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Nel qual provo dolcezze tante e tali

Ch' Amor per forza a lui mi riconduce;
Poi si m' abbaglia che 'l fuggir m'è tardo.
I' chiedrei a scampar non arme, anzi ali;
Ma perir mi dà 'l ciel per questa luce,
Ché da lunge mi struggo e da presso ardo.

tante volte ormai da lui detta sole. 9. Provo. L'autogr. ha per errore del p. prevo. — 11. M'abbaglia. Con la sua bellezza. Nel son. CVII: gli amorosi rai... M'abbaglian più che 'l primo giorno assai-M'è tardo. Non vedo l'ora di fuggire. Cosi Dante l'ubbidir, se gid fosse, m'è tardi (Inf., II., 80). 12. Scarapar. Ha qui il duplice senso di fuggire e di

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salvarsi al primo si riferiscono le ali, al secondo le armi. Cioè egli non vorrebbe resistere colle armi della ragione all'amore, ma fuggire di volo. 13. Mi dà. Mi destina. Per questa luce. In relazione ad abbaglia di sopra; cioè per questa bellezza. 14. Mi struggo. Sottint. di vederla.

CXCV

Pur invecchiando, il p. non può cessare dall' amar L.; nè egli sarà libero dei suoi affanni, se prima non muoia, o L. non lo riami.

Di di in dì vo cangiando il viso e 'l pelo,
Nė però smorso i dolce inescati ami,
Nè sbranco i verdi ed invescati rami
De l'arbor che nè sol cura nè gielo.
Senz' acqua il mare e senza stelle il cielo

Fia innanzi ch'io non sempre tema e brami
La sua bell'ombra, e ch'i' non odi' ed ami
L'alta piaga amorosa che mal celo.
Non spero del mio affanno aver mai posa
Infin ch'i' mi disosso e snervo e spolpo,
O la nemica mia pietà n'avesse.

1. Cangiando il viso e il pelo per le rughe e per la canizie. Il Castelv. intende che il viso impallidisca per la vecchiaia: Movesi il vecchierel canuto e bianco. (son. XVI). 2. Smorso. Non può intendersi togliere il morso, come vogliono i più; e ciò per due ragioni, che la metafora mal s addirebbe ad ami e che, parlando dei rami, nel vers seguente si dice sbrancare cioè aprire le mani che li abbrancano. Cosi qui smorsare deve, per simmetria di pensiero, significare; aprir la bocca che morde gli ami. Smorsare dunque è il contrario di mordere. - Dolce inescati. Provveduti di dolce esca. -Ami sono le lusinghe con cui L. esercitava la sua seduzione sul p. 3. Sbranco. Contrario di abbranco. Invescati cami. I rami del lauro, coperti di vischio; cosi nel sonetto XXXIV: l'onorata e sacra fronde,

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Ove tu prima e poi fu' invescat' io. I rami invischiati sono una metafora che ripete lo stesso concetto degli ami. 4. Cura. Teme. Il lauro non teme nė sole nè gelo, perchè è sempre verde.

5. Senz' acqua, ecc. Cose impossibili ad avverarsi. 6. Non sempre tema e brami. Non tema sempre e non brami sempre la bell'ombra di L. Il p. disse già infinite volte ed anche nel son. prec. che egli lontano desidera di veder L., vicino di fuggirla. - 7. Ombra del lauro; non è l'imagine di L., come intende il Ferr., ma la sua vicinanza. Cosi dirà nel són. CXCVII: L'ombra sua sola fa'l mio core un ghiaccio. 8. Alta. Profonda. 10. Mi disosso. Disossare è togliere le ossa dal corpo, quindi disossarsi, vale morire; così snervo e spolpo. 11. La nemica mia. L, sua nemica perchè non lo ama. Cosi in più

Esser po in prima ogni impossibil cosa,

Ch' altri che morte od ella sani 'l colpo
Ch' Amor co' suoi belli occhi al cor m'impresse.

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fera donna che con gli occhi suoi... Fe' la piaga onde, Amor, teco non tacqui Che con quell'arme risaldarla puoi.

luoghi; Era ben forte la nemica mia | son. CLXXIV
(son. LXXXVIII). N'avesse. Modo otta-
tivo; ne vuol dire del mio affanno.
13. Ella. Sottint. coll'amarmi. Sani'l
colpo, ecc. Ugual concetto espresse nel

CXCVI

Vedi per questo e per i due

L'aria primaverile gli fa ricordare del suo innamoramento, e come la sua donna era allora, e come sia potente l'amore che lo lega. sonetti seguenti la nota al sonetto CXCIV.

