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pata la capital dell' Impero e l'autorità suprema. Il tradimento fatto a Cristo non è da tutti ravvisato, quindi Giuda ha la faccia sepolta e non apparisce a; il tradimento fatto a Cesare era sfacciato e manifesto, quindi Bruto e Cassio mostrano il volto.

Di qua nasce un'altra dimostrazione riguardo a questo Satanno, e basti per ora. Il poeta lo dipinge nell' ultimo canto dell' Inferno; e nel penultimo, anzi immediatamente prima che ne parli, fa esporre questa teoria da un dannato. L'anima di chi tradisce un proprio amico piomba nell' Inferno, appena ha commesso il tradimento; e intanto rimane sulla terra il suo corpo in apparenza di vivo, poichè un diavolo vi entra, a tener luogo dell' anima già evasa. Idea tutta evangelica è questa, che derivò al poeta dal sacro testo. Intravit Satanas in Judam, narra Luca di colui che tradì in Cristo il suo miglior amico, un amico tale che, fin nel ricevere il proditorio bacio, gli disse affettuoso, Amice, ad quid venistic? (Matt.) Dante che distribuì le colpe e le pene a classi, accomunò questo castigo che fu proprio di Giuda, a tutti i traditori che con lui sono, all' ingojatore e agl' ingojati, e a quei della classe precedente, i quali anche tradirono gli amici loro. Ei chiuse in ciò profondissimo concetto; e, a farlo venir fuori, porremo qui gli ultimi due versi del penultimo canto dell' Inferno, e i primi tre dell' ultimo, il che li metterà in relazione fra loro. Gli uni parlano del traditore, secondo la teoria anzi esposta, gli altri offrono il massimo traditore in Cocito.

In anima in Cocito già si bagna

E col corpo pur vivo ancor di sopra.

Vexilla Regis prodeunt Inferni

Verso di noi; però dinanzi mira,

Disse il maestro mio, se tu il discerni.

Or essendo il Papa doppiamente traditore e di Cristo e di Cesare, è chiaro che il poeta ha voluto farci capire che tosto che quegli ascende alla sua sede " Serpens antiquus qui voca

a E' da notare che la situazione de' papi simoniaci, da lui descritta, è pari a quella di Giuda, da lui immaginata "Che il capo ha dentro, e fuor le gambe mena."-Inf. xxxiv.

All'avanzarsi verso il centro della terra, le pene crescono nell'Inferno dantesco. Ora essendo questa la maggior pena immaginabile, è chiaro che se è assegnata ai penultimi, tanto più dee toccare agli ultimi, gravissimi fra tutti i peccatori, ed a questi più che agli altri tocca, come or si dirà.

e Lo stesso dicasi di Bruto ch'è là con Giuda. Tu quoque, Brute, fili mi! voci di tenera amicizia che fecer poi dire ad alcuno storico che Cesare fosse padre di Bruto.

Le due classi sono la Tolomea, da Tolomeo, che tradì in Pompeo il suo illustre amico; e la Giudecca, da Giuda, che tradì in Cristo il suo divino amico.

tur Diabolus et Satanas" lo informa, come fosse l' anima che avea; e intanto questa piomba all' Inferno nel posto di Satanno: idea che derivò dal Vangelo, come dicemmo. E nota l'antitesi ingegnosissima: Satana entra in ogni nuovo Giuda ch'è sulla terra; e questo è il capo di Roma vera. Giuda entra in ogni nuovo Satana ch'è nell' Abisso; e questo è il capo di Roma figurata. Intravit Satanas in Judam: Luca. Intravit Judas in Satanam: Dante. Satira pari a questa non fu mai immaginata. Colui che sembra Papa sulla terra è Satana stesso che regola la sua chiesa. Colui che pare Satana nell' Abisso, è il Papa medesimo che diviene luogotenente del suo signore. Corpo di Papa con spirito di Satana, quassù; spirito di Papa con forma di Satana, laggiù!

Ed ecco realizzato per industria poetica il regno visibile di Lucifero fra gli uomini; ecco la manifestazione di Lucifero nella persona del Papa; ecco il Pseudoprofeta che, con mentito aspetto dell' Agnello divino, insegna le dottrine del Drago infernale che lo informa; ecco la bestia seconda che fa adorar la prima, e il cui nome è un numero, e il numero è 666, esattamente contenuto nella parola greca LATEINOS, Uomo Latino, capo della Chiesa Latina; ecco finalmente il regolatore della religion demoniaca detta Anti-Cristo. Arte finissima, tanto più maravigliosa quanto più nascosta !-Vexilla regis prodeunt si canta di Cristo, re celeste; e Dante dell' Anti-Cristo canta Vexilla regis prodeunt Inferni. Quei vessilli son la croce di Cristo; e questi son le ali dell' Anti-Cristo, somigliati ad un mulino a vento, che ha forma di croce 2. 66 Sappi che il vaso che il serpente ruppe fu e non è," scrive Dante della Chiesa Papale, divenuta bestia a sette teste e dieci corna (Purg. xxxiii.); e di quella bestia nell' Apocalisse si legge, "Bestia, quam vidisti, fuit et non est;" e fin gli altri espositori, ravvisando questo passaggio in quel di Dante, annotano: "In tal bestia viene simboleggiato l' Anti-Cristo" ". Son tante le allusioni che tendono tutte ad una sola mira, tante sono le pruove che possono tirarsene, che non si sa a qual volgersi prima; e la stessa multipli

