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Dov'è viva colei ch' altrui par morta,
E di sue belle spoglie

Seco sorride, e sol di te sospira,

E sua fama, che spira

In molte parti ancor per la tua lingua,
Prega che non estingua,

Anzi la voce al suo nome rischiari,

Se gli occhi suoi ti fur dolci nè cari ». - Fuggi'l sereno e 'l verde,

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Ella sen va sentendosi laudare Benignamente d'umiltà vestuta. 59. Vincavi pietate. Abbiate pietà grande di me. 60. Salita a tanta pace. E Dante: Ita n'è Beatrice in l'alto cielo Nel reame ove li angeli hanno pace (v. 46). -61. In guerra. In affanno. A soffrir l'aspra guerra (canz. CCLXIV, v. 111). — 62. Tal. Alcuni uniscono tal a guerra e intendono: in tale affanno che, ecc.; invece altri leggono: talche, sicché. Altri. Dio. Mi serra, ecc. Mi impedisce ancora per lungo tempo di andarle dietro, cioè fa che io viva ancora per lungo tempo.-64.Quel ch' Amor meco parla, ecc. Mi trattengono dall'uccidermi (ch'io recida il nodo che unisce l'anima al corpo) soltanto gli ammonimenti di Amore. Al suicidio aveva talvolta pensato il p. anche nel principio del suo amore; rileggasi il sonetto XXXVI: S'io credesse per morte essere scarco. - 66. Dentro di me. 68.Per soverchie voglie. Quando si vuole troppo, cioè quando il dolore di non avere una cosa o il desiderio di averla presto è soverchio. 69. Ove. Al quale. 70. Viva. Nell'eternità. Altrui. Al p. e a tutti gli uomini. - 71. Di sue belle spoglie seco sorride. Spoglia si può anche qui, come nel son. CCLXV (Avran di me poco onorata spoglia) prendere in due significati: o di spoglie trionfali, o di cadavere; e ne vengono, come li appunto, due sensi diversi: L. è lieta in cielo dei trionfi da lei riportati in terra contro le amorose passioni, ovvero: ride seco stessa del suo bel

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corpo che è rimasto morto in terra. In questo secondo caso, il ridere viene ge neralmente inteso come atto di sprezzo verso il corpo tanto amato dal p., benche noti il Card. che ciò non sembrerebbe convenire col desiderio del corpo che L. esprime nel son. CCCII: Te solo aspetto e, quel che tanto amasti E laggiuso è rimaso, il mio bel velo. Io, pure stando per la seconda interpretazione, avverto però che il sorridere non include necessaria mente l'idea di sprezzo, anzi talvolta an che quella di affetto, e può intendersi che L., pensando al suo bel corpo che essa attende, sorrida di letizia. Si noti infatti la antitesi evidente fra sorride e sospira, ed il valore di quel sol; l'uno e l'altro verbo, a mio giudizio, esprimono il desiderio e l'attesa di L.; ma, attendendo il suo corpo (bello è detto affettuosamente), che è certa di riavere un giorno, L. sorride, attendendo il p., della cui salvazione ella teme, sospira, ed è questa la sola cosa di cuí tema e sospiri. Quando invece volle esprimere l'idea di scherno, il poeta usò`ridere, ridersene: Ella sel ride (son. CCXLII). -73. E sua fama, ecc. Costr: E ti prega che tu non estingua sua fama, che ecc. Estingua per lasci estinguere. - Spira. Soffia, suona. 74. In molte parti del mondo. Per la tua lingua. Per i tuoi versi. 76. La voce. La fama. Rischiari. Faccia più chiara, più luminosa.

77. Nè. Per o. Cosi nella sest. LXXX: Come lume di notte in alcun porto Vide mai d'alto mar nave nè legno (v. 19).

78. ' sereno e 'l verde. I luoghi amení.

Non t' appressare ove sia riso o canto,
Canzon mia, no, ma pianto;

Non fa per te di star fra gente allegra,
Vedova sconsolata in vesta negra.

