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D'ogni altro error saría di (1) vita indegno
Per questo sol. Deggio alla mia negletta
Disprezzata clemenza una vendetta.
Vendetta! Ah Tito! E tu sarai capace
D'un sì basso desío, che rende eguale
L'offeso all' offensor? Merita in vero
Gran lode una vendetta, ove non costi
Più che il volerla. Il torre altrui la vita
È facoltà comune

Al più vil della terra; il darla è solo

De' Numi, e de' Regnanti. Eh viva... In vano
Parlan dunque le leggi? Io lor custode
Le eseguisco così? Di Sesto amico
Non sa Tito scordarsi? Han pur saputo
Obblíar d' esser padri e Manlio e Bruto.
Sieguansi i grandi esempi. Ogni altro affetto
D'amicizia, e pietà taccia per ora.

Sesto è reo, Sesto mora. (2) Eccoci alfine
Sulle vie del rigore. Eccoci aspersi
Di cittadino sangue; e s'incomincia
Dal sangue d'un amico. Or che diranno
I posteri di noi? Diran che in Tito
Si stancò la clemenza,

Come in Silla, e in Augusto

La crudeltà. Forse diran che troppo
Rigido io fui; ch' eran difese al reo
I natali, e l'età; che un primo errore

(1) Saria, Sarebbe.

(2) Sottoscrive.

Puni

Punir non si dovea; che un ramo infermo

Subito non recide

Saggio cultor, se a risanarlo in vano

Molto pria non sudò; che Tito alfine
Era l'offeso; e che le proprie offese,
Senza ingiuria del giusto,

Ben poteva obbliar... Ma dunque io faccio
Sì gran forza al mio cor? Nè almen sicuro
Sarò ch' altri m' approvi? Ah non si lasci
Il solito cammin. Viva l'amico (1),
Benchè infedele ; e se accusarmi il mondo
Vuol pur di qualche errore,

M' accusi di pietà, non di rigore (2).

TRIONFO DELLA GLORIA.

Dell' oziosa Sciro

Lieto languía nel dilettoso esiglio,

Prigioniero d' Amor, di Teti il figlio;

D' Amor, che al par geloso

Di sì gran prigionier, quanto superbo
A custodirlo ogni arte

Poneva in opra. In Deidamia a lui

Scaltro additava ognora

Qualche nuova beltà; d' ogni suo moto,

(1) Lacera il foglio.

(2) Getta il foglio lacerato. Q

D'ogni accento di lei, d' ogni negletto Suo girar di pupille

Subito ordiva un laccio al cor d'Achille. Avea d' insidie intorno

Tutto pieno il soggiorno; in ogni parte

Della splendida reggia

Non s'udían, che sospiri,

Che voci, che lamenti,

Che susurri d'amore; e nelle chete
Ombre de' boschi, a' dolci furti amici,
Dell' aure seduttrici

Il dolce vaneggiar, de' lieti augelli
Il lascivo garrir, fra sasso, e sasso
Il franger nelle rive onde sonore,
il Ciel tutto inspirava amore.

La

terra,

In femminili spoglie

Là scordato di se traeva i giorni L'innamorato Eroe. Non armi, ed ire;

Non battaglie, e trionfi

Eran le cure sue, ma dolci inviti,

Ma languide repulse,

Mendicate querele,

Replicate promesse,

E perdoni, e contese,

E lusinghe, ed offese, e cento, e cento A queste somiglianti

Fanciullesche follíe, serie agli amanti,

Sol tu sei, dicea talora,

La mia vitá, e la mia speme;
E chiudea le voci estreme
Con un tenero sospir.

Io languisco, io vengo meno
Sol per te, talor dicea;
E stringea frattanto al seno
La cagion del suo languir.
usurpasse Amore

Ma che

Un cor promesso a lei, gran tempo in pace
La Gloria non soffrì; venne ad Achille,
L'avvertì del tuo stato,

E gli trasse su gli occhi Ulisse armato.
Alla vista, all' invito

Achille si destò, vide il suo fallo,

Arrossì di vergogna,

Di sdegno impallidì, le vesti indegne
Si lacerò d'intorno, armi richiese,
E ad emendar le colpe sue trascorse
Già ne partía; ma Deidamia accorse.
Pallida, semiviva,

Disperata, anelante, in van più volte
Tentò parlar, nè mai potè nel pianto
Formar parole. Ah se parlar potea,
L'infelice in quel punto ancor vincea.
Ingiusti, o Principessa,

Ei disse a lei, son que' trasporti tuoi.
Se vile ancor mi vuoi, perdita io sono

Facile a riparar; s'eroe mi brami,

Soffri, ch' io lo divenga. Addio ; sarai

Tu sola ognor Quel risoluto addío

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La bella non sostenne;

Senti stringersi il cor, gelossi e svenne.
Ah che sarà d' Achille? Allori, e palme
Gli promette la Gloria; Amor gli addita
Moribondo il suo bene; una codardo,
L'altro il chiama crudel; l'eroe, l'amante,
Si confondono in lui, pugnano insieme.
Piange in un punto, e freme;
Vuol partire, e soggiorna ;

S'incammina, e ritorna. Alfin raccoglie.
Tutta la sua virtù, preme nel seno
La tenera pietà, che il cor gli strugge,
Tace, pensa, risolve, ardisce, e fugge.
Fuggì piangendo, è vero;

Ma con la Gloria accanto,
Che rasciugò quel pianto,
Che trionfo d' Amor.
Questo del Nume arciero
È il capriccioso instinto ;
Chi lo disfida, è vinto,
Chi fugge, è vincitor.

METASTASIO.

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