L'aura serena che, fra verdi fronde
Mormorando, a ferir nel volto viemme,
Fammi risovvenir quand' Amor diemme
Le prime piaghe sì dolci profonde;
E' bel viso veder, ch' altri m' asconde,
Che sdegno o gelosia celato tiemme;

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E le chiome, or avvolte in perle e 'n gemme,
Allora sciolte e sovra òr terso bionde,

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Le quali ella spargea si dolcemente
E raccogliea con sì leggiadri modi
Che, ripensando, ancor trema la mente.

1. Fra verdi fronde. Siamo dunque di primavera.-4. Le prime piaghe, ecc. La pri ma ferita amorosa, l'alta piaga amorosa del son prec. 5. Veder. Sottint. fammi, e vale immaginare alla vista. Altri. L. Ugualmente nel son, CCIII; Lasso, ch'i' ardo, ed altri non me! crede. 6. Sdegno o gelosia. Sdegno di L. o invidia di lei perché il p. sarebbe troppo felice; cosi intende bene il Leop. e si tratta forse di una invidia simile a quella di cui parla alla fine del son. CXXX. Altri intendono : gelosia del marito, altri: gelosia in L. del proprio onore, cioè riservatezza. - 7. Avvolte in perle, ecc. I più credono giustamente che la cuffia, che L. portava come donna maritata, fosse riccamente guarnita di perle e di gemme. Osservo però non esserci dubio che L., quando adottò l'uso delle treccie, tenne queste pendenti dal capo sulle spalle, giacche ciò è confermato in più luoghi, come ad es., nella canz. CXXVII, v. 77: le bionde treccie sopra il collo sciolte, e

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nei sonetti CLXXXV e CXCVIII. E ben si capisce che, anche tenendo pendenti le treccie, poteva L. porre sul capo la cuffietta; nel quale caso avvolte dovrebbe intendersi per coperte e riferirsi soltanto a quella parte dei capelli che rimanevano aderenti al capo. Ma più verisimilmente L., che giovinetta tenne i capelli tutti sciolti e più tardi li riuni in treccie, poi, divenuta donna matura, attorse queste intorno al capo e le ricoperse colla cuffia o reticella ricamata d'oro e ingemmata. A questa reticella allude il p. anche altrove: Le chiome accolte in oro e sparse al vento (Tr. II, 136). - 9. Ella spargea... e raccogliea. L'aura è il sogg; il concetto è lo stesso che nel son XC; Erano i capei d'oro a l'aura sparsi, Che 'n mille dolci nodi gli avvolgea. Ripensando. Usato in forma neutra: al ripensar ciò, Ancor trema la mente. La mente vale la memoria. Cosi Dante: la mente di sudore ancor mi bagna (Inf., III, 172). Trema di commozione

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Torsele il tempo poi in più saldi nodi,
E strinse 'l cor d' un laccio sì possente
Che morte sola fia ch' indi lo snodi.

Sile allo spavento: Quante volte | diss' io Allor pien di spavento (canzone CXXVI, v. 53).— 12. Torsele il tempo, ecc. Col crescere dell'età i capelli furono, come dicemmo, attorti in treccie. In più saldi nodi. Come appunto dice nel son. XC testè citato anche l'aria avvolgea ad ora ad ora i capelli di L.

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quando erano sciolti; ma i nodi delle treccie son ben più saldi di quelli.

13. Strinse 'I cor. Quelle treccie formavano come un laccio al cuore del p. Cosi disse nel son. CCLIII: 0 chiome bionde, di che 'l cor m'annoda Amor e così preso il mena a morte. — 14. Indi. Da quel laccio.

CXCVII

L'aria, movendo i capelli di L., lo tiene incatenato a mirarli; ma la vicinanza di lei lo spaventa e gli occhi lo fanno impietrire.

L'aura celeste, che 'n quel verde lauro
Spira ov' Amor ferì nel fianco Apollo,
Ed a me pose un dolce giogo al collo,
Tal che mia libertà tardi restauro,

Po quello in me che nel gran vecchio mauro
Medusa, quando in selce transformollo;
Ne posso dal bel nodo omai dar crollo,

La ve il sol perde, non pur l'ambra o l'auro:
Dico le chiome bionde e 'l crespo laccio,
Che si soavemente lega e stringe
L'alma, che d'umiltate e non d'altr' armo.
L'ombra sua sola fa 'l mio cor un ghiaccio,
E di bianca paura il viso tinge;

Ma li occhi hanno vertù di farne un marmo.

