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In vetri egli impiegò; questi in un' ampia

Paniera tutti pose,

Ein vendita gli espose;

Davanti a lor s'assise, e mentre intanto Compratori attendea,

Questi bei sogni entro di se volgea.

Io questi vetri il doppio venderò
Di quel che mi costaro (1),
Onde il denaro mio raddoppierò;
E nella stessa guisa

E comprando, e vendendo

Potro per breve strada e non fallace
Raddoppiare il denar quanto mi piace.
Ricco allor divenuto.

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Lascerò di vetrajo il mestier vile;

Un legno mercantile

lo condurrò fin nell' Egitto, e poi Ritornerò fra noi

Con preziose merci (2); e già mi sembra

Di mia Nave al ritorno

D'esser fatto il più ricco mercatante

Che si trovi in Levante.

Acquistati i tesori,

S'han da cercar gli onori;

Onde lasciata allor la mercatura

Un Bassà da tre code

(1) Costaro per costarono. (2) Merci, mercanzie,

1

Esser creato io voglio:
E, se pieno d' orgoglio
Il Visir Mustafà
Negare a me volesse
Sì bella dignità,

Ricordati, direi,

Chi fosti e non chi sei;

Di me più vil nascesti.... e se superbo Negasse ancor.... su quell' indegna faccia Scaricherei colla sdegnosa mano

Di mia vendetta un colpo,

E in quell' informe ventre smisurato
Un calcio tirerei da disperato.
Il disgraziato Alì cotanto viva
S'era pinta la scena e così vera,
Che urtò col piè furioso,

E rovesciò sul suol la sua paniera ;
E con un calcio solo in un momento
Tutte gettò le sue speranze al vento.

LORENZO PIGNOTTI.

PROVVIDENZ A.

Qual madre i figli con pietoso affetto
Mira, e d'amor si strugge a lor davante (1);
E un bacia in fronte, ed un si stringe al petto,
Uno tien su i ginocchi, un sulle piante :
E mentre agli atti, ai gemiti, all' aspetto
Lor voglie intende si diverse, e tante,
A questi un guardo, a quei dispensa un detto,
E se ride, o s' adira, è sempre amante.
Tal per noi Provvidenza alta infinita

Veglia, e questi conforta, e quei provvede,'
E tutti ascolta, e porge a tutti aita (2).
E se niega talor grazia, o mercede,

O niega sol, perchè a pregar ne (3) invita,
O negar finge, e nel negar concede.

VINCENZO DA FILICAJA..

(1) Davante, davanti.

| (3) No par cir

(2) Aita, ajuto.

REGOLO A' ROMANI.

Regolo resti! Ed io l'ascolto! Ed io
Creder deggio a me stesso! Una perfidia
Si vuol? si vuole in Roma?

Si vuol da me ? Quai popoli or produce
Questo terren! sì vergognosi voti

Chi formò

chi nudrilli?

Dove sono i Nipoti

De' Bruti, de' Fabrizj, e de' Camilli ?

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Che Regolo è mortal; che alfin vacilla
'Anch' ei sotto l'acciar; che sente alfine
'Anch' ei le vene inaridir; che ormai
Non può versar per lei

Nè sangue, nè sudor; che non gli resta
Che finir da Romano. Ah m' apre il cielo
Una splendida via: de' giorni miei
Posso l'annoso (1) stame

Troncar con lode; e mi volete ́infame!
No possibil non è: de' miei Romani
Conosco il cor. Da Regolo diverso

Pensar non può chi respirò nascendo
L'aure (2) del campidoglio. Ognun di voi

(1) Annoso, che ha molt' anni. (2) L'aure, l'aria.

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So che nel cor m' applaude;

So che m' invidia; e che fra' moti ancora
Di quel che l' ingannò, tenero eccesso,
Fa voti al Ciel di poter far l' istesso.
Ah non più debolezza. A terra, a terra,
Quell' armi inopportune: al mio trionfo
Più non tardate il corso,

O amici, o figli, o cittadini. Amico,
Favor da voi domando;

Esorto, cittadin, padre, comando.

. Grazie vi rendo alfine,

Propizj Dei: sgombro (1) è il sentiero : io parto. Romani, addio.

Siano i congedi estremi

Degni di noi. Lode agli Dei, vi lascio,
E vi lascio Romani. Ah conservate

Illibato il gran nome; e voi sarete

Gli arbitri della terra; e il mondo intero
Roman diventerà. Numi custodi

Di quest' almo terren, Dee protettrici
Della stirpe d'Enea, confido a voi
Questo popol d'Eroi sian vostra cura
Questo suol, questi tetti, e queste mura.
Fate che sempre in esse

La costanza, la fè, la gloria alberghi,
La giustizia, il valore. E, se giammai

(1) Sgombro, libero,

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