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Forse da questa man!

Saf. Volesse il cielo!
Vieni a compir l'impresa

Lacerato, trafitto

Io t'offro questo petto
E in pace io partirò.

-ecco che afflitto,

or su ferisci

Faone. Oh qual tormento!

Oh qual fiero rimorso al core or sento!
Da me stesso celarmi-ah! che non posso.

SCENA IX.

AGENORE

Donde questo tumulto? ma non vedo Lo sfacciato Faone? ah, più non chiedo. Ma chi langue ferito?

Dori Odimi; è Saffo;

Saffo, di Lesbo il vanto

Il cui celeste canto

Saf. Ah, basta, amica:

Non più lodarmi, no: chiedo pietade
Agitata d'amor, da fato oppressa ;
Sol chiedo, il duolo è tanto,
Alle querele voce, umore al pianto.

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Se in quel canuto petto Senno vi resta ancora, L'affanno mio talora

Ti muova alla pietà.

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Per te si spargerà:

Degna di sua sorgente

La lagrima cadrà.

Cagion di tai martiri,
Lascia che 'l cor sospiri !

Empio, spergiuro, arresta,

Insulti al suo dolor!
Vendetta più funesta
T'aspetta, traditor.

Al mio soggiorno antico
Deh, fuggi, sventurata;
E almeno consolata,
Cara, sarai da me:

Oh, quanto in seno amico M'accendi amore e fè!

Fa.

Ag.Dor.

Or dal boschetto caro Dunque sbandito andrò? Nè mai con pianto amaro I numi placherò?

No: in voci funeste

Lic.Saf. Si tuona del ciel:

Le pene son queste

D' un' alma infedel.

FINE DELL'ATTO SECONDO

ATTO III.

SCENA I

Valle oscura, da un lato si vedono grotte ed alberi, e dall'altro un fonte che scaturisce da una rupe e forma un fiumicello: veduta del mare all'estremità della valle; la Luna tramonta nell'orizzonte. Saffo, in abito di dónna, esce sola da una grotta.

SAFFO

La sovrana degli astri serena Più non sparge sua luce ripiena, Nè le faci

Del ciel st vivaci

Più sfavillan per l'alto sentier

Qui lassa, addolorata,

Con lagrimoso ciglio,

Senza Faon solinga e senza amore,

Senza la speme accanto,

Al vento spargo le querele e 'l canto.

Le mie pene, il pianto mio,
Vieni, ah, vieni, amico Dio,
Pur nel sonno a consolar!

Calma il mio gravoso affetto;
Sospirar deh! cessi il petto,
Cessi il cor di palpitar.

Si riposa sulle sponde del fiume.

SCENA II.

S'ode una dolce sinfonia, Saffo s'addormenta: e la Naiade Aretusa sorge dal fiumicello, assisa in una conca,

ARETUSA.

Ecco a darti ristauro Dal suo più puro e trasparente letto Sorge Aretusa; e sparge a Saffo in petto Le sante stille, accolte

Da casta man fuor dal ceruleo grembo, Dove l' onda sua fresca e cristallina Imperturbabil dorme,

E dove Alfèo non osa

La sua acqua amorosa

Invaghito mischiar. Tre volte innalzo
Questa verginea man ; tre volte spargo
Almi vapori in seno;

E per calmarti appieno

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Questo annunzio di Febo amica i' porto:

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