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tare.

Ch' ancor sento tornar, pur come soglio,
Madonna in quel suo atto dolce onesto
Ad acquetare il cor misero e mesto,

Piena si d'umiltà, vota d'argoglio,

E 'n somma tal ch'a morte i' mi ritoglio,
E vivo, e 'l viver più non m' è molesto.
Beata s' è, che po beare altrui

Co la sua vista, o ver co le parole
Intellecte da noi soli ambedui.
<< Fedel mio caro, assai di te mi dole;
Ma pur per nostro ben dura ti fui ».
Dice, e cos' altre d' arrestare il sole.

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Sopra 'l cielo. Su nel cielo, | ter. rendere lieto me. Altri leggono se pronome e intendono in forma esclamativa: beata lei la quale, ecc. 11. Intellecte da noi, ecc. Che solo noi due intendiamo, essendo dette in sogno. Non dice udite, perchè appunto si tratta di sogno. 13. Per nostro ben. Per la salvezza dell'anima di L. e del p.; cosi nella canzone CCLXIV; in aspettando un giorno Che per nostra salute unqua non vene (v. 46). 14. D'arrestar il sole per la dolcezza.

dove è L.-3. Ancor. Di nuovo. Sento. Non dice veggo, perchè si tratta di gioco della imaginazione. Soglio. Per solevo. V. nel son. precedente: Gia suo' tu. 4. Atto. Atteggiamento. Onesto. Dignitoso e casto, sebbene affettuoso e dolce al p. 7. A morte i' mi ritoglio. Prima, non vedendola, si sentiva morire, ora rivive: 0 usato di mia vita sostegno (son. prec.). 9. S'è. Il si etico; cosi Dante: Ma ella s'è beata (Inf. VII, 94); ella è lieta di po

CCCXLII

Il p. continua a soffrire, ma L. lo visita nel sogno e lo consola.

Del cibo onde 'l signor mio sempre abbonda,
Lagrime e doglia, il cor lasso nudrisco;
E spesso tremo e spesso impallidisco,
Pensando a la sua piaga aspra e profonda.

Ma chi ne prima, simil, nè seconda

Ebbe al suo tempo, al lecto in ch' io languisco,

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1. Del cibo, ecc. Di pianto e di dolore, cibo di cui l'Amore ha abbondanza; Cosi nel son. XCIII: i' mi pasco di lagrime e tu 'l sai. 2. Lagrime e doglia. Apposizione di cibo (Ferr.), 4. A la sua piaga. Alla piaga del cuore, prodotta dalla morte di L. 5. Ma chi prima, ecc. L. la quale non ebbe finchè visse (al suo tempo) non solo chi la superasse, le fosse prima, o la uguagliasse (simil), ma nemmeno chi le venisse subito dietro per bellezza e bontà, cioè le fosse seconda; innanzi a simil

|

sottintendesi ne. Citansi in appoggio le parole di Orazio : « Unde nihil maius generatur ipso Nec viget quidquam simile ant secundum ». Ma, à mio avviso, potrebbesi evitare il sottinteso, che abbastanza duro, ommettendo la virgola dopo simil e spiegando: non ebbe donna simile a se che la superasse né che le venisse accanto. Nei son. CCCXXXVIII: Spento il primo va. lor qual fia il secondo? E nella canzone CCCLXVI: Cui nè prima fu simil, nè seconda (v. 55). 6. Languiseo di

Vien tal ch' a pena a rimirar l'ardisco,
E pietosa s'asside in su la sponda.

Con quella man che tanto desïai,

M'asciuga li occhi, e col suo dir m' apporta
Dolcezza ch' uom mortal non sentì mai.
«Che val, dice, a saver chi si sconforta?