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79. Riso o canto. Persone che ridano o il p. poteva considerarsi come vedovo, cantino. 80. Ma pianto. Ma appressati e la sua canz. il lamento di un vedovo. dove si pianga. 82. Vedova. Poichè

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CCLXIX

Morto è il card. Gio. Colonna e morta è L.; morte ha tolto così al p. un doppio tesoro che non può venir risarcito. Ormai egli non farà che piangere; tale è l'umano destino. Il card. Gio. Colonna morì il 3 luglio 1348, vale a dire meno di tre mesi dopo di L. / gave comperet

Rotta è l'alta colonna e 'l verde lauro

Che facean ombra al mio stanco pensero;
Perduto ho quel che ritrovar non spero

Dal borrea a l' austro, e dal mar indo al mauro.
Tolto m' hai, morte, il mio doppio tesauro,

Che mi fea viver lieto e gire altero;

E ristorar nol po terra nè impero,
Ne gemma orïental, nè forza d'auro.
Ma, se consentimento è di destino,

Che posso io più se no aver l'alma trista,
Umidi gli occhi sempre e 'l viso chino?

O nostra vita, ch'è sì bella in vista,
Com' perde agevolmente in un mattino

Quel che 'n molti anni a gran pena s' acquista!

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1. Rotta. Si riferisce, per zeugma, a co- | dante; e fuori di metafora: davano lonna ed a lauro, sebbene del lauro non conforto e lena. 4. Dal borrea a l'ausia proprio dire che è rotto per dire stro, ecc. Da settentrione a mezzodi e che è morto. Colonna e lauro. Il so- da oriente ad occidente, vale a dire in lito bisticcio sulle parole, come nel so- nessuna parte della terra. 6. Viver netto CCLXIV: Un lauro verde, una lieto e gire altero. Il Castelv. spiega che gentil colonna. 2. Che facean ombra. viver lieto riguarda L. e gire altero Anche qui abbiamo uno zeugma, ed riguarda il Colonna; ma parmi che è meno improprio, giacchè anche la l'una e l'altra frase possano insieme colonna può far ombra. Prima il p., riferirsi a tutte due le persone. — 7. come ce ne assicura il Becc., aveva scrit- Ristorar. Risarcire.-Terra né impero.ecc. to: Ove [s'appoggia il mio st. p., ed ave- Possessioni o potenza o ricchezza. vamo anche in tal modo uno zeugma, 9. Ma se consentimento. Ma se questa è preso invece dall'idea della colonna la volontà del d. 10. Più. Altro. che serve di sostegno; ma il p. s'av- 11. Umidi gli occhi in antitesi a viver vide che il lauro mal poteva servire lieto; e 'l viso chino in antitesi a gire di sostegno e mutò. Facean ombra altero (Castelv.). 12. In vista. All'ap vuol dire porge van refrigerio, come fan parenza. - 13. In un mattino. In meno le piante o gli edifici allo stanco vian- d'un giorno.

CCLXX

1: Amore. se tu vuoi tornarmi a soggiogare, bisogna che tu faccia resuscitare L. 2: Resuscita i suoi occhi che io così ardentemente cercavo. 3: Resuscita il suo canto che mi rendea felice e mi inspirava ad alta poesia. 4: e lo sguardo e le parole con cui mi innamorò il primo giorno, e que' biondi capelli che mi legarono. 5: Dalla sua memoria non mi scioglierò mai; ma, poichè Morte ha rotto quel nodo, che mai

