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Perchè vigor, che vivi gli mostrava,
Da nessun lato è più là dove stava.
E di questo in quel dì mi ricordava,
Ch'i' vidi duo amanti trasformare

E far qual io mi soglio in vista fare.

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come le parole morte del son. XVIII. | di sede le due anime.-13. Trasformare. 10. I vigor dell'anima. 11. Da Mutar forma, aspetto. V. sopra. nessun lato, ecc. Essendosi scambiate

XCV

Se il p. potesse dire tutte le sue sofferenze, farebbe piangere ognuno; pure gli occhi di L. gli leggono nel cuore e vedono il suo desiderio, ed egli spera che essi gli acquistino la pietà di lei conoscendo la fedeltà del suo amore. - Questo sonetto quasi una risposta al sonetto XCIII: Più volte Amor. In quello Amore incita nuovamente il p. a mettere in versi i suoi pensieri amorosi; in questo il p. si scusa di non poterlo fare come vorrebbe.

Cosi potess'io ben chiudere in versi

I miei pensier, come nel cor gli chiudo!
Ch' animo al mondo non fu mai sì crudo
Ch'i' non facessi per pietà dolersi.

Ma voi, occhi beati, ond'io soffersi

Quel colpo ove non valse elmo nè scudo,
Di fòr e dentro mi vedete ignudo,

Ben che 'n lamenti il duol non si riversi.
Poi che vostro vedere in me risplende
Come raggio di sol traluce in vetro,
Basti dunque il desio, senza ch'io dica.
Lasso, non a Maria, non nocque a Pietro
La fede ch' a me sol tanto è nemica ;
E so ch' altri che voi nessun m'intende.

-

1. Chiudere in versi. Esporre. Cosi | penetra in me come raggio di sole nel nella sest. XXIX: So io ben ch'a voler chiudere in versi Suo laudi. (v. 50) 2. Nel cor li chiudo. Entro il core li formulo. 3. Ch'. Ché. 4. Per pietà dolersi. Simile concetto espose nella canz. LXXIII (v. 82); i' prenderei baldanza Di dir parole... Che farian la grimar chi le 'ntendesse. 5. Occhi beati. Il Dan. intende: perchè aveano podere di beare altrui; ma parmi tirata. Meglio è intendere; occhi pieni di letizia; come altrove il p. li chiamò luci beate e liete (Canz. LXXI, v. 57). Ond' io soffersi. Dai quali ricevetti.-6. Ove. Nel cuore. Elmo ne scudo. Difesa di sorta. 7. Di for e dentro, ecc. Vedete come io sono nell' aspetto e tutto ciò che penso. -9. Vostro vedere in me, ecc. Poichè la vista vostra

vetro (Leop.). Altra volta disse: Certo,
cristallo o vetro Non mostrò mai di
före Nascosto altro colore, Che l'alma
sconsolata assai non mostri Più chiari
i pensier nostri (Canz. XXXVII, v. 56).
11. I desio. Il desiderio che avrei di
esprimere in versi i miei pensieri.
12. Non nocque. Giovỏ. 13. La fede.
Maria e Pietro furono cari a Cristo per
l'amore fedele che gli portarono; men-
tre, dice il p., a me la fede che porto
a L. mi è nemica, cioè mi danneggia,
perchè so che L. mi disdegna.
E so ch' altri che voi nessun m'intende.
Nessuno, tranne gli occhi di L., capi-
scono ciò che il p. pensa; ugual con-
cetto con uguali parole espone nella
canz. LXXI, v. 23.

XCVI

14.

È tanto stanco di sospirare, che odia il suo amore, eppure non può liberarsene; errò quando fece getto della propria libertà, ora gli tocca fare quello che ad altri piace.

Io son de l'aspectar omai st vinto
E de la lunga guerra de' sospiri,
Ch' i' aggio in odio la speme e i desiri,
Ed ogni laccio onde 'l mio cor è avvinto.
Ma 'l bel viso leggiadro, che depinto

Porto nel petto e veggio ove ch'io miri,
Mi sforza; onde ne' primi empii martiri
Pur son contra mia voglia risospinto.
Allor errai quando l'antica strada

Di libertà mi fu precisa e tolta,

Chè mal si segue ciò ch'agli occhi aggrada;
Allor corse al suo mal libera e sciolta,

Ora a posta d'altrui conven che vada
L'anima, che peccò sol una volta.

