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Ma, passando, i dolci occhi al cor m' ha fissi,
Al cor già mio, che seguendo partissi
Lei, ch' avvolto l' avea nel suo bel manto.
Ella 'l se ne portò sotterra e 'n cielo,
Ove or triunfa ornata de l'alloro
Che meritò la sua invicta onestate.
Così, disciolto dal mortal mio velo,
Ch' a forza mi tien qui, foss' io con loro,
Fuor de' sospir, fra l' anime beate!

(canz. CXXXV, v. 44). 6. Passando. Mo- |
rendo. Fissi. Impressi.-7. Già mio. Che
un tempo fu mio, ora non più, perchè
ha seguito lei: Madonna è morta ed
ha seco 'l mio core (canz. CCLXVIII,
v. 4; v. ivi nota). Che seguendo par-
tissi Lei. Costr.: Che partissi seguendo
lei. 8. Ch'avvolto l'avea nel suo bel
manto. Il bel manto è il corpo; il bel velo |
del son. CCCIII; e vuol dire che il cuore
del p. era andato, già finché L. era viva,
ad abitare con lei, come disse più volte
il p. (v. la nota al son. CCXLIX).

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9.

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Sotterra. Dove è il corpo, e'n cielo dov'è l'anima. 10. Alloro. La corona d'alloro, insegna di virtù: Ivi ha del suo ben far corona e palma (son. CCXCV). 11. Invicta. Che non si lasciò vincere dalle insistenze del p. 13. Con loro. Con il suo cuore e con L.; cioè sotterra col corpo e in cielo coll'anima. 14. Fra l'anime beate. Colle quali potrebbe godere della vista di L.: Quanta invidia a quell'anime che in sorte Hann' or sua santa e dolce compagnia (son. CCC).

CCCXIV

Il p.. quando lasciò L. l'ultima voita, doveva ben accorgersi dal suo aspetto che non l'avrebbe più veduta. Che dolcezza quel giorno, quando la vide e nel lasciarla le affidò il suo cuore e i suoi pensieri!

Mente mia, che presaga de' tuoi danni,
Al tempo lieto già pensosa e trista,
Sl 'ntentamente ne l'amata vista
Requie cercavi de' futuri affanni,
Agli atti, a le parole, al viso, ai panni,
A la nova pietà con dolor mista,
Potei ben dir, se del tutto eri avvista:

« Questo è l' ultimo dì de' miei dolci anni ».
Qual dolcezza fu quella, o misera alma!

Come ardavamo in quel punto ch'i' vidi
Gli occhi, i quai non devea riveder mai,
Quando a lor, come a' duo amici più fidi,
Partendo, in guardia la più nobil salma,
I miei cari penseri e 'l cor lasciai !

1. Presaga de' tuoi danni. Il p., come disse più volte, avea avuto il presentimento della morte di L.: o del mio mal participe e presago, dice al suo cuore nel son. CCXLII. 2. Al tempo lieto. Quando L. viveva e il p. erale vicino. Pensosa e trista. Per i brutti presentimenti. 4. Requie cercavi de' futuri affanni. Cercavi negli occhi di lei di confortarti dal timore di futuri aff. 5. Agli atti. Dagli atti, dalle parolo, ecc., di Laura. Difatti nel sonetto CCXLIX racconta: Deposta avea l'usata leggiadria, ecc. - 6. Nova pietà.

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14

La pietà verso il p. era sul volto di L.
un'espressione affatto nuova. E che L.
quel giorno si mostrasse a lui pietosa
e per lui addolorata si rileva dal so-
netto CCL: nel suo volto veder parme
Vera pietà con grave dolor mista.
7. Avvista. Avveduta. S. Dolci. Felici.
9. Alma del p. 10. Ardavamo. Io p.
e tu anima. 11. Mai. Mai più. 12.
Amici del p. -13. In guardia. lasciai
Diedi da custodire, da conservare.

La più nobil salma. La parte più no bile di me stesso, cioè i pensieri e il cuore.

CCCXV

Col passare del tempo, il p. sentiva già intepidirsi l'amore, e L. cominciava a non temere di lui e a scherzare delle sue pene. Era vicino il momento, in cui avrebbero potuto amarsi certamente senza timore; quando la morte distrusse tanta speranza del P. Uguale argomento viene svolto anche nei due sonetti che seguono e che, come dice il Ferr., paion fatti apposta per mostrare come si possa dire una in più modi con uguale eleganza.

