Serse. Un merito sì grande Premio non v'è che ricompensi. Ah dove; Temist. Già su gli occhi ti sta. Serse. Qual è? / Temist. Son io. Serse. Tu! Temist. Sì. Serse. E così poco Temi dunque i miei sdegni ? Temist. Ascolta, e risolvi. Eccoti innanzi Un esempio, o Signor. Quello son io, Che scosse già questo tuo soglio, ed ora A te ricorre, il tuo soccorso implora. Non t' ignora sdegnato; e pur la speme Tanto, o Signor, di tua virtù si fida. Sono in tua man: puoi conservarmi, e puoi Degno di tua virtù : vinci te stesso; Stendi la destra al tuo nemico oppresso. L'odio sospendi un breve istante, e pensa Che vana è la ruina D'un nemico impotente, util l'acquisto Ch' esule io son, che fido in te, che Anima più sicura! Qual nuova spezie è questa vengo Di virtù, di coraggio? A Serse in faccia. Solo, inerme, e nemico dimmi, Venir! fidarsi.... Ah questo è troppo!) Ah Temistocle, che vuoi? Con l'odio mio Cimentar la mia gloria? Ah questa volta Non vincerai. Vieni al mio sen: m'avrai, (1) Qual mi sperasti. In tuo soccorso aperti Saranno i miei tesori: in tua difesa S'armeranno i miei regni ; e quindi appresso Fia Temistocle, e Serse un nome istesso. Temist. Ah Signor, fin ad ora Un eccesso parea la mia speranzą, E pur di tanto il tuo gran cor l' avanza. La mia vita, il mio sangue, i miei sudori. Serse. Sia Temistocle amico La mia sola mercè. Le nostre gare (1) Scende dal trong, ed abbraccia Temistocle. Non finiscan però. De' torti antichi Guerra con te più generosa io voglio. Or che la gloria in noi Scordati tu lo sdegno, Io le vendette obblío; Temistocle solo. Oh come, instabil sorte, Cangi d'aspetto! A vaneggiar vorresti Pur la serpe s' asconde, s' aggira, Serse, e poi Temistocle. Serse. È ver, che opprime il peso D'un diadema real, che mille affanni Liberar la virtù ; render felice Chi non l' è, ma n'è degno; è tal contento, Ch' empie l'alma di se, che quasi agguaglia, Il destin d'un monarca a quel d'`un Nume. Temistocle t'appressa. In un raccolta La più gran parte, e la miglior; non manca Che un degno condottier; tu lo sarai. Prendi; con questo scettro arbitro, e Duce Dilor ti eleggo. In vece mia punisci Premia, pugna, trionfa. È a te fidato L'onor di Serse, e della Persia il fato. Temist. .... Dėl grado illustre, Monarca eccelso a cui mi veggo eletto, peso accetto, e fedeltà ti giuro. Faccian gli Dei, che meco A militar per te venga fortuna : Minacciasser le stelle, unico oggetto Di lauri poi, non di cipressi cinto Punito alfin de' Greci il folle orgoglio. Portatore alla Grecia. Ardi, ruina, Tebe, Sparta, Corinto, Argo, ed Atene. Serse. Che pensi? Temist. Ah cambia Cenno, mio Re. V' è tanto mondo ancora Serse. Se della Grecia avversa Pria l'ardir non confondo, Nulla mi cal (1) d' aver soggetto il mondo. Temist. Rifletti...... Serse. È stabilita oppon, m'irrita, Di già l'impresa; e chi si Temist. Dunque eleggi altro duce. (1) Nulla mi cale, nulla m'importa, |