--

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An

9. Allor errai. Fuallora il mio errore, quando.. tica. Innanzi che egli si innamorasse.

1. De l'aspectar il compimento dei | mi spoglia (v. 14). miei desiderii. Vinto. Stanco, affranto cosi Dante, cit. dal Card.: « E che gent'è che par nel duol sì vinta? ». (Inf. VII. 33). 2. Guerra. Travaglio. Cosi nel son. CCCV: I' son colei che ti die' tanta guerra. 4. Ogni laccio Ogni vezzo di L. Nello stesso senso usò questa parola laccio nella ball. LV: e tende lacci in sì diverse tempre. 5. Che depinto porto nel petto. Nella canz. L disse invece che lo porta scolpito: Per iscolpirlo, imaginando, in parte Onde mai.... mosso sarà (v. 66). 6. Ove ch'io. In qualunque luogo io guardi. -7. Mi sforza. Mi fa violenza, obbligandomi a fare ciò che non voglio; ovvero meglio: mi toglie la forza di resistere. Cosi infatti nella canz. CXXV: Però ch' Amor mi sforza E di savertesi generale.

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10. Precisa: Tagliata davanti (come nel son. LXXV: M hanno la via si d'altro amor precisa) e quindi impedita. - 11. Mal si segue. È male seguire. Ch' agli occhi aggrada. Intendi: che aggrada soltanto agli occhi. Al suo mal. Incontro alla propria rovina. 13. A posta d'altrui. A volontà degli altri; in contrapposizione al libera e sciolta del verso prec. - 14. Che peccò solo una volta. Non come intende il Card.: « che peccò la prima volta quando s innamoro », ma: che ha peccato anche una volta sola Quando l'anima, anche una sola volta abbia ha peccato, non è più libera; ed è detto in

XCVII

Riprendendo il pensiero dove l'avea lasciato alla fine del sonetto prec. ricorda l'antico stato di libertà e il presente servaggio, per il quale a lui non è possibile nominare o cercare o lodare altri che L.

Ahi, bella libertà, come tu m'hai,
Partendoti da me, mostrato quale

Era 'l mio stato, quando il primo strale
Fece la piaga ond'io non guerrò mai!
Gli occhi invaghiro allor sì de' lor guai
Che 'l fren de la ragione ivi non vale,

1. Come. In che chiaro modo, o, se- | anche in prosa. 5. Invaghiro. Ebbero condo il Card., in che fiero modo. vaghezza, compiacenza dei propri do2. Partendoti da me. La felicità non si lori, del proprio male, come disse nel apprezza se non nell'atto di perderla; son. prec. 6. Che 'I fren de la ra cosi il p., nel perdere la libertà, s'ac-gion, ecc. Invano la ragione cerca di corse quanto bello era primo suo trattenerli. Ugualmente disse nel son. stato. 3. 11 primo strale. Il primo CXLI: Così sempre io corro al fatal mio sguardo di L. 4. Guerrò. O guarro, sole Degli occhi onde mi ven tanta talvolta usato anticamente per guariro | dolcezza Che 'l fren de la ragione

Perc'hanno a schifo ogni opera mortale:
Lasso, così da prima gli avvezzai!
Nè mi lece ascoltar chi non ragiona

De la mia morte; e solo del suo nome
Vo empiendo l'aere che si dolce sona.
Amor in altra parte non mi sprona,

Nè i piè sanno altra via, nè le man come
Lodar si possa in carte altra persona.

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Ivi. In quel caso. | oppure anche ad aere, intendendo che l'aria, al pronunciarsi di quel nome. dolcemente risuona. 12. In altra parte che in quella dove è L. Ripete l'idea del son. prec.: or a posta d'altru conven che vada. 14. Lodar in carte. Scrivere lodando; costruzione di senso invertita.

Amor non prezza.
7. Opera mortale. Essendo gli occhi
di L. santi e beati, come egli li chiamò,
ogni cosa (opera) mortale a lui più
non piace. 9. Ne mi lece ascoltar,
ecc. E non son più capace di ascoltare
nessuno che mi parli d'altro che del
mio amore (de la mia morte), 11.
Che si dolce sona. Riferito a nome;

XCVIII

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Orso, se voi non potete recarvi alla battaglia, vi andrà bene il vostro cuore che tutti conoscono. Non addoloratevi dunque della vostra assenza, chè esso quel giorno sarà là sul campo a scusarvi. È diretto ad Orso dell'Anguillara, confortandolo perchè non può recarsi, secondo alcuni, presso l'esercito dei Colonna, dei quali era cognato, secondo altri ad un torneo. Il Cochin crede che questo sonetto sia stato composto mentre il P. era a Capranica presso lo stesso Orso, cioè nel '37; ma nulla ci licenzia ad ammetter ciò come sicuro.