Non pianger più; non m' hai tu pianto assai?
Ch' or fostú vivo com' io non son morta! »

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dolore. 7. Tal. Cosi bella. 12. Che val... a saver chi si sconforta? A chi si lascia trasportare dal dolore che gli giova sapere? Non intenderei però, sapere, come gli altri comment., per avere sapienza, senno, ma in senso più determinato di: sapere il vero, che io non

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son morta. L. cioè gli dice: Tu sai che io non son morta; ma a che ti giova saperlo, se poi tanto ti disperi? — 14. Fostù. Fossi tu così vivo; e si intende che il p. non poteva dirsi intieramente vivo, non essendo in piena grazia di Dio.

CCCXLIII

Si meraviglia di vivere ancora dopo morta L., ma vive solo perchè L. lo visita nel sogno. Ella ascolta le sue pene e, quando è giorno chiaro, torna al cielo piangendo.

Ripensando a quel, ch' oggi il cielo onora,
Soave sguardo, al chinar l' aurea testa,
Al volto, a quella angelica modesta
Voce, che m'addolciva ed or m' accora,
Gran meraviglia ho com' io viva ancora:
Ne vivrei già, se, chi tra bella e onesta
Qual fu più lasciò in dubbio, non sí presta
Fusse al mio scampo là verso l'aurora.
O che dolci accoglienze e caste e pie!
E come intentamente ascolta e nota
La lunga istoria de le pene mie!
Poi che 'l di chiaro par che la percota,

4.

1. Quel. Unisci a: soave sguardo. Ch'oggi il cielo onora. Lo sguardo di L. onora il cielo: Dio, per adornarne il cielo, La si ritolse (son. CCCXXXVII). 2. L'aurea. Per i capelli biondi; c'è il solito bisticcio col nome di L. M'addolciva ed or m'accora. Mi rendeva dolce la vita ed ora mi rattrista; cosi Dante: In la mente mi è fitta ed or m'accora La cara e buona imagine paterna (Inf. XV, 82). -6. Chi. Per intendere il senso della quartina bisogna spezzare il pron. chi nei suoi componenti: colei, la quale. Tra bella e onesta, ecc. Lascio in dubio che cosa fu più, se cioè più bella o più onesta. -7. Presta. Pronta. - 8. Al mio scampo. Alla mia salvezza, cioè a scamparmi da morte. Là verso l'aurora. Era an

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tico pregiudizio che i sogni, fatti verso il mattino, fossero veritieri. Cosi Ovidio: Tempore quo cerni somnia vera solent (Her., XIX, 195): e cosi Dante: Nell'ora...che la mente nostra, peregrina Più dalla carne e men da' pensier presa, Alle sue vision quasi è di· vina (Purg IX, 13). Là è forma pleona stica, aggiunta talvolta ai complementi di tempo: Là ver l'aurora che si dolce l'aura Al tempo novo suol movere i flori (sest. CCXXXIX v. 1). - 9. Accoglienze Non del p. a L., ma di L.. al p., e indica la festa di chi incontra altrui.' E caste e pie. Sono pie cioè affettuose e pur sempre caste: Al suon de' detti si pie tosi e casti (sonetto CCCII). 10. Nota. Osserva, ne tien conto. 12. La percota. La colpisca, la offenda, essendo, per

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Un tempo forse fu contento, ora non più; finchè L. visse, egli ebbe qualche po' di requie, ora non ne ha più affatto. La morte gli ha tolto ogni bene ed egli non si consola neppure sapendo che L. è felice in cielo; e non può se non piangere di e

notte.

Fu forse un tempo dolce cosa amore

(Non perch' i' sappia il quando); or è sì amara
Che nulla piú. Ben sa 'l ver chi l'impara,
Com' ho fatt' io con mio grave dolore.

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Quella che fu del secol nostro onore,

Or è del ciel che tutto orna e rischiara,

Fe' mia requie a' suoi giorni e breve e rara,
Or m' ha d' ogni riposo tratto fore.
Ogni mio ben crudel Morte m' ha tolto;
Nè gran prosperità il mio stato adverso
Po consolar di quel bel spirto sciolto.
Piansi e cantai; non so più mutar verso,
Ma dì e notte il duol ne l'alma accolto
Per la lingua e per li occhi sfogo e verso.