Tutta la mia fiorita e verde etade

Passava; e 'ntepidir sentia già 'l foco

Ch' arse il mio core ed era giunto al loco
Ove scende la vita, ch' alfin cade.
Già incominciava a prender securtade
La mia cara nemica a poco a poco
De' suoi sospetti, e rivolgeva in gioco
Mie pene acerbe sua dolce onestade.
Presso era 'l tempo, dove Amor si scontra
Con Castitate ed agli amanti è dato
Sedersi inseme e dir che lor incontra.
Morte ebbe invidia al mio felice stato,
Anzi a la speme, e feglisi a l'incontra
A mezza via, come nemico armato.

cosa

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amore ». Cosi nella canz. CXXIX, v. 18: La mia donna che sovente in gioco Gira 'l tormento ch'io porto per lei ».

1. Fiorita e verde. Età della gioventù | e della virilità. 2. Passava. Stava per finire. 3. Al loco ove scendo la vita, ecc. Al punto in cui la vita co- 9. Si scontra. Si incontra è quindi mincia a declinare, avviandosi alla si unisce, va d'accordo; ed è il tempo fine. 5. Prender sicurtade. A sentirsi si- della vecchiaia. 11. Che lor incontra. cura dal timore (suoi sospetti) che il p. Ciò che loro accade, quello che sentono. le chiedesse cosa non onesta; cosi nel 13. A la speme. Perchè ancora la son CCCV: omai tutta secura Volgi a vecchiaia non era giunta e quindi queme gli occhi-7. E rivolgeva in gioco Miesta del p. non era che una speranza. pene, ecc. Alcuni intendono, errando, che L. colla sua dolce onestà rendesse piacevoli ormai le pene già acerbe del p.; mentre assai meglio spiega il Cast: E la sua onestá non più severa ma dolce si schermiva, scherzando, dalle troppo vive manifestazioni del mio

Vedi l'argomento del son. preced.

14. A mezza via. Tra la gioventù e la vecchiaia; il p. aveva allora quarantaquattro anni. Come nemico armato. Perchè uccise L. In questi tre ultimi versi è chiaramente, per quanto embrionalmente, espresso il concetto che dara creazione poi al Trionfo della morte

CCCXVI

Tempo era omai da trovar pace o triegua
Di tanta guerra, ed erane in via forse;
Se non ch' e' lieti passi indietro tòrse
Chi le disagguaglianze nostre adegua.

4

1. Pace o triegua. La tregua è pace | dice ora che i suoi passi furono fatti momentanea. 2. Ed erane in via forse. E forse stava per averla. 3. E' lieti passi. Poichè ha detto che era in via,

tornar indietro dalla morte di L.
4. Chi le disagguaglianze, ecc. La morte
rende tutti uguali, pareggia tutte le di-

Ché, come nebbia al vento si dilegua,
Così sua vita subito trascorse

Quella, che già co'begli occhi mi scòrse
Ed or conven che col penser la segua.
Poco avev' a 'ndugiar, ché gli anni e 'l pelo
Cangiavano i costumi; onde sospetto
Non fòra il ragionar del mio mal seco.
Con che onesti sospiri l' avrei detto

Le mie lunghe fatiche, ch' or dal cielo
Vede, son certo, e duolsene ancor meco!

sparità umane. 6. Cosi sua vita, ecc. | Costr. Cosi quella, che, ecc., trascorse subito sua vita. Subito è nel significato latino di: improvvisamente, e trascorse vale: passò, fini.-7. Mi scorse. Mi fu scorta nel cammino della vita: Gentil mia donna, i veggio Nel mover de' vostr' occhi un dolce lume Che mi mostra la via ch' al ciel conduce (canzone LXXII, v. 1). — 8. Col penser. Perchè è morta e non può vederla.

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9.

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Indugiar. Aspettare.
Gli anni o'l pelo.
La vecchiaia che rende canuti. 10.
Sospetto non fora, ecc. Come disse nel
son. prec.: agli amanti è dato Sedersi
insieme e dir che lor incontra. 11.
Del mio mal. Delle mie pene amorose.
12. Onesti. Casti. 13. Fatiche. Travagli,
pene: A tal che non m'ascolia narro
Tutte le mie fatiche ad una ad una
(son. CCXXIII).