Orso, al vostro destrier si po ben porre

Un fren, che di suo corso indietro il volga,
Ma 'l cor chi legherà che non si sciolga,
Se brama onore e 'l suo contrario aborre?
Non sospirate: a lui non si po torre

Suo pregio, perch' a voi l'andar si tolga;
Chè, come fama publica divolga,

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Egli è già là, che null'altro il precorre.

Basti che si ritrove in mezzo 'l campo

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Al destinato di sotto quell'arme

Che gli dà il tempo, amor, vertute e 'I sangue,

Gridando: « D'un gentil desire avvampo
Col signor mio, che non po seguitarme

E del non esser qui si strugge e langue ».

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campo senza O. stesso.
11. Il tempo,
l'età; amore, giacchè i cavalieri solevano
giostrare per la donna amata di cui
portavano i colori; vertate, il coraggio
personale; il sangue, la nobiltà del li-
guaggio: i quattro fattori dunque che
contribuivano a formare il valore del
12. Geatil. Nobile.

3. Che. Per modo che. -4. Il suo contrario. Non il disonore, ma l'ignavia che è il contrario dell'operare onorevolmente. 6. Perchè. Per quanto, se anche. - Si tolga. Si impedisca. 7. Fama publica divolga. Come suona pubblicamente la fama. 8. Egli è già là, ecc. Il vostro cuore è già sul cam- | combattente. po del torneo prima d'ogni altro; cioè: tutto il mondo sa che voi sentite più di tutti il desiderio di prender parte al combattimento. 9. Si ritrove il cuore. I p. continua la finzione che il cuore di O sia andato prima di tutti sul

Co 1. Come il signor mio; co' per come è usato più volte da Dante e in altro luogo anche dal p.: or fors'io col vago de la luna Addormentato (sest. CCXXXVII, v. 31.).

XCIX

Diretto ad un amico che ha provato le disillusioni d'amore: «Levate il cuore a Dio, perchè la vita serena è come un prato, tra l'erba del quale si nasconde il serpente; e se volete aver mai pace, dovete seguire l'esempio dei pochi. Certo però, si potrà dire di me che do ottimi consigli, ma che per me non ne uso ». Molti furono i nomi proposti dai critici per cercar di indovinare il destinatario di questo sonetto: il cardinal Colonna, Stefano Colonna, Sennuccio del Bene, Orso dell'Anguillara. Lancillotto Anguissola, il Boccaccio. Le due ipotesi che hanno maggiore probabilità sono quella del Cesar. che crede indirizzato il sonetto al fratello Gherardo, quando si feca frate nel 1312, e quella del Cochin che lo crede mandato a Giac. Colonna di San Vito che si era fatto frate predicatore; l'uno e l'altro dei due critici trovano a sostegno della propria tesi dei brani di lettere del p., dirette o al fratello o al Colonna e contenenti concetti e frasi che corrispondono ai con etti e alle frasi del sonet'o. Il che prova poi l'incertezza del criterio su cui ambedue le proposte si fondano. In favore di Gherardo sta la parola frate del terzultimo verso, ma contro di lui la forma roi usata dal p., che soleva invece anche in versi dare del tu al fratello. Del resto sarebbe da vedersi bene e il sonetto sia stato composto per una persona già ridottasi in grembo all'amore divino, o piuttosto non abbia, come a me par evidente, forma di consiglio a persona che a ciò ancora nemmanco pensava; nel quale altimo caso ogni ricerca ed ogni ragionevole supposizione riescono impossib li.

Poi che voi ed io più volte abbiam provato
Come 'l nostro sperar torna fallace,
Dietro a quel sommo ben che mai non spiace
Levate il core a più felice stato.

Questa vita terrena è quasi un prato
Che 'I serpente tra' fiori e l'erba giace;
E, s'alcuna sua vista agli occhi piace,
E per lassar più l'animo invescato.
Voi dunque, se cercate aver la mente
Anzi l'estremo di queta già mai,
Seguite i pochi e non la volgar gente.
Ben si può dire a me: « Frate, tu vai
Mostrando altrui la via, dove sovente
Fosti smarrito ed or se' più che mai. »

2. Il nostro sperar. Non in generale, | 100). 8. È. Questo avviene. ma la speranza amorosa. Fallace. Nel son. XXI: Speranza debile e fallace. 3. Sommo ben, ecc. Dio. 4. Più felice stato. Lo stato monacale forse, o forse anche soltanto lo stato di chi ha dati tutti i suoi pensieri a Dio. 6. Che. Nel quale. Questa forma, comunissima negli scrittori per le indicazioni di tempo (Era il giorno che al sol si scoloraro), è rara per le indicazioni di luogo; ma non ne mancano buoni esempi in prosa e in verso. Tra' fiori e l'erba. Evidente reminiscenza della valletta del purgatorio e del serpente dantesco: Tra l'erba e i forvenìala mala striscia (Purg., VIII.