In quel verso, che altri credè una profanazione, vi è una satira terribile. I Protestanti, avversi al culto delle immagini e de' segni, scrissero che il far adorare la croce fu opera dell'Anti-Cristo. Gl' Iconoclasti anticamente, e Claudio di Torino prima del Mille, ed altri moltissimi poi, ebbero questa opinione. Dante ha probabilmente voluto indicare la stessa cosa. paragonare le ali di quell' Anti-Cristo figurato ad un mulino a vento, il quale ha sempre forma di croce, e il dir di quelle Vexilla regis prodeunt, che si canta per la croce, fa scorger chiaro ch'ei non introdusse senza disegno quel verso della Latina Chiesa.

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Annotaz. al pas. cit. nella Div. Com. de' Class. Ital. Milano, 1804.

cità e complicazione delle fila segrete fanno intralcio tale che portano inevitabile confusione in chi vuol porli in veduta.

Ora può cominciarsi a scorgere che cosa ha impedito che l'allegoria del poema fosse mai bene interpretata. Somma paura nel poeta, e quindi somma oscurità; prudenza negl' interpreti, e quindi silenzio. E probabile che il Dionisi frai moderni ne travedesse qualche lume, nello scrivere che l'interno e il mistico e 'l più prezioso di quest' opera non era ancora scoperto; che cose segrete vi eran celate non poche e non lievi; ma che un tal mistico interno è tale che non si può mostrare. E gli antichi annotatori conoscevano tali arcani? Ciò sarà da noi, a suo luogo, esaminato.

CAPITOLO VI.

AUTORI CONSONI CON DANTE, E SUOI IMITATORI. MA ciò che può spargere non poca luce sul procurato bujo di Dante è l'esame di quegli scritti antichi che van d'accordo col suo. Essi pajono talvolta essere assai diversi, mentre gli son sì consoni che li diresti più echi che voci. Il termine de' nostri esami produrrà questo risultamento: interpretar bene e in tutte le sue parti un solo di siffatti scritti non è diverso dall' interpretar tutti gli altri che uscirono dalla stessa scuola arcana. Questa scuola, sì dommatica che politica, influì sulla letteratura di tutta l' Europa dal risorgimento della cultura in qua; quindi può cominciarsi a scorgere che innumerevoli ne sono i prodotti, ma tutti in varie guise mascherati: ci stan sotto gli occhi e non li conosciamo. Noi mostreremo in appresso, e in modo da non lasciare ombra di dubbio, qual fosse la profonda scuola che tanti alunni produsse. Se cosa v' ha che confidiamo poter drittamente fare, ella è ben questa.

De' moltissimi scrittori che si conformarono a Dante nella dottrina arcana, due soli qui produrremo; essendo impossibile, non che esporli, il rammentarli tutti. E preferiamo questi due, quasi a connettere con due legami il secolo di Dante con quello di Lutero; Riforma segreta e Riforma proclamata, linguaggio franco e linguaggio sommamente dissimulato.

Uno di essi scrisse nel punto che la Riforma era per trionfare; ed egli, prendendo coraggio dal successo, informò il mondo che quello che i laurigeri poeti chiamavano Dite e Plutone, altro non era che quel demonio il quale produce il

male dell'umanità. Or veggasi s'è possibile non conoscere qual sia questo demonio che i poeti chiamavan Dite e Plutone.

Deus iste vocatur

A Christo et Paulo, Princeps mundi hujus, EUNDEM
Laurigeri appellant DITEM ac PLUTONA poetæ ".
Si tutela ovium cura est commissa Luporum,
Si Christi pia sacra hodie manus impia tractat,
Si cupidus vendit Cœlum et Phlegetonta sacerdos,
Si diadema tenent asini sub imagine regum,
Si in templis habitant meretrices atque cinædi,
Denique si impune et passim tot impia fiunt,
Non est culpa Dei summi, sed Dæmonis hujus
Quem NOS Fortunam, quem etiam Plutona vocamus ».
Sarcotheus posset tamen apto nomine dici.

