網頁圖片
PDF
ePub 版

uno verbo pro « ripensando

«

« rimembrando quia sic et ego dicam et alii jam et ita esse putabam. Il son. gli fu dunque inspirato dal verso di Arnaldo, che è il 40. della canz. Amors et jois e liocs e tems e che significa: Amando pregando si ammansa un cuore superbo.

Aspro core e selvaggio e cruda voglia
In dolce, umile, angelica figura,
Se l'impreso rigor gran tempo dura,
Avran di me poco onorata spoglia:

Ché, quando nasce e mor fior, erbe e foglia,

Quando è 'l dì chiaro e quando è notte oscura,
Piango ad ogni or. Ben ho di mia ventura,
Di madonna e d'Amore onde mi doglia.

Vivo sol di speranza, rimembrando
Che poco umor già per continua prova
Consumar vidi marmi e pietre salde.
Non è sì duro cor che lagrimando,

Pregando, amando, talor non si smova,
Ne si freddo voler che non si scalde.

1. Aspro core, ecc. Sottint. Un. Aspro e selvaggio valgono crudele in amore. 3. Impreso. Cominciato. 4. Avran di me, ecc. Otterranno sopra di me un trionfo poco onorato, io sarò per loro una spoglia trionfale poco onorata; si può anche intender spoglia per cadavere; cioè: mi uccideranno con lor poco onore; il senso formale è diverso, ma in fondo torna lo stesso. 5. Quando nasce e mor,

4

8

11

14

[blocks in formation]

CCLXVI

[ocr errors]

La

Scrive al card. Gio. Colonna dall'Italia: il suo desiderio sarebbe di tornar a rivedere il cardinale e L.; non potendo, sospira dì e notte. Questi due affetti sono i vincoli che legano la sua anima, uno da quindici, l' altro da diciotto anni. data di questo sonetto è facilmente trovata: poichè il p. conobbe L. nel '27 e i Colonna nel '30, dall'ultimo terzetto si desume che il p. scriveva nel 1345.

Signor mio caro, ogni pensier mi tira
Devoto a veder voi, cui sempre veggio;
La mia fortuna (or che mi po far peggio?)
Mi tène a freno e mi travolve e gira,
Poi quel dolce desio ch' Amor mi spira
Menami a morte, ch'i' non me n' avveggio;
E mentre i miei duo lumi indarno cheggio,
Dovunque io son dì e notte si sospira.

[merged small][merged small][ocr errors]

4

8

[blocks in formation]

Carità di signore, amor di donna

Son le catene ove con molti affanni
Legato son, perch' io stesso mi strinsi;
Un lauro verde, una gentil colonna,

Quindeci l'una, e l'altro diciotto anni
Portato ho in seno, e già mai non mi scinsi.

sospira. Si ode sospirare; io sospiro. |
9. Carità. Alla latina, per affetto, in
contrapposto ad amore di donna.
10. Con molti affanni. Per il dover essere
sovente lontano anche dal cardin.

[ocr errors][merged small][merged small][merged small]

12. Un lauro verde. L. giovine.
gentil colonna. Il cardin.- 14. In seno.
Non mi scinsi. Non mi sle-
gai dalle due catene sopradette.

In cuore.

CCLXVII

Oimè, bellezze e doti somme di L., io devo ardere e respirare per voi; nessun dolore maggiore io provo che d'avervi perdute; voi m'empieste di speranza e di desiderio quando l'ultima volta vi lasciai, ma le furono vane parole. Questo sonetto rivela l'agitazione dei primi momenti del dolore e fu quindi assai probabilmente scritto nel maggio 1318, quando il p., apprese la morte della sua cara (v. Introduzione).

Oimè il bel viso, oimè il soave sguardo,
Oimè il leggiadro portamento altero,

Oimè il parlar, ch' ogni aspro ingegno e fero
Facevi umile ed ogni uom vil gagliardo!
Ed oimè il dolce riso, onde uscío 'l dardo
Di che morte, altro bene omai non spero!
Alma real, dignissima d'impero.

Se non fossi fra noi scesa si tardo!
Per voi conven ch' io arda e 'n voi respire;
Ch'i' pur fui vostro; e se di voi son privo,
Via men d' ogni sventura altra mi dole.

Di speranza m'empieste e di desire

Quand' io parti' dal sommo piacer vivo:
Ma 'l vento ne portava le parole.

