Allorquando precipitò Petrarca da' suoi pensieri, come Fetonte dal carro, ei facea sperare che per sempre inservibili dovesse trovare quelle macchine, le quali d'altronde erano malconce sin da principio: Ma l'ingegno e le rime eran scarse, In quell' etate a' pensier nuovi e infermi. Egli medesimo lusingava i proprj pensieri di riposo, sentendosi già logoro ed invecchiato: : Io dico a' miei pensieri: non molte andremo D' amor parlando omai, che duro incarco Ci va struggendo, onde noi pace avremo. Con sè stesso tenea poscia tutt'altro linguaggio Non spero del mio affanno aver mai posa, Infin ch'i mi disosso e snervo e spolpo, O la nemica mia pietà n'avesse. Consolidata per altro si dovea credere la sua pace dopo l'inaspettata morte di Laura, siccome questa Qual rovinosa folgore il percosse, "Lo stordi, lo prostro, n'arse la pelle, "Seccò le vene, e smidollò sin l'osse. Avviene tutto il contrario, e quindi esclama e deplora per non aver più Chi faccia e paventosi e baldi I suoi pensier, nè chi gli agghiacci e scaldi, Nè chi li empia di speme, e di duol colmi, lo era per ringraziare il cielo, lusingandomi che finalmente non sarei più stato importunato da altri queruli pensieri: ma essi non si danno posa; e quantunque stanchino tutto il mondo e per sino il loro autore, minacciano non ostante di proseguire all'eternità: Io son già stanco di pensar, si come I miei pensier in voi stanchi non sono; Per fuggir de sospir si gravi some. Poco dovea stancare il Petrarca codesto concetto, avendolo preso da Sordelo ove comincia: " E tanto penso in lei notte e giorno, "Ch'io temo che 'l pensier non venga meno. L'allegoria del Provenzale può sussistere, logorandosi qualunque cosa, di cui si faccia uso: ma come mai regger potranno le gravi some di sospiri, i quali riduconsi a cose aeree, e queste esalansi a misura che si formano, e sono imponderabili siccome insuscettibili d'ammassamento? Io argomentava dalla stanchezza del Petrarca l'esaurimento de' suoi pensieri; ma fui subito disingannato al vedermi uscir fuori Un leggiadro disdegno, aspro e severo Tira innanzi a la fronte, ov'altri il vede; E questo ad alta voce anco richiama La ragion sviata dietro ai sensi. Tornare, il mal costume oltre la spigne, Quella che so per farmi morir nacque, Perchè a me troppo ed a sè stessa piacque. Da questo linguaggio sembra che Petrarca stesso si reputi alla fine delle sue contraddizioni, ossia dell'aspra guerra Che contro se medesmo seppe ordire Vergogna e duol ch'indietro mi rivolve.... Cerco del viver mio nuovo consiglio, E veggio il meglio, ed al peggior m'appiglio. Cosi pur sembra a qualunque Critico che voglia esaminare le sue rime, di cui non può lodare, fuorché la tradotta chiusa della XXI Canzone: "Video meliora, proboque; "Deteriora sequor. (MEDEA IN OVIDIO) Non perciò finisce la caterva dei pensieri, quan tunque promettesse Petrarca nella prima Canzone di averne un solo: ed anzi minaccia adesso di averne tanti quanti furono i passi da lui fatti nel lungo suo delirio: A ciascun passo nasce un pensier novo Troppo rigida fu Laura e troppo onesta; e quindi i di lui pensieri come infiniti colmar doveano e ricolmare il suo cuore: Ma pur di lei, che 'l cor di pensier m'empie, Mentre s'ingrossa il proprio core di pensieri, non si allarga punto le braccia liberali della persona amata. L'alto fusto di un Lauro impedirà bensi di giugnere a toccar ramo o foglia, ma per quanto elevato egli sia, tal circostanza non potrà mai influire sulle radici: nè l'acerbità di queste farà che la pianta riesca inarrivabile per coloro che languiscono per più di 20 anni senza coglierne frutto. Poco d'altronde dovea importare a Petrarca che alto o basso fosse quel Lauro, quando Amore a' suoi le piante e i cor impenna. Arrivato non era egli a farvi sopra il nido? Posi in quell' alma pianta. Precedentemente avrà detratto ai medesimi la naturale velocità, acciocchè potessero restar fissi e in forma di nido conglomerati; e bisogna dir ancora che sia riuscito nell' astrusa intrapresa, dicendo in appresso che vi restavano senza muover fronda : Quel vivo Lauro ove solean far nido Gli alti pensieri, e i miei sospiri ardenti, Che de' bei rami mai non mossen fronda. Rinovando il nido per lo men tutti i mesi, dovea prendere il nostro colombo una certa famigliarità con l'aura pianta; e ciò l'indusse a credere d'essere a buon porto, e già se ne invaniva sett'anni prima dell'ultimo disinganno : Se al principio risponde il fine e 'l mezzo Più non mi può scampar l'aura nè 'l rezzo; Si crescer sento 'l mio ardente desiro. Ai lunghi ed ostinati suoi assalti avrebbe dovuto soccombere qualunque eroina: Quest' arder mio, di che vi cal sì poco Ne porian infiammar fors' ancor mille; Ma Laura conoscea le insidie del nero serpe, senza poterlo disarmare nè coll'ira, nè col disprezzo, mentre anzi s'accendea di maggior libidine quanto maggior contrasto incontrava nella virtù: |