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In vece d' Olmi, e Frassini
Di Querce, Abeti, e Pini,
Crear sol si dovevano

E Rose e Gelsomini.
Scosse la nobil' Arbore
Le chiome (1) maestose,
E alle arroganti e garrule
Voci così rispose :
Frenate i detti frivoli,

O meschinelli, o vani;
Che forse il vostro pregio
Non giungerà a domani.
Tanti morire e nascere

Su questa spiaggia amena
Di voi vid' io, ch' esistere
Voi mi sembrate appena.

Solo per pompa inutile

Del suol voi siete nati,
Quasi a un tempo medesimo
E colti ed oblíati.

Io dalla spessa grandine,
lo dagli estivi ardori
Presto un grato ricovero
Al gregge ed ai pastori :

hiome per foglie.

Co' miei rami prolifici (1)

Son già cent' anni e cento
Ch' io porgo un util pascolo
Al setoloso (2) armento.
E quando fiacca ed arida

Sarò a morir vicina,
Spero di sopravvivere
Anche alla mia ruina:
Del minaccioso Oceano
Andrò solcando l'onde,
E tornerò poi carica

Di merci (3) a queste sponde.
E voi, che siete, o miseri,
Da tutti oggi odorati,
Domani, guasti e putridi,
Sarete calpestati.

Del saggio Arbor non erano
Compiti i detti appieno,
Che i Fior già cominciavano
Languidi a venir meno.
Già inariditi perdono
Il lucido colore,

E al suol negletti cadono
Sformati, e senza odore,

(1) Prolifici, fecondi.

(2 Setoloso, pieno di setole.

(3 Merci, mercanzie,

« Tu, che qual Bruto ruvido

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Ogni uom di senno spregi,
» Lesbin, se non adornasi
» De' tuoi galanti fregi,
» Ne' miei Fior la tua immagine
» Non vedi al vivo espressa?
» La vedrai tosto, aspettati
»Tu ancor la sorte istessa »

Il medesimo.

IL ROSIGNUOLO, E IL CUCULO.

Già di Zefiro al giocondo

Susurrare erasi desta

Primavera, ed il crin biondo
S'acconciava, e l' aurea vesta.

A lei intorno carolando

Gían (1) le Grazie, gían gli Amori,
E tiravansi scherzando

Una nuvola di fiori.

L' Aere tepido e sereno,

Della Terra il lieto aspetto
Già destava a tutti in seno

Nuovo brio, nuovo diletto:

(1) Gian per givano, andavano

Sopra

Sopra l'erbe, e i fior novelli
Saltellavano gli Armenti,
Ed il bosco degli Augelli
Risonava ai bei concenti.
Con insolita armonía,

Entro il vago stuol canoro,
L' Usignol cantar s' udía (1)
Quasi Principe del Coro:
Le leggiere agil!i note

Si soavi, or lega or parte,
Che dimostra quanto puote (2)
La Natura sopra l'arte.
Ora lento e placidissimo

Il bel canto in giù discende,
Or con volo rapidissimo
Gorgheggiando in alto ascende.

Tra le frondi ei canta solo,
Stanno gli altri a udirlo intenti,
Ed avean sospeso il volo
Fin 'Aurette riverenti.
Sol s'udía di quando in quando
In nojoso e rauco tuono
Un Cuculo andar turbando
Il soave amabil suono;

(1) S'udía per s'udiva.

(2) Puote per può.

M

E lo stridulo rumore

Importun divenne tanto,
Che del Bosco il bel Cantore
Alla fin sospese il canto.
L'importuno Augel nojoso
Più vicin batte le penne,
E al Cantore armonioso
A posarsi accanto venne :
E con ciglia allor di grave
Compiacenza e orgoglio piene,
Disse al Musico soave:

» Quanto mai cantiamo bene! A sì stupida arroganza

Risuonare udissi intorno
Nell' ombrosa e verde stanza
Alto sibilo di scorno.

» L'ignorante ed imprudente

» D'accoppiarsi al saggio ha l'arte, » E con lui tenta sovente

» Della gloria essere a parte. »

Il medesimo.

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