4

11

14

1. Oimè il bel viso. Non sottintenderei | e gli imperatori venivano scelti per le nè s'è dipartito nè altro verbo come taluni vogliono. Nell'acerbo sfogo del dolore sogliamo tutti cosi gridare in semplice forma interiettiva. 2. Altero. Nobile, dignitoso.-3. Ch'ogni aspro ingegno, ecc. Aspro qui vale rozzo e ingegno vuol dire animo, non intelletto; cosi nel son. CCLIX: per fuggir questi ingegni sordi e loschi. Della facoltà di L. di mutare l'animo di chi le parlava, disse altrove più volte il p.; e disse cosi di Beatr. anche Dante: qual soffrisse di starla a vedere Diverria nobil cosa o si morria (V. N., canz. 1, v. 51). 4. Umile. Dolce, gentile. 5. ' dardo amoroso, che feri il p.: dal qual amore ormai egli, poiché L. è morta, non può sperar altro se non di morire.-7. Real Regale. Real natura (son. CCXXXVIII). Dignissima d'impero, ecc. L. per le sue doti sarebbe stata degna veramente d'esser regina, se fosse nata quando i re

[ocr errors]
[ocr errors]

loro doti, ovvero quando la virtù era ben più stimata che ora. 9. Conven. È conveniente, è giusto. Arda. Continui ad amarvi ardentemente. E 'n voi respire. E quasi non respiri che fra voi. - 10. Pur. Si unisce a vostro soltanto vostro. - Se. Vale ora che, poiche. 11. Via men d'ogni sv. ecc. D'ogni altra sventura mi duole assai meno; cioè a dire: di ciò mi duole assai più che di qualunque a. sv. (Leop.). 12. Di speranza m' empieste e di desire. Nell'ultimo congedo L. gli si mostrò benigna anzi affettuosa, come chiaro apparisce anche dal son. CCL (v. ivi la nota); ond' egli potè sperare di veni da lei corrisposto e senti riaccendersi il suo desiderio. 13. Dal sommo piacer vivo. Da L., che, viva, era la somma gioia del p. - 14. Le parole. Le parole di L., le sue promesse furono disperse dal vento.

CCLXVIII

rimane

1: Poichè L. è morta e il p. ormai non può più vederla nè gustare altra gioia, meglio gli è morire. 2: Anche Amore è con lui addolorato e tutto il mondo dovrebbe piangere. 3: Non il mondo ma il cielo era degno d'averla; al p. non che piangerla. 4: Il suo corpo è in terra, l'anima è in paradiso, dove attende di rivestire un giorno le belle sue membra. 5: La memoria della sua bellezza ed il nome di L. sostengono la vita del p.; ma ciò ch' egli diviene. ricordandosi d'averla perduta, Amore e L. sanno. 5: Donne, voi che la vedeste così bella, abbiate pietà del p.; egli si ucciderebbe, se Amore così non gli parlasse. 6: « Frena il dolore, se vuoi salire al cielo, dove ella ti attende e da dove ella ti prega di rendere ancor maggiore la sua fama coi tuoi versi. »7: Canzone, fuggi ogni riso e ogni diletto e cerca solo il pianto. Nel ms. vat. 3196 è di questa canz. un principio diverso, riferito anche dal Dan. e dal Becc. e inscrittovi sopra Non videtur satis triste principium: « Amore in pianto ogni mio riso è volto, Ogni allegrezza in doglia Ed è oscurato il sole agli occhi miei. Ogni dolce pensier dal cor m'è tolto E sola ivi una voglia Rimasa m'è di finir gli anni rei E di seguir colei La qual omai di qua veder non spero ». E vi sono poi dell'intiera canz. due copie differenti, le quali fan meravigliare della cura e del lavoro che il p. metteva anche nei versi che meglio paiono prorompere spontanei dall'animo; la copia che apparisce precedere in tempo ed esser come una prima bozza, ha questa nota sopra: Transcrip. Non in ordine sed in alia papiro. 1349 Novembr. 28 mane; la seconda, che è trascrizione posteriore con emendazioni e varianti, ha sopra: Transcrip. In ordine aliquod mutatis 1356. Veneris j Novembr. in Vesperis. 1349 novembris 28 inter primam et tertiam. Videtur nunc animus ad haec expedienda pronus propter sonitia (sonetti; somnia erroneamente il Dan. e il ms. Casan.) de morte Sennucj et de aurora,quae his diebus dixi, et erexerunt animum (ipsi ms. cas.) (Card.). Come si ricava da queste note, la prima redazione della canzone era già pronta il 28 novembre 1349 quando il Petr. la ricopiava in un altro foglio; la canzone dunque deve essere stata composta poco dopo la morte di L., tra la fine del 1348 e il principio del 1349, come suppone il Cochin. In questo componimento è evidentissima l'inspirazione dalla canzone III della V. N. di Dante che pure è la prima composta in morte di Beatrice: il confronto delle due canzoni fu da me fatto, sin dal 1894, nel mio opusc. Dell'ispiraz. dantesca, ecc. (pagg. 30 sgg), e dei risultati di esso si servi evidentemente il Card. nel suo commento. Ciò a norma del lettore per quanto riguarda la paternità delle varie citazioni.

