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Che ne loda i costumi,.

Che lo solleva ad abitar co' Numi.
Sia del saggio d'Atene

Chiaro il saper, l'alma incorrotta e pura;
V'è chi maligno in su le Greche scene
Tanto splendor con le sue nubi oscura.
Or se al merto, (1) e alla colpa
Dassi egualmente e vituperio, e lode,
Chi stupirà, se poi

Tanto l'ozio ha d' impero, e i figli suoi ?
Non può darsi più fiero martire,
Che su gli occhi vedersi rapire
Tutto il premio d'un lungo sudor.
Per la gloria stancarsi che giova,
Se nell' ozio pur gloria si trova,
Se le colpe son strada d' onor?
APOLLO. Qual cosa ha mai la terra
Sacra così, che la malizia altrui
Non corrompa talor? De' tempj istessi
V'è chi abusò con scellerati esempj;
Perciò tutti atterrar dovransi i tempj?
L'oggetro è delle Muse

Dar lode al merto, e a meritar la lode
Gli altri invitar. Della Tebana cetra

Gli applausi ad ottener, di quai (2) sudori
L' Olimpica bagnò, l' arena Elea

La gioventude Achea?

(1) Merto per merito.

(2) Quai per quali,

Nel domator del Gange

Quai di gloria eccitò vive scintille

La chiara tromba, ond' è famoso Achille ?
Questo è il cammin prescritto

A chi giunge in Parnaso; e se talumo
Dal buon cammin si parte,

Dell' artefice è fallo, e non dell' arte.

L'arte è salubre a segno,

Che torta in uso indegno,

Pur talvolta anche giova; il biasmo (1) ingiusto

L'altrui virtù più vigorosa rende;

La falsa lode a meritarla accende.
Dal capitan prudente

Prode talvolta, e forte
Anche chiamar si sente
Un timido guerrier.
E al suon di quella lode
Forte diventa, e prode;
Tutto l'orror di morte
Più nol faría (2) temer.

METASTASIO

(4) Biasmo per biasimo.

(2) Faría per farebbe.

PARTENZA.

Scioglie Eurilla dal lido. Io corro, e stolto
Grido all' onde, che fate? Una risponde:
Io che la prima ho il tuo bel Nume accolto,
Grata di sì bel don, bacio le sponde.
Dimando all' altra: Allor che il Pin (1) fu sciolto,
Mostrò le luci al dipartir gioconde?

E l'altra dice: Anzi serena il volto, Fece tacere il vento, e rider l'onde. Viene un' altra, e m' afferma : or la viď io Empier di gelosia le ninfe algose,

Mentre sul mare i suoi begli occhi aprío (2). Dico a questa e per me nulla t'impose? Disse almen la crudel di dirmi addio? Passò l'onda villana, e non rispose.

CARLO MARIA MAGGI.

Tornami a mente quella trista, e nera
Notte, quando partii dal suol natío,
E lasciai Clori, e pianger la vid' io
Non mai più bella, e non mai meno altera.

(1) Pino per nave.

(2) Aprio per aprì.

Oh quante volte addio, dicemmo, addio;
E il piè senza partir restò dov' era!
Quante volte partimmo, e alla primiera
Orma tornaro (1) il piè di Clori, e il mio!
Era già presso a discoprirne il sole,
Quando le dissi alfin, ma che le dissi?
Se il pianto confondeva le parole.

Partii chè cieca sorte, e destin cieco

:

Volle così, ma come ahi mi (2) partissi

Dir non saprei: so che non son più seco. GIOVANNI BATTISTA ZAPPI.

Ecco quel fiero instante;
Nice, mia Nice, addio.
Come vivrò, ben mio,
Così lontan da te?

Io vivrò sempre in pene,
Io non avrò più bene,
E tu chi sa se mai
Ti sovverrai di me!

Soffri che in traccia almeno
Di mia perduta pace
Venga il pensier seguace
Su l' orme del tuo piè.

(1) Tornaro per tornarono. (2) Mi, particella riempitive.

Sempre

Sempre nel tuo cammino,
Sempre m' avrai vicino,
E tu chi sa se mai

Ti sovverrai di me !

Io fra remote sponde
Mesto volgendo i passi
Andrò chiedendo ai sassi
La ninfa mia dov'è?
Dall' una all' altra aurora

Te andrò chiamando ognora:

E tu chi sa se mai

Ti sovverrai di me !

Io rivedrò sovente

Le amene spiaggie, o Nice,
Dove vivea felice,
Quando vivea con te.

A me saran tormento

Cento memorie e cento:

E tu chi sa se mai
Ti sovverrai di me!

Ecco, dirò, quel fonte,

Dove avvampò di sdegno,
Ma poi di pace in pegno
La bella man mi diè (1):

(1) Diè per diede,

K

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