghe così, che l' una all' altra accanto

Rosa con rosa par,

stella con stella.

(1) Alme,

anime.

(2) Favella, discorso.

Non sai se quella a questa, o questa a quella
Toglia o non toglia di beltade il vanto;
E puoi ben dir: null' altra è bella tanto;
Ma non puoi dir di lor : questa è più bella.
Se innanzi al pastorello in Ida assiso
Simil coppia giungea; Vener non fora (1)
La vincitrice al paragon del viso.

Ma qual di queste avrebbe vinto allora ?

Nol (2) so: Paride il pomo avria (3) diviso, lite penderebbe ancora.

O la

gran

GIOVANBATTISTA ZAPPI.

CANTO SOLLIEVO DELLE CURE.

Canta il nocchier su la spalmata nave
E men grave gli par l'alta fatica;
Canta il bifolco in su la spiaggia aprica,
E il suo caldo sudor rende soave.
Canta il prigione, e men molesta, e grave
Sente la stretta sua custodia antica;
Canta il villan su la recisa spica,
E l'ardente del Sol face non pave (4).

(1) Fora per sarebbe.
(2) Nol per non lo.
(3) Avria per avrebbe.

(4) Pave, voce latina, e usata da' poeti in luogo di teme.

Canta il calloso fabbro, e in su l'aurora
Più lievi i colpi suoi rende col canto,
Su l'incude sudando aspra, e sonora.
Così non per aver gloria, nè vanto,

Ma per temprare il duol, con cui m' accora
Quinci fortuna e quindi Amore, io canto.

GIO. LEONE SEMPRONIO.

CATONE, E PORZIA,
Per non veder del vincitor la sorte,
Caton squarciossi (1) il già trafitto lato,
Gli piacque di morir libero, e forte
Della Romana libertà col fato.
E Porzia allor, che Bruto il fier consorte
Il fio pagò (2) del suo misfatto ingrato ;
Inghiottì 'l fuoco, e riunissi (3) in morte
Col cener freddo del consorte amato.
Or chi dovrà destar più meraviglia
Col suo crudel, ma glorioso scempio
L'atroce Padre, o l'amorosa figlia ?
La figlia più. Prese Catone allora

Da molti, e a molti diede il forte esempio ;
Ma la morte di Porzia è sola ancora.

FAUSTINA Maratti.

(1) Squarciossi, si squarciò. tar la pena.

(2) Pagare il fio, vale por- (3) Riunissi, si riunì,

1

CESAR E.

Di Cesare a favor poichè deciso
Ebbe la sorte amica, e i lauri ei colse,
L'Egizio Re, che vincitor Paccolse,
Gli offerse il capo di Pompeo reciso.
Nel teschio allor di polve, (1) e sangue intriso
Cesare attento il guardo suo rivolse

In se stesso pensoso, indi il raccolse,
E chi vivo sdegnò, poi pianse ucciso.
Forse perchè fiero, e crudel volesse

Che Pompeo fra ritorte (2) ancor avvinto La morte solo al brando (3) suo dovesse, O pur pietoso dal nemico estinto

La bella gloria trar più non potesse
Di trionfar col perdonare al vinto.

GIOAN-ANTONIO ASTORI.

(1) Polve, voce poetica per polvere.

(2) Ritorte, lacci, catene. (3) Brando, Spada.

COSCIENZA

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