1. In quel verde lauro. Nella parte verde del lauro, nella chioma dell'albero, cioè nei capelli di L. 2. Ov' amor feri. Sul quale lauro stando, Amore feri Apollo quando lo fece innamorare di Dafne. 4. Tardi restauro. Ricupero ormai troppo tardi, cioè non posso più ricuperarla. In ugual senso è usato tardo nel verso; Misero me, che tardo il mio mal seppi del son. LXXXIX. 5. Po quello in me. Ha sopra di me la stessa potenza. Nel gran vecchio mauro. Atlante, re di Mauritania, fu da Medusa trasformato nel monte che ne porta il nome. 7. Dal bel nodo. Dal nodo dei capelli, dal laccio ricordato nel son. prec. Dar crollo. Neppure dare un crollo, quindi meno ancora liberarmi. Cosi Dante: Che non potea

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con esse (serpi) dare un crollo (Inf., XXV, v. 9). 8. Lá ve il sol prende, ecc. Da quel nodo di capelli, al confronto del quale non solo l'ambra o l'oro, ma perfino il sole ne scapita. Perde è usato talvolta dal p in questo senso: Leda Avria ben detto che sua figlia perde (canzone CXXIX, v. 44). 9. Crespo. Erano crespi i capelli di L. Così: Tessen do un cerchio all' oro terso e crespo (son. CLX). 11. L'alma mia. 12 L'ombra sua. Alcuni intendono: la figura sua veduta di lontano; meglio: la sua vicinanza, giacchè il p. ha sempre in mente la figura del lauró. Cosi nei son. CXCV. 14. Di farne. Del core e del viso, cioè di me. -Un marmo. Del mutarsi suo in pietra dinanzi allo sdegno di L. più volte disse il p.

CXCVIII

Continua nello stesso argomento del preced. son.

L'aura soave al sole spiega e vibra

L'auro ch' Amor di sua man fila e tesse
Là da' belli occhi, e de le chiome stesse
Legal cor lasso, e i lievi spirti cribra.
Non ho medolla in osso o sangue in fibra,

Ch'i' non senta tremar, pur ch' i' m'appresse
Dove è chi morte e vita inseme spesse
Volte in frale bilancia appende e libra.
Vedendo ardere i lumi, ond' io m' accendo,
E folgorare i nodi, ond' io son preso,
Or su l'omero destro ed or sul manco,
I' nol posso ridir chè nol comprendo;
Da ta' due luci è l' intellecto offeso,
E di tanta dolcezza oppresso e stanco !

1. Spiega e vibra. Spiega i capelli di | L. e li sbatte. -2. L'auro ch'Amor, ecc. capelli che sembrano oro filato e tessuto da Amore stesso. -- 3. Là da i belli occhi. Occhi non stanno a indicare, per sinecdoche, il capo, come intende il Ferr., ma veramente gli occhi. Amore, come sappiamo, stava per il p. negli occhi della sua donna (Occhi leggiadri dov' Amor fa nido, canz. LXXI, v. 6) e non per il P. solo, ma per tutti i poeti del dolce stile (Negli occhi porta la mia donna Amore, Dante, V. N., son. XI), Dunque Amore là da belli occhi, cioè stando, in quegli occhi, fila e tesse l'oro delle chiome di L. 4. Legal cor lasso del p. Cosi: strinse 'l cor d'un laccio sì possente, ecc. (sonetto CXCVI); lega si riferisse al fila di sopra, che coi fili si lega.

ch'io.