CCCXVII

Continua nello stesso argomento dei due prec.

Tranquillo porto avea mostrato Amore
A la mia lunga e torbida tempesta
Fra gli anni de la età matura onesta,
Che i vizii spoglia e vertù veste e onore.
Già traluceva a' begli occhi il mio core,

E l'alta fede non più lor molesta;

Ahi, Morte ria, come a schiantar se' presta
Il frutto de molt' anni in sì poche ore!

Pur, vivendo, veniasi ove deposto

In quelle caste orecchie avrei, parlando,
De' miei dolci pensier l' antiqua soma;
Ed ella avrebbe a me forse resposto

2. Tempesta amorosa.-3.0nesta. Casta a causa della maturità. -4. Spolgia. sottint.: all'uomo; il Leop. intende: si spoglia. 5.Traluceva a' begli occhi, ecc. L. cominciava a vedere qual'era veramente il cuore del p., cioè un cuore onesto e casto. Traluceva indica appunto il trasparire ancora incerto come attraverso un velo: dentro là dove sol con Amor seggio Quasi visibilmente il cor traluce (canz. LXXII, v.5). — 6. Alta fede, ecc.

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Qualche santa parola, sospirando,
Cangiati i volti e l'una e l' altra coma.

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fardello del suo affetto da lui per tanto tro volto, perchè divenuti pallidi per tempo portato. 13. Santa parola. Pa- la vecchiaia: e 'l viso scolorir dice nel rola affettuosa di religioso conforto. son. XII dove esprime il medesimo deSospirando di affetto e forse di rimpian- siderio; e le chiome perchè incanutite: to. 14. Cangiati. Essendo cangiati. e i cape' d'oro fin farsi d'argento. I volti e l'una e l'altra coma. L'un e l'al- | (ib.).

CCCXVIII

Caduta l'una pianta (l'amore per L. viva) in terra, vide il p. un'altra pianta (l'amore per L. morta) abbarbicarglisi al cuore. Il lauro, che egli amava, essendo stato trasportato nel cielo, lasciò radici nel suo seno, ed egli invano chiama la sua donna.

Al cader d'una pianta, che si svelse

Come quella che ferro o vento sterpe,
Spargendo a terra le sue spoglie eccelse,
Mostrando al sol la sua squallida sterpe,
Vidi un' altra, ch' Amor obiecto scelse,
Subiecto in me Calliope ed Euterpe,

Che 'l cor m'avvinse e proprio albergo felse,
Qual per trunco o per muro edera serpe.
Quel vivo lauro, ove solean far nido

Li alti penseri e i miei sospiri ardenti,
Che de' bei rami mai non mossen fronda,

Al ciel translato, in quel suo albergo fido
Lasciò radici, onde con gravi accenti
È ancor chi chiami e non è chi responda.

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1. Una pianta. L., o meglio l'amore | parlato: L'idolo mio scolpito in vivo per I.. 2. Come quella, ecc. Improv- lauro (sest. XXX, v. 27). Far nido. visamente (sua vila subito trascorse, Come gli uccelli fanno nido, cioè abiSOC. CCCXVI) come fosse sradicata dal tano, sugli alberi, cosi i pensieri del vento o dalla vanga. 3. Spoglie. I p. e i sospiri, rivolgendosi tutti a L., rami e le fronde, e qui metaforicamente eran come se in essa abitassero: io il il corpo di L. che andò sotterra. Frondi nido di penseri eletti Posi in quelo rami per indicare le membra di L. l'alma pianta (son. CCCXXXVII). usa spesso il p.: Non vide il mondo si 11. De' bei rami, ecc. Non riuscivano mai leggiadri rami (sest. CXLII, v. 7). a scuotere un momento la fermezza di 4. Sterpe. Radice, giacche le piante ab- L. 12. Translato. Trasportato, rapito. battute stanno colle radici al sole; e qui fuori di metafora vuol dire: la desolazione del cuore del p. 5. Un'altra. Intendi un'altra pianta, cioè la memoria della stessa L. Ch'Amor obiecto scelse, ecc. Cui Amore scelse in me come oggetto dei suoi pensieri e le muse come soggetto del loro canto. -7. Avvinse. Mi circondò, mi legò il cuore.- Felse. Se lo fece. 8. Serpe. Serpeggia. 9. Vivo lauro. L., mentre era ancor viva, era come un lauro animato; ed è la prima pianta di cui ha