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2. Non perch' i', ecc. Veramente, dice | egli, io non me ne ricordo di sicuro, perche l'amore riusci a me sempre amaro. 3. Chi l'impara. Intendi: chi l'impara [ con suo grave dolore come ho fatto io. 5. Quella. L. Che fu del secol, ecc. Che fu onore del nostro mondo, della terra; cosi nel son. CCLI: La dolce vista del bel viso adorno Che me mantene e 'l secol nostro onora. 6. Or è. Sott. onore. Che. Oggetto: cui. Rischiara. Fa più chiaro col lume del suo sguardo: quel ch'oggi il cielo onora Soave sguardo. (son. prec.); altri intende che come soggetto: il cielo che orna e rischiara tutto il mondo, ma sarebbe frase oziosa e vuota e in contraddizione col verso sopra cit. Altrove: Dio, per adornarne il cielo, La si ritolse (son. CCCXXXVII). 7. Fe mia requie.....e breve e rara. Mi diede gia raramente e brevemente un po' di pace. A' suoi giorni. Finché visse. 10. Ne gran prosperità, ecc. Costr.: « Nė

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la gran prosperità di quel bel spirto sciolto può consolar il mio stato avverso ». Gran prosperità intendi: lo stato immensamente felice nel cielo. - 11. Quel bel spirto sciolto. Quella bella anima spogliata dal corpo: Ne la bella pregione, onde or è sciolta, Poco era stata ancor l'alma gentile (canz. CCCXXXV v. 9). 12 Piansi e cantai. Nel sonetto CCXXIX disse: Cantai, or piango, e nel CCXXX: I' piansi, or canto, facendo del pianto e del canto due cose distinte; qui invece ne fa una sola, intendendo che egli avea cantato piangendo e viceversa. Mutar verso. Mutare per variare, modulare un verso qualunque.

-

14. Per la lingua. Coi lamenti non più col canto. Per gli occhi. Colle lagrime; e vuol dire che egli non può ormai piangere e cantare insieme, ma solo piangere tanto cogli occhi quanto colla voce non sapendo più

cantare.

CCCXLV

Il p. ritratta quanto avea detto nel son. prec. e dichiara che egli nella sua disgrazia si consola, vedendo L. vicina a Dio, e non vorrebbe certo rivederla sulla terra, ma preferisce vivere qui solo e saperla cogli angeli.

Spinse amor e dolor ove ir non debbe
La mia lingua avviata a lamentarsi,
A dir di lei, per ch' io cantai ed arsi,
Quel che, se fusse ver, torto sarebbe;
Ch' assai 'I mio stato rio quetar devrebbe
Quella beata, e 'l cor racconsolarsi
Vedendo tanto lei domesticarsi

Con Colui che, vivendo, in cor sempre ebbe.
E ben m' acqueto e me stesso consolo,
No vorrei rivederla in questo inferno,
Anzi voglio morire e viver solo:

Ché più bella che mai, con l'occhio interno,
Con li angeli la veggio alzata a volo
A' pie' del suo e mio Signore eterno.

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Colui. Entrare in domestichezza, in intimità con Dio. 9. E ven. E difatti veramente. 10. In questo inferno. Sulla terra, detta così in paragone dei cieli. 11. Anzi. Piuttosto Morire e vivere. Vivere solo e morire solo; trasposizione. 12. Interno. Dell'anima. Cosi l'interno lume del son. CCLXXIX. — 13. Alzata a volo. Nel son. a Sennuccio (CCLXXXVII): del corpo, ov'eri preso e morto, Alteramente se levato a volo; ma non è lo stesso, ché 11 vuol dire: volato via dal corpo per salire al cielo, qui invece: sublimata in un coro di angeli ai piedi del trono di Dio.