altro vuoi tentare Amore? 6. Tutte le belle doti di L. furono le tue armi; ora tu sei disarmato, ed io non ho più paura. 7: Degli altri amanti tu puoi far quel che vuoi ; di me non più, mentre io invoco L. Ogni tua forza, Amore, è caduta. 8: Morte mi ha disciolto, e la mia vita ormai è triste ma libera. - Di questa canzone conosciamo esattamente la data, perchè nel ms. vat. 3196 essa porta la nota: 1350, mercurii. 9: Junii post vesperos volui incipere, sed vocor ad cenam: proximo mane prosequi cepi. Da altre note autografe si rileva poi che fu trascritta in alia papiro nel 1351 da un certo Bastardino. L'importanza di questa canzone, che rispecchia un nuovo stato d'animo del p., si rileva in modo particolare, quando la si ponga in relazione col sonetto che segue, e dal quale chiaro apparisce che il p. dopo la morte di L. fu li lì per incappare in una nuova pania amorosa. La canzone e il sonetto occupano quindi nel canzoniere del P. un posto assai simile a quello che nella V. N. di Dante l'episodio della donna pietosa; ciò ripetuto poi, senza citare, dal Ferrari, era stato da me detto per primo nel mio opuscolo: Dell'ispirazione dantesca, pag. 35. Di questa nuova, ma fuggevole fase amorosa del P. abbiamo ricordo in due sonetti, che di lui ci rimangono tra le rime estravaganti, l'uno in risposta a Jacopo de Gavatori (?) da Imola, nel qual son. si legge : Ben volse quei che co' begli occhi aprilla Con altra chiave riprovar suo ingegno; Ma nova rete vecchio augel non prende, l'altro diretto ad Antonio de Beccari da Ferrara, che comincia: Antonio, cosa ha fatto la tua terra Ch'io non credea che mai possibil fosse, Ch'ella ha le chiavi del mio cor ismosse Ed aperta la via che ragion serra, e dal quale, come vedesi, facilmente si ricava che la donna fosse ferrarese; e in Italia, se non proprio a Ferrara, sappiamo che fu il p. dopo la morte di L. sino a metà giugno 1351. Anche il P. però, come Dante, fu tosto liberato da questa nascente simpatia per il solo ricordo della donna amata e della sua morte, e ciò vedremo nel son. seg.

1.

Amor, se vuo' ch' i' torni al giogo antico,

Come par che tu mostri, un' altra prova

Meravigliosa e nova,

Per domar me, conventi vincer pria.

Il mio amato tesoro in terra trova,

Che m' è nascosto, ond' io son sì mendico,
El cor saggio pudico,

Ove suol albergar la vita mia.

Es' egli è ver che tua potenzia sia

Nel ciel sì grande, come si ragiona,

E ne l'abisso (perchè qui fra noi
Quel che tu val e puoi,

Credo che 'l sente ogni gentil persona),
Ritogli a morte quel ch' ella n' ha tolto,
E ripon le tue insegne nel bel volto.

1. Al giogo antico. Al tuo giogo come una volta: Ed a me pose un dolce giogo al collo (son. CXCII). - 2. Un'altra prova. Altra perchè da aggiungersi alle infinite meravigliose prove di potenza date da Amore; ovvero meglio, perchè diversa da quella che Amore sembrava allora voler fare, insinuandogli nel cuore un'altra donna. - Nova. Mai fatta, mai veduta. Una dolcezza inusitata e nova (canz. LXXI, v. 78). — 5. In terra. Su questa terra. 6. Onde. Per la qual cosa. Mendico. Ridotto povero; ciò in relazione a tesoro. - 8. Suol. 11 Ferr. spiega soleva all'uso provenzale, per cui suole e soglio valgono spesso per il passato. Così il p. più innanzi: Facciamisi udir, si come suole (canz. CCLXX, v. 51), e Morte ha spento quel sol ch'abbagliar suolmi (son. CCCLXIII).

5

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Però potrebbe intendersi anche come
presente, che il p. vive ancora della
sola memoria di L. e il cuore suo è
tutto con lei: Madonna è morta ed
ha seco il mio core (canz. CCLXVIII,
v. 4). 9. S'egli è ver che, ecc. È con-
cetto di Pietro Ramondo Poderoto, poeta
provenzale, che cominciò una sua can-
zone su questo tenore: « Amor, se 'l
tuo poter è tale Si come ogn'uom ra-
giona (Ferr).
10. Nel ciel sì gran-
de, ecc. Come si ragiona qui vale: come
si narra nella mitologia; e quindi nel
ciel si riferisce alle storie amorose de-
gli dei superi (Giove. Marte, ecc.) e
nell'abisso a quelle degli dei inferi (Plu-
tone, Proserpina, ecc). 13. Gentil
persona. Persona che possa provare
amore: Amore e 'l cor gentil sono
una cosa (Dante, V. N., son. X).-15. Le

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3.