1.

Che debb' io far? che mi consigli, Amore?

Tempo è ben di morire;

Ed ho tardato più ch' i' non vorrei.

Madonna è morta ed ha seco il mio core;
E volendol seguire,

Interromper conven quest' anni rei,
Perchè mai veder lei

Di qua non spero, e l'aspettar m'è noia.
Posci ch' ogni mia gioia,

Per lo suo dipartire, in pianto è volta,
Ogni dolcezza de mia vita è tolta.

3 Ho tardato più ch'i' non vorrei. Non credo che il p. alluda qui al desiderio già espresso, essendo viva L., di morire prima di lei (son. CCXLVI); ma che egli voglia dire essere già passati alcuni mesi dalla morte di L. mentre egli avrebbe voluto morir subito. 4. Ha secol mio core. Il cuore del p. era sem-| pre stato con L., come vedemmo da

-

[blocks in formation]

più luoghi: lasciai grave e pensosa Ma donna e' l mio cor seco (son. CCXLIX). V. ivi nota. 5. Volendol seguire. Se io voglio andar dove è il mio cuore. 6. Anni rei. Vita triste. 8. Di qua Sulla terra. Noia. Affanno, cruccio. Cosi Dante: Perchè ritorni a tanta noia? (Inf. I, 76). · 9. Posci. Il Salvo-Cozzo leg ge, per errore, poscia.-11. De. Dalla.

[blocks in formation]

12.Ond io teco mi doglio. Perciò io sfogo con te il mio dolore. E Dante nella canz. cit. (v. 13)... n'é gita in ciel subitamente E ha lasciato Amor meco dolente. 13. Quant'è. Dipende da senti. - Damno. Perdita. 15. Del nostro. Fu male del p. ed anche d'Amore. Ad uno scoglio Avem, ecc. Tutti due abbiamo naufragato almedesimo scoglio, cioè siamo stati rovinati dalla medesima causa, dalla morte di L. 17. In un punto. A tutti due nel medesimo momento. - N'è scurato il sole. L. fu sempre detta un sole, il sole, dal p.; quindi dagli occhi d'Amore e del p., morendo L., scomparve il sole. 18. Qual ingegno a parole, ecc. Ugualmente disse Dante: E quale è stata la mia vita, poscia Che la mia donna ando nel secol novo, Lingua no è che dicer lo sapesse (v. 91). 19. Agguagliare. Esprimere intieramente. 20. Orbo mondo ingr. Che non vede, che non apprezza la virtù e che a Dio di nulla è grato e che quindi non s'accorge nemmeno della morte di L. Cosi: nel son CCXLVIII: al mondo cieco che vertù non cura, e nel son. CCCXXXVIII: Non la conobbe il mondo, mentre l'ebbe; cosi anche nella canz. CCCXXV: Chiaro mostrando al mondo sordo e cieco

|

[ocr errors]

--

30

35

Quanto lume del ciel fosse già seco (v. 89). -21. Hai. Avresti.- Dever. Il Salvo-Cozzo legge, per errore, dover. — - 22. Quel bel ch'era in te. Tutto ciò di bello che era nel mondo - Seco. Perdendo L.-23. Caduta è la tua gloria. È scomparso il tuo vanto maggiore. No vedi. Prima gli ha detto orbo. 25. D'aver sua conoscenza. Di conoscerne le doti. - 28. Devea 'I ciel adornar. ecc. Cosi Dante: Lo cielo, che non ha altro difetto che d'aver lei, al suo Segnor la chiede (V. N., canz. 1, v. 35). 31. La richiamo. La vado chiamando disperato perche ritorni. 32. Questo m'avanza, ecc. Di tante mie speranze mi resta questo solo conforto di chiamarla. 33. Qui. Sulla terra. 34. Terra è fatto. È divenuto polvere, terra. Cosi nella canz. CXXVI: Terra in fra le pietre vedendo (v. 34). -35. Che solea far del cielo, ecc. Che era una prova vivente dell'esistenza del paradiso e della felicità che ci si gode. Cosi nel son. CCXLIII: fa qui de' celesti spirti fede. 37. L'invisibil s. f. L'anima sua. Secondo la dottrina aristotelica, accettata da s. Tomaso, l'anima è specie e forma. Perciò disse Dante: Dice che l'alma alla sua stella riede, Credendo quella quindi esser de

[blocks in formation]

Tanto più la vedrem quanto più vale
Sempiterna bellezza che mortale.