с

Hinc igitur veniunt discordia, jurgia, rixæ,
Prælia, bella, doli, fraudes, incendia, cædes....
Et demum quodcumque mali contingit ubique
A causa hac misera, et Terrarum Principe manat ;
Nimirum, quoniam Dæmon, qui præsidet orbi
Terrarum, malus est, sævâque tyrannide gaudet.
Ergo hic Sarcotheus mundo qui præsidet imo
Cœlestes homines, carnalia despicientes
Gaudia, virtuti addictos, animumque colentes,
Odit, persequitur, stimulat, præmit, impedit, angit,
Ut solet insanus princeps, sævusque tyrannus,
Infestus semper sapientibus esse, bonisque.
Atque ideo malus hic Dæmon incommoda multa
Objicit his quorum mens est sublimis, et qui
Cœlicolorum sedes, naturæque abdita quærunt.
Nollet enim agnosci, nam, si bene cognitus esset,
Illum omnes scelerum patrem, nostrique cruentum
Carnificem generis, detestarentur, et omnes
Odissent merito, ac maledictis insequerentur,
Crudelem, insanum, deceptoremque vocantes.
Summi namque Dei est inimicus et æmulus, a quo
Ejectus Cælo pressus claususque tenetur

Lunam inter, terrasque graves, et regnat ibidem.
Quocirca, o miseri mortales, discite tandem

Indica i passaggi notissimi di S. Paolo e S. Giovanni, applicati dai Protestanti al Papa.-Jo. xvi. 11.-II Thessal. ii. Udremo dal Petrarca indicarsi il Papa con gli stessi passaggi: Luciferi principatus, sic enim Principem mundi hujus Veritas vocat.

Da questo verso si ritrae che il Papa era detto in gergo anche Fortuna. Vuolsi notare.

с

Sarcotheus (dal greco), Dio di carne.'

"Se l'Anti-Cristo non si coprisse così co' suoi ministri erronei, conosciuto che fosse saria abbominato da tutti."-Scritto antichissimo della chiesa Valdese, con la data del 1120.

e

Regna cioè sulla faccia della terra; e se ne vuoi veder descritto minutamente il regno, or ora il vedrai.

Quæ vestri sit causa mali, tot tristia vobis
Unde fluant, et carnificem cognoscite vestrum ;

Nempe hic Sarcotheus, nempe hic est qui cruciat vos,
Et stolidos, fictâ virtutis immagine, fallit.

Questi versi, tratti dal lib. viii. del Zodiacus Vite di Marcello Palingenio, mettono in aperto i nascosti secoli precedenti. Ei riconosce il Papa come Lucifero discacciato dal cielo, come regnante sulla faccia della terra, ed origine di tutti i mali, quale appunto fece Dante: due allievi della stessa scuola spacciano per lo più la stessa dottrina. Siccome l'ultimo rapportato verso offre una miniatura del Gerione dantesco, così quelli che ora aggiungeremo (tratti dal libro seguente) presentano una copia del Lucifero dantesco: colosso immenso, regnante in ghiacciate regioni, con ali ampissime di pipistrello, corpo coperto di velli, e cresta sul capo con sette corna, allusivo a quello dell' Apocalisse: Satanas qui seducit universum orbemhabens capita septem, et cornua decem, et in capitibus ejus diademata septem.

Ingentem vidi Regem, ingentique sedentem

In solio, crines flammanti stemmate cinctum;
Ales humeris magnæ, quales vespertilionum :
Nudus erat, longis sed opertus corpora villis.
Multa illi adstabat turba, innumerusque satelles....
Iste igitur Rex talis erat, talesque videbam
Esse suos populos, plerumque est Regis imago
Vulgus, et ad mores accedere Principis optat &.
Huic servit quidquid tenet orbis dæmoniorum,
A quo, ceu quodam centro, genus omne malorum
Emicat, ut radii solis de corpore manant.
Sanguineæ cristæ huic surgunt, et cornua septem.
Heu quot habet secum comites, quantasque phalanges
Instructas telis et bombiferis tormentis !

Tunc mihi ductor ait: fuit hic pulcherrimus olim,
Supremoque Jovi charissimus; ut mala mentis
Conditio, et lætis cognata superbia rebus,
Attulit exitium misero (par namque volebat
Esse Deo, cupiens æqualis sedis honorem)
Proinde relegari meruit; jussuque Michael
Constituit certos illi inter nubila fines.
Quique prius lucis lator, dicique solebat

* Così Dante del Tempo babilonico, che Roma guarda sì come suo specchio.

Gl' Inquisitori e i lor satelliti.

Il suo duca e maestro, che lo guida ed istruisce, come il Virgilio dantesco. Quasi tutti gl' imitatori dell' Alighieri presero una guida al loro allegorico pellegrinaggio. Così Federico Frezzi, così Fazio degli Uberti, e così altri, i cui poemi son della stessa natura.

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