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Qual io il dolce costume,

Onde ho già molto amaro e più n' attendo,

Se ben me stesso e mia vaghezza intendo,
Che mi fa vaneggiar sol del pensero
E gire in parte ove la strada manca,
E co la mente stanca

Cosa seguir che mai giugner non spero.
Or al tuo richiamar venir non degno,
Ché segnoria non hai fuor del tuo regno.
Fammi sentir de quell' aura gentile

Di fòr, sì come dentro ancor si sente,
La qual era possente,

Cantando, d'acquetar gli sdegni e l' ire,
Di serenar la tempestosa mente,

E sgombrar d'ogni nebbia oscura e vile,
Ed alzava il mio stile

---

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tue insegne. Le tue impronte, ovvero le vane. - - 26. In parte ove la strada manca. insegne guerresche del tuo valore che Mi trascina donde non c'è più via di sono le bellezze di L. Vedi la nota al uscita. 28. Giugner. Ottenere.-29. Or. madr. LIV. Riponi, ecc. Qui spiega Perciò. Richiamar. Amore, vedendo appunto quali sono queste insegne d'a- che il p., col continuare ad amar L. more. I vivo lume degli occhi di morta, si mette ormai in una via senza L. Cosi nel son. CLIV: Le stelle il cielo uscita, cerca di farlo tornar indietro, e gli elementi a prova Tutte lor arti consigliandogli di amare una donna ed ogni estrema cura Poser nel vivo viva. 30. Fuor del tuo regno. Il p. ė, lume, ecc. Il Castelv., seguito dal per così dire, nel regno della morte. Ferr., spiega con una goffaggine: « La Cosi intendo io; non come il Castelv. lucidezza del volto di L. » 17. La che « il regno d'amore tanto si stensoave fiamma. Ugualmente il Castelv. deva quanto si stendevano le bellezze e il Ferr. intendono la rossezza delle di L. ». 31. Fammi sentir. Appunto guancie»; ma deve invece intendersi poichè disse che Amore non ha potenza dell'ardore degli occhi: quando agliar-nel regno dei morti, lo sfida ironicadenti rai neve divegno (canz. LXXI, mente a resuscitare L.-De quell'au. Un v. 24); ch'i' non mi sfaccia si frale poco di quell'aura. Aura, qui è il fiato obietto a si possente foro (degli occhi di L. che canta, cioè la voce. Cosi nel di L.; ibid. v. 31). — 19. Ardendo. Quando son. CIX: L'aura soave che dal chiaro ardeva. 22. 11 dolce costume. Non« il viso Muove col suon de le parole. dolce costume di L. cioè le sue dolci 32. Di for. Alle orecchie. Dentro. Nel maniere », ma la dolce abitudine del p. cuore mio, nel mio ricordo. 34. Gli di amare L. Piacer mi tira, usanza sdegni e l'ire di ogni persona. Così nel mi trasporta (son. CCXI). Altrove la son. CCLXVII: Oimè il parlar ch'ogni disse invece: l'usanza sia (son. LXXXI). aspro ingegno e fero Facevi umile. pensando appunto all'amaro, cui si 35. Diserenar. Di fare serena l'anima agiaccenna qui. 23. Molto amaro. Molti tata. Nelson CIX cit. dice appunto : Per dolori, amarezze. Più n'attendo. far dolce sereno ovunque spira. - 36. Perché, morta L., l'amor suo gli dà Sgombrar d'ogni nebbia, ecc. Come l'aria più grave affanno, come sta appunto caccia la nebbia, così il canto di L. ora per dire. 23. Mia vaghezza. Il cacciava l'ignoranza e la viltà che anmio desiderio, la mia passione. 25. nebbiano l'anima altrui. Nel SOChe mi fa vaneggiar, ecc. Che anche netto CCLXVII seguita: ed ogni uom co! solo pensiero (poichè ormai altro vil gagliardo.-37. Alzava il mio stile, ecc. non mi resta) mi fa andar dietro a cose Faceva il mio stile poetico superare

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Sovra di sé, dove or non porria gire;

Agguaglia la speranza col desire;

E poi che l' alma è in sua ragion più forte,

Rendi agli occhi, agli orecchi il proprio obgetto, Senza qual imperfetto

E lor oprare e 'l mio vivere è morte.

