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AL VENERATISSIMO SIGNORE

IL SIGNOR

CONI

DON CARLO RUSCO

INTENDENTE de' reali esERCITI DI S. M. C. Cavaliere dell'ordine DISTINTO DI CARLO III. CONSOLE GENERALE DI SPAGNA

NEL REGNO LOMBARDO-VENETO ec.ec.

Tentato

entato potrebb' essere il mondo a riguardare le lodi come una specie d' insulto, da che si veggono applicate colla stessa indifferenza a chicchessia; e cessano perciò dal significare qualche cosa. Anche le dediche sogliono essere vili adulazioni, intese a rimbalzare sulla propria oscurità l'altrui splendore; quasicchè un bel nome allucinare potesse il mondo, e dar passaggio alle cosacce più inette o ai centoni più indegni. Ugual malizia s' usa oggidi nel trattare per sino le scienze: si millantano cioè i principj più chiari ed inconcussi, ond appoggiare le massime più bieche ed assurde.

Come la verità non si cura di patrocinio, così la menzogna trovar non dovrebbe Mecenate; e se vi

è caso in cui l'omaggio di un autore sia permesso, solamente l'amicizia o una particolare conside razione lo può giustificare. Ecco, Signor Cavaliere, i titoli che m' inducono a pregarla di voler accogliere questo mio tributo, e di non privarmi del di lei favore se non quando mi vedrà mancare al dovere e alla gratitudine che eternamente mi faranno

essere

Di Lei, Signor Cavaliere, Console Generale

Estimatore ed amico sincero

GIAMPIETRO DOTT. PIETROPOLI

PROSPETTO DELL' OPERA

I. SAGGIO

SUI PENSIERI DEL CANTOR DI LAURA.

Egli esorcizza la propria testa, e i demoni che

n' escono sono chiamati pensieri, i quali parlano tra loro, consigliano, tiranneggiano e fanno disperare il loro Autore. Emancipati che sono, fanno d'ogni erba fascio; e tutti i loro eccessi in amore contro le sociali convenienze, contro la morale e contro la Religione debbono servire d' ammaestramento alla già troppo accensibile gioventù.

Dalla pag. 1 alla 46.

II. SAGGIO

SUL BUON GUSTO DEL PETRARCA.

Da lui procede l'inveterata e goffa passione per le iperboli, per le metafore, per le allegorie, per le antitesi, pei bisticci, pei quolibeti, per tutte le ampolose futilità che hanno reso di poi ridicoli e insopportabili gli scrittori dal cinque al secento. Avendo egli raggiunto l' apice estremo, Achillini ha dovuto tornare indietro; e non ostante tirano innanzi i vati nostri a spiattellar elogi al primo fermento della nostra corruzione. Solleticando egli gli ozii e la vanità dei Potenti, seppe sopra sé stesso riflettere il loro

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