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Così caldo, vermiglio, freddo e bianco,

Or tristo or lieto infin qui t'ho condutto

Salvo (ond' io mi rallegro), benchè stanco. »

120

Ed io: « Madonna, assai fôra gran frutto

Questo d'ogni mia fe', pur ch' i' 'l credessi >
Dissi tremando e non col viso asciutto.

<< Di poca fede! Or io, se nol sapessi,
Se non fusse ben ver, perchè 'I direi?
Rispose (e 'n vista parve s' accendessi).
S'al mondo tu piacesti agli occhi mei,
Questo mi taccio; pur quel dolce nodo
Mi piacque assai che 'ntorno al cor avei;

125

E piacemi il bel nome (se vero odo)

130

Che lunge e presso col tuo dir m' acquisti;

Nè mai in tuo amor richiesi altro che 'l modo.

Quel mancò solo; e, mentre in atti tristi

135

Volei mostrarmi quel ch' i' vedea sempre,
Il tuo cor chiuso a tutto il mondo apristi.
Quinci il mio gelo, onde ancor ti distempre ;
Ché concordia era tal dell' altre cose
Qual giunge Amor, pur ch' onestate il tempre.
Fur quasi eguali in noi fiamme amorose,
(Almen poi ch' i' m' avvidi del tuo foco);
Ma l' un la palesò, l' altro l'ascose.

Tu eri di mercè chiamar già roco,
Quando tacea, perchè vergogna e tema
Facean molto desir parer sì poco.

È necessario.

-

Più duro morso. Meta- | si accorgesse del tuo amore. foricamente il contrario di sproni, come nel son. cit.; vuol dire : più dura espres sione del volto. 118. Vermiglio. Rosso per il calore del desiderio. Bianco per il gelo del timore di L. 119. Fin qui t'ho condutto. Fino a questo punto. Si completa la reminiscenza dantesca sopra citata: Tratto t'ho qui, ecc. 120. Salvo d'anima, stanco per le sofferenze amorose. - Ond'. Cosa di cui. 121. Frutto. Premio. · 122. D'ogni mia fe'. Di tutto il mio amore. 124. Di poca fede! Sottint.: uomo. 126. 'n vista. S'accendessi. Di momentaneo lieve sdegno, come chi fortemente protesta il vero. 127. Al mondo. Nella vita terrena. 128-9. Quel dolce nodo Mi p., ecc. Ebbi molto caro che tu mi amassi 130. Iel nome. La fama di bellezza e di bontà; del piacere che L. avea per la fama acquistatale dal p. si disse nella canz. CCLXVIII testé citata.

Nel volto.

140

136

Quinci il mio gelo. Da ciò, dal timore che la gente, di ciò accorta, parlasse di noi, la mia freddezza verso di te. -- Ti distempre. Ti struggi di rammarico: Ache pur piangi e ti distempre (cauz. CCCLIX, v. 38). 137. Concordia. Suppl.: fra di noi. Dell'altre cose. In tutto il resto, in tutti gli altri sentimenti. - 138. Qual, ecc. Quale concordia solo l'Amore moderato dall'onestà può ottenere. 141. L'un. il p.; l'altro, L. 142. Tu eri di mercé, ecc. Tu eri già rauço, stanco, a forza di chiedere pietà. 143. Quando tacea. Mentre io invece nemmeno parlava. Vergogna e tema. Il pudore femminile e il timore o di dannarsi, o di porgere pretesto a le mormorazioni della gente, o di dare al p. animo a richiederla di cose men che oneste. Quest'ultimo significato è forse il più verosimile, giacchè di tal timore di L. parla in questo senso anche nel canzon. il p.: La falsa opinion dal cor s'è toita Che mi fece alcun tempo acerba e dura Tua dolce vista: omai tutta secura Volgi a me gli occhi (son. CCCV); e 134. Quel ch'i v. s. Cioè: qui subito dopo: ebbi temenza Delle pequanto tu mi amavi." 135. Il tuo corricolose tue faville (v. 158). 144. Molto chiuso, ecc. Facevi che tutto il mondo desir. Il gran desiderio amoroso di L.