Indarno or sovra me tua forza adopre,
Mentre 'l mio primo amor terra ricopre.

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Fa ch' io riveggia il bel guardo, ch'un sole

Fu sopra 'l ghiaccio ond' io solea gir carco;
Fa chi' ti trovi al varco,

Onde senza tornar passò 'l mio core;
Prendi i dorati strali e prendi l'arco,
E facciamisi udir, sì come sòle,
Col suon de le parole

Ne le quali io imparai che cosa è amore;
Movi la lingua, ov' erano a tutt' ore
Disposti gli ami ov' io fui preso e l' esca
Ch'i' bramo sempre; e i tuoi lacci nascondi
Fra i capei crespi e biondi,

Ché 'l mio volere altrove non s'invesca;
Spargi co le tue man le chiome al vento,
Ivi mi lega,...... e puommi far contento.

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se stesso, come ora più esso non potrebbe fare. 39. Agguaglia la speranza, ecc. Fa che la speranza di vedere L. viva sia uguale al desiderio che ne provo. 40. Poi che l'alma è in sua ragion, ecc. Poichè l'anima ha un diritto più forte dei sensi, è più forte ad esercitare il proprio diritto (la Morte in sua ragion si rea; Trionfi, c. V, v. 126), fa chei sensi seguano lei, cioè fa che essi vedano e odano L. come l'anima vuole. 42. Senza qual imperfetto, ecc. Senza il qual oggetto, cioè senza L., essi ne vedono ne odono perfettamente. - 43. È morte. È simile alla morte. - 45. Mentre il mio primo. ecc. Fintanto che la terra copre L. mio primo amore. 46. Un sole Fu sopra 1 ghiaccio, ecc. Il p., come dice nei primi sonetti e nella canz. XXIII, non avea veramente amato nessuna donna prima di L., e può quindi dire che avea il cuore coperto di ghiaccio; ma lo sguardo di lei fece su quel ghiaccio l'effetto del sole che tosto lo scioglie. 48. Al varco onde, ecc. Negli occhi di L. per i quali il mio cuore, rapito dalla loro vista, passò a stare in L., donde non è tornato poi mai », Leop.. 50. Dorati strali. Gli strali d'oro. quelli che fanno innamorare; mentre gli strali di piombo fanno odiare; cosi nella canz. CCVI :

Amor l'aurate sue quadrella Spenda in me tutte e l'impiombate in lei (v. 10).

51. Facciamisi udir, ecc. L'arco vibra e vibrando risuona, e il p. dice che il risuonare dell'arco e fatto dal suono delle parole di L., che lo innamorarono.

Sole. Anche qui nel senso di passato; soleva quando L. era viva. 54. Movi la lingua. Fa parlare la lingua. — A tutt'ore. Continuamente. 55. Disposti gli ami. . . . e l'esca. Nelle parole di L. si trovavano le sue maggiori seduzioni. E brutta però quest'idea degli ami e dell'esca sulla lingua. Nel son. CCXII: In tale stella presi l'esca e l'amo, per dire: mi innamorai. - 56. ! I lacci. Anche questi indicano la sedu zione amorosa dei capelli. Nel son.LIX; Tra le chiome de l'or nascose il laccio, Al qual mi strinse, Amore. 58. Chè il mio volere, ecc. Poichè il mio libero arbitrio non si lascia prendere da altre seduzioni, cioè da capelli di altra donna.. -Invesca trovammo tante volte per rimaner preso al vischio. 59. Spargi co le tue man. ecc. L. da giovinetta portava i capelli sciolti al vento; così dice il p. nel son. CXCV1: le chiome.... Allora sciolte e sovra ór terso bionde Le quali ella [l'aura] spar gea si dolcemente. 60. Mi lega. Col laccio de le chiome, come disse nei

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