In quel suo albergo fido, ecc. Nel cuore del p.; difatti cosi disse nel son. CCLV: allor ch'e' primi rami Verdeggiar che nel cor radici m'hanno. E che il cuore del p. fosse l'albergo di L. dice anche nel son. CCLXXXIV : Come donna in suo albergo altera vène. -13. Onde. A motivo delle quali. — 14. E ancor chi chiami, ecc. C'è ancora uno, che chiama L. e non c'è invece chi risponda, cioè L. non risponde perchè

morta.

CCCXIX

La vita del p. è passata in un momento. Cieco è colui che ama cose mondane; il p. amò L. che ora è ridotta cadavere. La anima di lei è sempre più bella nel cielo, ma il corpo va putrefacendosi sotterra.

I di miei, più leggier che nessun cervo,
Fuggir come ombra; e non vider più bene
Ch' un batter d' occhio e poche ore serene,
Ch' amare e dolci ne la mente servo.
Misero mondo, instabile e protervo!

Del tutto è cieco chi 'n te pon sua spene:
Che 'n te mi fu 'l cor tolto, ed or sel tène
Tal ch' è già terra e non giunge osso a nervo.
Ma la forma miglior, che vive ancora,

E vivrà sempre su ne l' alto cielo,
Di sue bellezze ogni or più m' innamora.
E vo, sol in pensar, cangiando il pelo,
Qual ella è oggi e 'n qual parte dimora,
Qual a vedere il suo leggiadro velo.

1. Più leggier, ecc. Ocior cervis..cura dice Orazio (Od. II, 16). —2. Com'ombra. Dies mei sicut umbra... (Psalm., CI, 12; cit. dal Ferr.) 3. E non vider più bene, ecc. La mia vita non ebbe (non vide) un bene, che durasse più di un batter d'occhio, e non vide che poche ore seene. 4. Amare e dolci. Amare perchè son passate, dolci per il piacere allora provato. 5. Protervo. Superbo, che tanto si vanta dei suoi beni. 6. 'n te, Nel mondo, cioè in L. quando era al mondo. 7. Hi fu 'I cor tolto. 11 p. disse più volte che il suo cuore lo abbandonò per andar a star con L. Vedi la nota al son. CCXLIX. Ed or sel tène. Il cuore del p. segui L. in sepoltura al cor già mio, che seguendo partissi Lei (son. CCCXIII). 8. E non

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giunge osso a nervo. Giunge vale unisce;
cioè le cui ossa non stanno più unite
coi nervi, il cui corpo è in completa
putrefazione. 9. La forma miglior.
L'anima, che secondo Aristotele e spe-
cie e forma; essa è migliore in con-
fronto della forma corporea. -12. Can-
giando il pelo. Diventando canuto dal
dolore e dal ribrezzo. 13. Qual. Di-
pende da sol in pensar; solo al pen-
sare in che stato è ridotta oggi.
qual parte dimora. Cioè: sotterra. - 14.
Qual a veder. ecc. Quale, in quali con-
dizioni, sia il corpo, che fu cosi bello
Il Castelv.: « quale diverrà il corpo di
L. ricongiunto coll'anima, cioè chiaro
e lucente; ma parmi capricciosa sot-
tigliezza di commentatore.

CCCXX

11 p. torna a Valchiusa, e tutto gli pare tristo e morto, e trova muto e freddo il luogo dove L. visse, dove egli avrebbe voluto vivere e morire sperando da lei ri compensa. Invece, finchè L. fu viva, egli arse; ora piange. Questo sonetto appare scritto dal p. quando ritornò ad Avignone nel 1351.

Sento l' aura mia antica, e i dolci colli
Veggio apparire, onde 'l bel lume nacque

1. L'aura mia antica. L'aria che egli sentiva, quando stava prima a Val chiusa e L. era viva; anche qui c'è il

solito bisticcio col nome. — 2. Onde l bel lume nacque. Non c'è qui contraddizione col son. CCLXXXVIII, dove dice

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