[merged small][merged small][merged small][ocr errors]

Più che mai bella e più leggiadra donna
Tornami innanzi, come

Là dove più gradir sua vista sente.
Questa è del viver mio l' una colonna,
L'altra è 'l suo chiaro nome,

Che sona nel mio cor sì dolcemente;
Ma, tornandomi a mente

Che pur morta è la mia speranza, viva
Allor ch' ella fioriva,

Sa ben Amor qual io divento, e (spero)
Vedel colei ch'è or sì presso al vero.
Donne, voi che miraste sua beltate
E l'angelica vita

Con quel celeste portamento in terra,

cisa, Quando natura per forma la diede (Parad. IV, 52); e per ciò disse il Petr. Non era l'andar suo cosa mortale Ma d'angelica forma (son. XC). Dante poi avea espresso già lo stesso concetto del Petr. (canz. cit. v. 60): Parti si de la sua bella persona Piena di grazia l'anima gentile Ed è si gloriosa in loco degno. 38. Velo. Corpo; dicesi velo perchè impedisce all'anima di vedere la verità. Nel son. LXXVII: qui tra noi Ove le membra fanno a l'alma velo; e nella canz. CCLXIV. Nè posso il giorno che la vita serra Antiveder per lo corporeo velo (v. 113). 39. Al fior degli anni suoi. Alla sua età del massimo fiore, essendo L. morta in piena maturità. Questa frase fu ripetuta dal Leop.: E non redevi il fior degli anni tuoi nella canz. A Silvia, che ha con questa talune altre concordanze. -41. Un'altra volta. 11 dl del giudizio. 42. Quando alma e bella, ecc. Costr.: Quando la vedremo farsi tanto più alma (nobile, pura) e bella, quanto più, ecc. - 45. Più che mai bella, ecc. L. gli torna innanzi al pensiero più bella che mai, poichè essa capisce che là, cioè nel pensiero del p., la sua immagine (vista) è più gradita che in qualunque altro luogo. 48. Questa. Il comparirgli di L. dinanzi al pensiero. - Colonna. Sostentamento; come nel son. CCII: pietá con amor mista, Per sostegno di me, doppia colonna, Porsi. 49. L'altra colonna, cioè l'altro conforto. - 'l suo chiaro nome. 11 MOSCHETTI. Petrarca.

45

50

55

suo nome famoso; ha già detto testé che unico suo conforto è di chiamarla. 51. Tornandomi a m. Quando mi torna in mente, cioè mi riscuoto dall'estasi che provo vedendola e chiamandola, e mi ricordo. -52. Viva Allor, ecc. La quale speranza, d'essere ricambiato d'amore, era pur sempre viva quando viva era L. Dice fioriva relativamente al for degli anni suoi di più sopra. - 54. Qual io divento. In quale stato, entro me, mi riduco. Cosi Dante: Ma qual ch'io sia la mia donna il si vede (canz. cit. v. 69). 55. Al vero. Alla verità eterna, a Dio; e quindi vede tutto. -56. Donne, ecc. Il p. si rivolge alle amiche di L. con cui più volte parlò nei suoi versi, come vedemmo; cosi Dante indirizza la sua canz. alle donne gentili con cui altre volte ha parlato (v. 38). 57. E l'angelica vita. Gli angelici costumi. Nella canzone CXXXV: questa fera angelica innocente (v. 45). 58. Celeste portamento in terra. Non intenderei portamento per costumi, come vuole il Gesualdo, essendo questi già compresi ne l'angelica vita; ma per il modo di atteggiarsi e di camminare di L. il quale rispecchiava la bellezza dell' anima sua. Questo portamento fu decantato più volte dal p.:Oimè il leggiadro portamento altero! (son. CCLXVII); Si forte mi rimembra Del portamento umile (canz. CXXVII. v. 42). Il portamento della donna amata era motivo di alta ammirazione agli an. tichi poeti, e Dante disse di Beatr.:

20

« 上一頁繼續 »