132. Nè mai in tuo amor ecc. Io non richiesi che tu non mi amassi, richiesi soltanto che tu mi amassi con misura, con moderazione. Quel. Si riferisce a: modo.

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Non è minor il duol perchè altri il prema,
Ne maggior per andarsi lamentando;
Per fiction non cresce il ver nè scema.
Ma non si ruppe almen ogni vel quando,
Soli, i tuo' detti, te presente, accolsi,

Dir più non osa il nostro amor

145

cantando?

150

Teco era il core; a me gli occhi raccolsi:

Di ciò, come d' iniqua parte, duolti,

Se 'l meglio e 'l più ti diedi, e 'l men ti tolsi!

Nè pensi che, perchè ti fossin tolti

Ben mille volte, più di mille e mille

155

Renduti e con pietate a te fur vôlti!

E state foran lor luci tranquille

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Sempre vêr te, se non ch' ebbi temenza
Delle pericolose tue faville.

Più ti vo' dir, per non lasciarti senza
Una conclusion che a te fia grata
Forse d'udire in su questa partenza:
In tutte l' altre cose assai beata,

In una sola a me stessa dispiacqui,
Che 'n troppo umil terren mi trovai nata.

145. Perchè. Per il fatto che. Uno.

Altri.

- Il prema. Lo soffochi. 147. Fiction. Perchè uno finga di non sentire ovvero mostri di sentire. Il ver. Ciò che davvero si sente. - 148. Ogni vel. Il velo che avevi dinanzi agli occhi e che ti impediva di capire che io ti amavo; cioè: ma non capisti tu che io ti amavo. 149. Soli... te presente. Essendo sola con te, essendo io e tu soli. I tuoi detti accolsi. Ricevetti le tue proteste d'amore.

150. Cantando. Alcuni intendono, e il Leop. fra essi: cantando tu; ma fan da ridere, che sarebbe magnifico spettacolo questo del p. che, trovandosi solo con L.. non trova altro modo di esprimerle il suo amore, se non intonando una canzonetta. Deve in vece intendersi, cantando io. L, presa un po' alla sprovvista, accolse le proteste d'amore del p. senza rispondere direttamente, ma, come soglion talora le donne per mostra di spirito o per darsi un contegno, canticchiando una canzonetta del tempo (il Mestica crede sia un componimento del p. stesso, ma non ne abbiamo prove), la quale per il suo significato ben si addiceva al sentimento di lei: « dir più non osa il n. a. », cioè io non oso, non posso dirti il mio amore. E questo ella, vergognosetta, cantò senza pure guardarlo: a me gli occhi raccolsi, mentre invece tutto il suo cuore era con lui. Di quanta bellezza e naturalezza e semplicità questo aneddoto! A quanto pare, esso ha inspirato al p. anche il son. CLXVII:

160

165

Quando amor i begli occhi a terra inchina. 152. Di ciò come d'iniqua parte, ecc. È meglio intenderlo detto in senso ironico: Ed ora lagnati pure come d'un torto iniquo, se, ecc. 153. 'l meglio e 'l più. Il cuore. 'I men. Gli occhi. 154. Perchè ti fossin. t. Se anche mille volte ti avessi negato il mio sguardo. Tolti. Riferito a occhi. 156. Renduti. Sottint. il furono, che segue: li ho a te resi, cioè volti verso di te. L'App. legge invece così: Në pensi che, perché ti fossin tolti, Ben mille volt', e più di mille e mille, Renduti, ecc.; ma non si capisce se egli unisca tut to il verso 155 col preced. ovvero col seg., o se invece lo spezzi in due parti, come facciamo noi, legando la prima con ciò che precede e la seconda con ciò che segue. Ma il leggere egli volt'e sembra escluda quest'ultimo modo. 157. E state foran lor luci, ecc. E le luci loro, cioè dei miei occhi, sarebbero sempre state fisse in te, cioè io ti avre! sempre guardato. 159. Delle pericolose t. f. Della fiamma d'amore che si manifestava nei tuoi occhi. Pericolose può intendersi in doppio senso: o che. I. temesse di maggiormente infiammare il p. guardandolo, o che temesse di restare ella accesa della medesima fiamma e di esser tratta perciò a cose men degne. 162. In su questa p. Mentre sto per lasciarti. 164. A me stessa d. Non fui contenta di me, della mia sorte. 165. 'n troppo umil terren. Ed or di picciol borgo un sol n'ha dato (son. IV):

