ARGOMENTO DEI TRIONFI SCRITTO DAL PROF. MARSAND Lo scopo del Poeta nel comporre questi Trionfi è quello stesso ch'egli ebbe nel Canzoniere, cioè di ritornare di quando in quando col pensiero or al principio, or al progresso ed or al fine del suo innamoramento, pigliando poi frequente occasione di tributar lodi ed onori all'unico e sublime oggetto dell'amor suo. Onde giungere a quello scopo, immaginò di descriver l'uomo ne' varj suoi stati, e prender quindi ben naturale argomento di parlar di sè stesso e della sua Laura. L'uomo nel primiero suo stato di giovinezza è vinto dagli appetiti, che possono tutti comprendersi sotto il vocabolo generico di amore, o di amor di sè stesso. Ma, fatto senno, vedendo egli la disconvenienza di tale suo stato, colla ragione e col consiglio lotta contro quegli appetiti, e li vince col mezzo della castità, tenendosi cioè lontano dal soddisfarli. Tra questi combattimenti e queste vittorie sopraggiunge la morte, che, rendendo eguali i vinti e i vincitori, li toglie tutti dal mondo. Ma non perciò ella ha tanta forza di disperdere anche la memoria di quell'uomo che colle sue illustri ed onorate azioni cerca di sopravvivere alla stessa sua morte. E vive egli infatti per una lunga serie di secoli colla sua fama. Se non che il tempo giunge a cancellare anche ogni memoria di quest'uomo, il quale in fine non trova di poter esser sicuro di viver sempre, se non godendo in Dio e con Dio della sua beata eternità. Quindi l'Amore trionfa dell' uomo, la Castità trionfa di Amore, la Morte trionfa di ambidue, la Fama trionfa della Morte, il Tempo trionfa della Fama, e l'Eternità trionfa del Tempo. TRIONFO DI AMORE ཟས་ CAPITOLO PRIMO Trionfar volse quel che 'l vulgo adora; TRIONFO D'AMORE. Capit. IV. Nel tempo che rinnova i miei sospiri, Pur com'un di color che 'n Campidoglio Per lo secol nojoso in ch'io mi trovo, Mirai, alzando gli occhi gravi e stanchi: Ch'altro diletto, che 'mparar, non provo. Quattro destrier via più che neve bianchi; Sopr'un carro di foco un garzon crudo, Con arco in mano e con säette a' fianchi, Contra le qua' non val elmo nè scudo; Tanto, ch'io fui nell'esser di quegli uno Scoperson quel che 'l viso mi celava: E così n'ascendemmo in luogo apríco; E cominciò: Gran tempo è ch'io pensava Vederti qui fra noi; chè da' prim’anni Tal presagio di te tua vista dava. E' fu ben ver; ma gli amorosi affanni Mi spaventar sì, ch'io lasciai l'impresa; Ma squarciati ne porto il petto e i panni. Così diss'io; ed ei, quand'ebbe intesa La mia risposta, sorridendo disse: O figliuol mio, qual per te fiamma è accesa! Io non l'intesi allor; ma or sì fisse E Che mai più saldo in marmo non si scrisse. Fa la mente e la lingua, il dimandai: Per te stesso, rispose, e serai d'elli; Ei Che 'l nodo, di ch' io parlo, si discioglia VOL. I. $12 |