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7. Morte e vita. La mia morte e la mia vita. Secondo il Castelv. la morte e la vita del p. dipenderebbero dall' essere L. turbata o no, il che egli dai suoi segni ora lieti ed ora turbati non può cogliere. 8. In frale bilancia, ecc. L. tiene sospeso fra vita e morte il p., e l'equilibrio è frale, cioè sarebbe facilissimo il tracollo dalla parte di morte. Appende sta per sospende, e libra per pesa, tiene in bilico. 9. Vedendo. Tutti i testi mettono il punto e virgola alla fine del verso prec. e punto fermo alla fine della prima terzina, facendo dipendere il vedendo da non ho midolla, ecc. Il senso grammaticale e logico riesce, parmi, assai più chiaro leggendo come leggo io.- Ardere i lumi, ecc. Brillare gli occhi che mi infiammano d'amoEire. 10. Folgorar i nodi. Mandar bagliori le treccie sciolte sulle spalle. Della lucentezza dei capelli di L. dirà anche nel sonetto CCCXLVIII: più bei capelli Che facean l'oro e 'l sol parer men belli. 12. I'no' posso ridir. Non posso ripetere come ardano gli occhi di L. e brillino i suoi capelli. 13. Da ta' due luci. Il doppio lume degli occhi e delle treccie; e ta' vale cosi forti. Offeso. Impedito.

lievi spirti cribra. Cribrare è passare al crivello e si riferisce al tesse del secondo verso. Amore, agitando il p. ne agita, ne consuma come a traverso ad un crivello gli spiriti lievi, la frale vita tante volte da lui ricordata. 5. Fibra. Non credo, col Castelv., che valga per vena; fibra è l'opposto di osso, e come il p. dice che non ha midolla nelle ossa, cosi soggiunge che non ha sangue nelle carni. 6. Pur ch' i'. Solo

CXCIX

Avendo tolto a L un guanto, esalta la bellezza della sua mano nuda e si lamenta di doverglielo restituire. Anche qui abbiamo un gruppo di tre sonetti: questo e

i due seguenti, che trattano della mano di L., come i precedenti dei capelli. Di que

C

sti possiamo fissare con una certa approssimazione la data, poichè nel vat. 3196 in fianco ad essi è la nota: 1368 maii 19, veneris nocte concubia insomnis diu, tandem surgo; et occurrit hic vetustissimus ante XXV annos. Il sonetto è dunque del 1343 o di poco prima.

O bella man, che mi destringi 'l core
E 'n poco spazio la mia vita chiudi,
Man ov' ogni arte e tutt' i loro studi
Poser natura e 'l ciel per farsi onore,
Di cinque perle oriental colore,

E sol ne le mie piaghe acerbi e crudi
Diti schietti, soavi, a tempo ignudi
Consente or voi, per arricchirme, Amore.
Candido, leggiadretto e caro guanto,

Che copria netto avorio e fresche rose,
Chi vide al mondo mai sì dolci spoglie?
Così avess'io del bel velo altrettanto.

O inconstanzia de l' umane cose!

Pur questo è furto; e vien ch' i' me ne spoglie.

1. Destringi 1 core: Non: leghi, ma: | tieni stretto con pugno, in poco spazio.-3. Studi. Cure; cosi nel son. CLIV: Le stelle, il cielo e gli elementi a prova Tutte lor arti ed ogni estrema cura Poser nel vivo lume. 5. Cinque perle. Le unghie del colore della perla orientale. 6. Ne le mie piaghe acerbi, ecc. Quasi che L. colle dita dilaniasse le piaghe del cuore del p. 7. A tempo. Per un breve periodo di tempo. Ignudi. Dipende da consente. Amore consente che voi siate nudi un momento. 8. Per arricchirme di felicità. 10. Netto avorio e fresche rose. La mano bianca e rosea; avorio può, fors' anche, intendersi delle

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CC

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unghie. 11. Spoglie. Questa parola è usata nel suo significato proprio di veste tolta dal corpo. - 12. Così avess'io del bel velo altr. Può intendersi in due modi: o che egli desiderasse di possedere del velo un pezzo grande come il guanto, o meglio che egli desiderasse di avere ugual grazia anche del velo, che cioè questo venisse tolto dal viso come il guanto dalla mano. -14. Pur. Include un lungo pensiero : quantunque io di tal cosa sia felice, pure la ho rubata e devo restituirla. Vien. Conviene. Si potrebbe anche leggere: vien chi, intendendo: viene L. a togliermelo.

Ha restituito il guanto e pensa che anche le braccia di L. e tutte le altre sue bel lezze lo incatenano di uguale amore.

Non pur quell' una bella ignuda mano,
Che con grave mio danno si riveste,

Ma l'altra e le duo braccia accorte e preste
Son à stringere il cor timido e piano.
Lacci Amor mille, e nessun tende in vano

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prima: O bella man che mi destringi

core (son. CXCIX). Piano. Umile. -5. Lacci Amor, ecc. Intendi: Amor tende mille lacci. Lacci vale allettamenti amorosi: E tende lacci in si diverse

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