Duolmi ancor veramente ch' i' non nacqui

Almen più presso al tuo fiorito nido; nZE
Ma assai fu bel paese ond' io ti piacqui,
Ché potea il cor, del qual sol io mi fido,
Volgersi altrove, a te essendo ignota,

Ond' io fora men chiara e di men grido. »
« Questo non, rispos' io, perchè la rota

Terza del ciel m' alzava a tanto amore,
Ovunque fusse, stabile ed immota! »
« Or così sia, diss' ella; i' n' ebbi onore,

Ch' ancor mi segue. Ma per tuo diletto
Tu non t' accorgi del fuggir de l' ore.
Vedi l'Aurora de l' aurato letto

Rimenar ai mortali il giorno, e 'l sole
Già fuor de l' oceáno infin al petto.
Questa vien per partirne, onde mi dole.

S' a dire hai altro, studia d' esser breve,
E col tempo dispensa le parole. »

<< Quant' io soffersi mai, soave e lève,

Dissi, m' ha fatto il parlar dolce e pio ;
Ma 'l viver senza voi m' è duro e greve.
Però saper vorrei, madonna, s'io

Son per tardi seguirvi, o se per tempo. »
Ella, già mossa, disse: « Al creder mio,
Tu starai in terra senza me gran tempo. »

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in qualunque luogo, quindi,tu fossi nata Stabile ed immota. Si riferisce a rota, e vuol dire: con immutabile destino.

175. Cosi sia È detto in senso approbativo: sono contenta che sia così. Altri testi hanno: che si sia, cioè: sia come tu vuoi.-176. Mi segue. Va unito al mio nome. Per tuo diletto. A causa del diletto che tu provi conversando meco. 178. De I aurato 1. Uscendo dal letto d'oro di Titone. 179. El sole. Si potrebbe ommettere la virgola dopo giorno intendendo: L'aurora, già fuori dall'oceano insino al petto, rimena agli uomini il giorno e il sole; difatti, ben osservando, se il sole è mezzo fuori dell'oceano, non è più l'aurora ma il giorno.

ma forse può intendersi di Avignone in generale, tanto odiosa al p.: al loco ov'io mi sdegno Veder nel fango il bel tesoro mio. Difatti nel son. CCCV: Ove giace il tuo albergo e dove nacque Il nostro amor, vo' che abbandoni e lasce, Per non veder ne' tuoi quel ch'a te spiacque. Che, se, per la solita remota ipotesi, L. fosse stata della famiglia Colonna, più chiaro significato avrebbe qui il suo lamento di non essere nata, come gli altri di sua casa, in quella Roma, che era dal p. cosi amata. - 167. Al tuo fiorito nido. Fiorenza, per la Toscana ed Arezzo. 168. Assai. Abbastanza. - Ond'io ti p. Quello dal quale io nata ti piacqui. 169 1 cor Sottint: tuo. - Del qual sol io mi fi. 181. Partirne. Separarci; le appariAl quale soltanto io mi abbandono in zioni dei morti fuggono la luce coine nopiena fidanza, che, cioè, io amo perdu- tammo più sopra al v. 27. Onde. Della tamente; cosi nella canz. CXXVIII: qual cosa. 183. ispensa. Regola, miNon è questa la patria in ch'io mi sura 181-5. Quant io soffersi Costr.: fido (v. 81). 170. Volgersi altrove. A- Il[vostro] parlar dolce e pio m'ha fatto mare altra donna. - 171. Grido. Fama. Soave e leve quant'io mai soffersi », cioè 172. Questo non. Questo non poteva ac- ha mutato in dolcezza tutte le mie pascadere. L'ellissi del verbo serve a me- sate sofferenze. - 17. Saper vorrei, ecc. glio esprimere l'impetuoso scatto del p. Anche nel sonetto CCCXLIX (cit. dalper la supposizione di L.- La rota Terza l'Appel): sarei contento di sapere il del ciel. Il cielo di Venere, sotto la cui in- quando · 189. Già mossa. Già nell'atto fluenza amorosa stava il p. 173. M' al- d'andarsene. 190. Tu starai in terra, zava a tanto a. Mi destinava a cosi alto e ecc. E per tardar ancor vent'anni o grande amore. — 174. Ovunque fusse. In trenta Parrà a te troppo e non fia qualunque luogo ciò dovesse accadere; | però molto (sonetto CCCLXII).