CCCXLVI

Quando L. salì al cielo, tutti gli angeli ei beati la circondarono, attoniti per la sua bellezza e per la sua luce; ed ella si confrontava lieta cogli spiriti più perfetti e tratto tratto si volgeva a guardare se ii p. la seguiva. Per ciò egli non desidera che di raggiungerla. Questo sonetto riprende il pensiero, dove l'ha lasciato il preced. Con gli angeli la veggio alzata a volo.

Li angeli electi e l'anime beate

Cittadine del cielo, il primo giorno
Che madonna passò, le fur intorno

1. Angeli electi. In contrapposto agli angeli ribelli, ai demoni. 2. Cittadine d. c. Abitanti d. c.; Cosi: L'anime che

lassù son cittadine (canz. LIII, v. 44).

3. Passó di questa vita, mori: Piacciale al mio passar esser accorta, so

Piene di meraviglia e di pietate.
< Che luce è questa, e qual nova beltate?
Dicean tra lor, perch' abito sì adorno

Dal mondo errante a quest' alto soggiorno
Non sall mai in tutta questa etate. »
Ella, contenta aver cangiato albergo,
Si paragona pur coi più perfetti;

E parte ad or ad or si volge a tergo
Mirando s' io la seguo, e par ch' aspetti:

Ond' io voglie e pensier tutti al ciel ergo,
Perch' i' l'odo pregar pur ch'i' m' affretti.

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4. Pietate. Affet- | nostro, nel nostro secolo, come vo-
gliono i più. Difatti ugual concetto
ugualmente espresso, ma cosi chiaro
che non lascia dubio, si trova nel so-
netto CCCL: Questo nostro caduco e
fragil bene Ch'.... ha nome beltate
Non fu già mai se non in questa etate
Tutto in un corpo. 9. Cangiato al-
bergo. Dimora dalla terra al cielo.
10. Pur. Soltanto. Coi più perfetti.
Sottint spiriti, angeli. 11. Parte In-
tanto; più volte usato, come vedemmo,
dal p.; Parte da orecchi a queste mie
parole (canz. CCCXXV, v. 60). - 12. Mi-
rando, ecc. Nel son. CCCI: Te solo
aspetto. 13. Al ciel. Per andare al
cielo. 14. Pregar. In senso assoluto;
e può intendersi: o pregar me, o pregar
Dio che mi faccia affrettare. Ugual-
mente nella canz. CCLXVIII: E sua
fama... Prega che non estingua (v. 73);
invece nel son. seg.: Prega ch'i' venga
tosto a star con voi, vuol dire certo:
prega Dio.

netto CCCXXXIII.
tuosa cortesia; così nel son CCCXXII:
quelle note ov'Amor par che sfaville E
pietà di sua mano l'abbia costrutte. I
comment. generalmente intendono: ri-
verenza, ma non ne abbiamo nel p. e-
sempi. 5. Nova. Mai veduta. -6. Per-
ch'abito, ecc. II p. mise il punto interro-
gativo dopo etate, ma, per intelligenza
della quartina, conviene leggere metten-
dolo dopo beltate e intendere perché non
interrogativo ma esplicativo: giacchė. -
Abito si adorno. Anima così bella; Ari
stotele definisce anima essere abito del
corpo organico. - 7. Dal mondo errante.
Dice dal mondo che è soggetto ad er-
rare, perchè parla della bellezza non
solo fisica ma anche spirituale di L.,
tanto maggiore in quanto veniva dal
mondo pieno di peccati. - 8. In tutta
questa etate. Il Tommas. spiega: Fino a
qui citando: Forma par non fu mai
dal di che Adamo Aperse gli occhi in
prima (son. CCCLIV). Ma invece deve
più semplicemente intendersi : al tempo

CCCXLVII

L., che siede gloriosa nel cielo vicino a Dio, vede l'amore del p. e sa ora che egli nulla da lei voleva di men che onesto. Dunque preghi Dio che lo chiami a lei vicino.

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