Soccorri al core omai, che langue, e posa Non ave; (1) e queste membra stanche, e frali Solleva: a me ten vola, oh sonno, è l' ali. Tue brune sovra me distendi e posa. O' è il silenzio, che il dì fugge, e il lume? Ei lievi sogni, che con non secure Vestigia di seguirti han per costume? Lasso, che in van te chiamo, e queste oscure E gelide ombr' in van lusingo: oh piume, D'asprezza colme: oh notti acerbe, e dure! GIOVANNI DELLA CASA. SUPERBIA. Se il mar, che dorme, e l'ingemmato Aprile Sono il Cielo, l' Aprile, e il Mar senz'ira, In nobiltà di stato un cor gentile. (1) Ave, voce poetica per ha. Pur più del verno, e più del cielo irato, Lod. Ant. Muratori. Ruscelletto orgoglioso, Che ignobil figlio di non chiara fonte, Avesti entro gli orror d'ispido monte, Povero d' acque isti, (1) lambendo i sassi. Non gir (2) si torvo a flagellar la sponda ; Di liquefatto giel t' accresca l' onda, Essicator (3) di tue gonfiezze Agosto. Gran Re de' fiumi il Po discioglie il corso: Macchine eccelse ognor sostien sul dorso, In più breve confin stringe sua riva. (1) Isti, andasti. (2) Non gire, non andare. (3) Essicatore, asciugatore. (4) Velati abeti per navi. Tule greggie, e i pastori Minacciando per via, spumi, e ribolli; Possessor momentaneo il corno estolli Del tuo sol hai: tutto alieno è il resto. Ma fermezza non tiene Riso di Cielo, e sue vicende ha l'anno ; In nude aride arene A terminare i tuoi diluvj andranno, E con asciutto piede Un giorno ancor di calpestarti ho fede. So che l' acque son sorde, Raimondo, (1) e ch'è follía garrir col Rio ; Di sì cantar talor diletto ha Clio, E in mistiche parole Alti sensi al vil volgo asconder suole, Sotto Ciel non lontano Pur dianzi intumidir Torrente io vidi, Che di tropp' acque insano Rapiva i boschi, e divorava i lidi; E gir parea del pari, Per non durabil piena, ai più gran Mari. (1) I conte Raimondo Montecucoli, ( Io dal fragore orrendo Lungi m'assisi a romit' Alpe in cima, Qual era il fiume allora, e qual fu prima, Con non legittim' onda ai campi oltraggio. Ed ecco il crin vagante Coronato di lauro, e più di lume, Di Cirra il biondo Re, Febo il mio Nume, E dir: Mortale orgoglio Lubrico ha il regno, e ruinoso il soglio. Mutar vicende, e voglie D'instabile fortuna è stabil' arte; Presto dà, presto toglie; و Viene; t'abbraccia; indi t'abborre, e parte: Ma quanto sa, si cange: (1) Saggio cuor poco ride, e poco piange. Prode è il nocchier, che il legno Salva tra fiera Aquilonar tempesta; Ma d' equal forza è degno Quel, che al placido mar fede non presta, Scema la turgidezza in scarse vele. (1) Si cange per si cangi. Sovra ogni prisco eroe Io del grande Agatocle il nome onoro Ben su le mense folgorar fe' (2) l' oro; Ma per temprarne il lampo Alla creta paterna anco die' campo. Parto vil della Terra La bassezza occultar de' suoi natali Muove all' alte del Ciel soglie immortali. Che fia? sott' Etna colto, Prima che morto ivi riman sepolto: Egual fingersi tenta Salmoneo a Giove, allor, che tuona, ed arde. Fabbrica nubi, inventa Simulati fragor, fiamme bugiarde. Fulminator mendace Fulminato da senno in terra giace. Mentre l'orecchie io porgo Ebbro di maraviglia al Dio facondo, Del Rio superbo inaridito il fondo; Ogni armento più vil la secca sabbia. FULVIO TESTI. (1) Eoe, orientali. (2) Fe' per fece. |