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XIV

TRIONFO DELLA FAMA

(VIa)

Era appena scomparsa L. e il p. s'era svegliato, che vide la Fama trionfare seguita da immensa schiera di illustri personaggi, primi fra i quali e in assai maggior numero i Romani, quindi i Greci, i Troiani, gli Orientali, gli Ebrei, ultimi re Artù e Carlo Magno. Questo canto, rifiutato poi dal p. stesso, può considerarsi come il primo abbozzo del Trionfo della Fama, sostituito poi dal primo e dal secondo dei tre che formano ora quel Trionfo. Perciò la maggior parte dei personaggi qui ricordati son quelli che il p. ha ricordato più tardi nei detti due canti, come noi di volta in volta avvertiremo. Quelle osservazioni storiche dunque, che ad essi personaggi si riferiscono, qui non si ripetono, venendo rimandato il lettore ai precedenti luoghi.

Nel cor pien d' amarissima dolcezza
Risonavano ancor gli ultimi accenti

Del ragionar ch' e' sol brama ed apprezza,
E volea dir: «O dì miei tristi e lenti! »
E più cose altre, quand' io vidi allegra
Girsene lei fra belle alme lucenti.
Avea già il sol la benda umida e negra
Tolta dal duro volto della terra,
Riposo della gente mortale egra.
Il sonno e quella, ch' ancor apre e serra
Il mio cor lasso, a pena eran partiti,
Ch' io vidi incominciar un' altra guerra.

O Polimnia, or prego che m' aiti,

E tu, Memoria, il mio stile accompagni,
Che 'mprende a ricercar diversi liti!
Uomini e fatti gloriosi e magni,
Per le parti di mezzo e per l' estreme,
Ove sera e mattina il sol si bagni,

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3. Eel ragionar. Delle parole dette da L. nel suo colloquio col p. Ch'e' sol br. ed a. Il qual ragionare soltanto, cioè le quali parole di L. soltanto egli, cioè il cuore del p., br. ed a. -- 4. Tristi e lenti. Avendogli detto L. nel lasciarlo: Tu starai in terra senza me gran tempo (c prec., v. 190) 6.Fra belle a. 1. Fra i santi del paradiso, che rilucono, come appunto in Dante i beati.-7. Avea Si unisce a tolta. La benda della notte. 9. Riposo. E apposizione di benda, cioè di notte. - Egra. Infelice, addolorata. 10. E quella. L. Apre e serra il mio cor. Può far lieto o triste il mio cuore, secondo che gli apparisce o no:

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5

10

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Del mio cor, donna, l'una e l'altra
chiave Avete in mano (ball. LXIII).
12. Guerra. Combattimento tra la Fama
e la Morte; o meglio, poichè un combat-
timento, in verità, non c'è, semplice-
mente: un altro fatto. - 13-4. 0 Polimnia,
or prego, ecc. Cosi Dante: O muse, o alto
ingegno or m'aiutate; O mente, ecc.
(Inf., II, 7).. 15. Che 'mprende a ri-
cercar diversi liti. Che comincia a par-
lare di materia differente da quella sin
qui trattata, cioè di materia guerresca
invece che amorosa. Cosi Dante: Tor-
nate a riveder li vostri liti (Par., II, 4).

17. Per le parti di mezzo del mondo
E per l'estreme, Occidente ed oriente

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El gran Pompeo, che mal vide Thessaglia,

30

E Valerio Corvino, e quel Torquato
Che per troppa pietate occise il figlio;
El primo Bruto gli sedea da lato;
Poi il buon villan che fe' il fiume vermiglio
Del fero sangue, e 'l vecchio ch' Anniballe
Frenò con tarditate e con consiglio;
Claudio Neron, che 'l capo d' Asdruballe
Presentò al fratello aspro e feroce,
Si che di duol gli fe' voltar le spalle;
Muzio, che la sua destra errante coce,
Orazio sol contra Toscana tutta,
Ché nè foco nè ferro a vertù nòce;
E chi con sospizion indegna lutta,
Valerio, di piacer al popol vago

Si che s' inchina e sua casa ha distrutta;
E quel che i Latin vince sovra il lago

20. D'una gran r. Della Fama. 23. Da man destra. Dalla parte più onorevole. Quel gran r. Giulio Cesare; Tr., VI, 23. Augusto. ib. 36. 25. A mano a mano. Di pari passo, cioè di ugual merito. Scipio affricano. Il magg. ib. 23; il min. ib. 36. P. Cursor. ib. 95. 28. Smaglia. Rompe, distrugge, come delle maglie di una corazza: Colui ch'ogni lorica smaglia (Trionfi, c. IV, v. 75). Curio e Fabrizio. VI, 55. L'un e l'a. Cato. ib. 52. 30 Pompeo. ib. 90. Che mal vide T. Che in mal punto andò in T., perchè vi mori. 31. V. Corvino. ib. 98. - Torquato, ib. 64. 32. Pietate. Amore di patria. 33. ' p. Bruto. ib. 53. Gli sedea da lato. Perchè anche Bruto fece uccidere il figlio per amore di patria, come Torquato. -34. Il buon villan. Mario; ib. 109.

35

40

45

me acqua che sangue (canz. CXXVIII, v. 48). 35. ' vecchio. Fabio Massimo il temporeggiatore; T. VI, 50.- 33. Con tarditate e con c. Col temporeggiare e colla astuzia. 37. Cl. Neron. ib. 46;

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40. Muzio Scevola, ib. 82. Errante. Che avea shagliato nell' uccidere il segretario di Porsenna, invece che Porsenna. Coce. Brucia. 41 Orazio, ib. 41 Sol c. T scana tutta. Egli solo contro tutti gli Etruschi; celebre verso divenuto molto popolare. 42. Nè foco allude a Muzio; ne ferro allude ad Orazio. L'App. legge erroneamente: che. A vertù noce. Può far male al valoroso; esempio di metonimia. 43. Chi. Si unisce a Valerio. Con sospizion i. 1. Lotta contro l'indegno sospetto del popolo, il quale temeva che Valerio volesse farsi re. - 44. Di piacer al p. v. Costr. « Vago Fe' il f. vermiglio, ecc. Allude alla di piacere al p. », onde il sopranbattaglia di Acquae Sextiae ed al fiu- nome di Publicola. 45 S'inchina micello Arc: eaque caedes hostium fuit alla volontà del popolo. Sua casa ha ut victor romanus de cruento flumined. Allude alla storia di Valerio, il quale non plus aquae biberit quam sanguinis fece abbattere la propria casa per to(Floro, III, 3) già dal p. tradotto: as- gliere sospetto al popolo. V. Livio II, VII, setato e stanco Non più bevve del fiu- 5. 46. Quel che i Latin, ecc

Aulo

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