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Inve

scato. Preso dal piacere Similitudine tolta dal vischio e spessissimo usata dal p.; ad es.: Ove tu prima e poi fu" invescat'io (son. XXX). 10. Anzi, ecc. Prima di morire. Già mai. Almeno una volta. 11. I pochi, che non amano e sono i savii, e non gli sciocchi, il volgo che è servo d'amore. 13. Mostrando altrui la via. Insegnando agli altri la | via buona. Dove. Può essere avverbio di luogo, quasi il p. dica: tu fai altrui da guida proprio in un luogo nel quale tu stesso hai perduto la strada; ma può meglio credersi congiunz. avversativa: laddove, mentre.

C

Le finestre donde vede L., e il sasso ov'ella siede, e i luoghi dove fu, e la primavera che gli ricorda il tempo del suo innamoramento, e il volto e le parole di lei, tutto lo fa piangere.

Quella fenestra, ove l'un sol si vede
Quando a lui piace, e l'altro in su la nona,
E quella dove l'aere freddo suona
Ne brevi giorni, quando bor(r)ea 'l fiede,
El sasso, ove a' gran di pensosa siede
Madonna e sola seco si ragiona;
Con quanti luoghi sua bella persona
Copri mai d'ombra o disegno col piede,
E' fiero passo ove m'aggiunse Amore,

E la nova stagion che d'anno in anno
Mi rinfresca in quel dì l'antiche piaghe,
El volto e le parole che mi stanno
Altamente confitte in mezzo 'l core,
Fanno le luci mie di pianger vaghe.

-

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1. L'un sol. Laura si vede a quella campagna, frequentemente visitato da finestra, quando essa vuole mostrarsi. L. nelle calde giornate estive, non, 2. L'altro. Il vero sole. In sulla come suppone il Castelv., uno di quei nona. A mezzodi; la finestra dunque pancali di marmo posti dinanzi all'abiera rivolta a mezzodi. - 3. Quella. L'al-tazione, su cui nel medio evo, in tra finestra. Suona. Sibila, stride il Toscana e altrove, solevano sedersi vento. 4. Ne' brevi giorni. D'inverno. verso sera i padroni di casa a converQuando borea il fiede. Quando borea, sare. 8. Disegno. Impronto. -9. 11 il vento di tramontana, scuote l'aria; fiero passo. La chiesa di S. Chiara in questa finestra era dunque a setten- Avignone. M'aggiunse. Mi raggiunse, trione. 5. A'gran di. In contrapposto mi colpi. 10. La nova stagion. La ai brevi giorni del verso addietro; cioè primavera, essendosi egli innamorato d'estate. 6. Sola seco si ragiona. Ciò nel venerdì santo. 11. Rinfresca. Fa mi fa credere che sia un sasso in qual-ritornar fresche, vive. - 13. Altamente. che luogo solitario e ombroso nella Profondamente.

CI

Il p. non si inganna, vede i danni suoi, vede che la morte s'avvicina; da quattordici anni combatte contro la sua passione, e forse spera di vincere. Giustamente il Cochin sostiene che questo sone to deve essere stato scritto nel 1341, come si desume dalle parole: sette e sette anni; se poi proprio il venerdì santo di quest'anno, cioè nel compiersi del quattordicesimo anno (il p., dice il Cesar, in quei giorni si apprestava à ricevere la laurea sul Campidoglio nè dovea aver mente da pensare a scriver rime amorose) o qualche mese dopo o prima, non serve discutere,

Lasso, ben so che dolorose prede

Di noi fa quella ch'a nullo uom perdona,
E che rapidamente n'abbandona

Il mondo e picciol tempo ne tien fede;
Veggio a molto languir poca mercede,
E già l'ultimo dì nel cor mi tuona:

premio per una sofferenza lunga come la mia. 6. L'ultimo di. Il di del giudizio. Mi tuona. Non già: fortemente

-

1. Che. Quante, oppure: quanto do lorose, intendendo col Castelv.: morti di giovani. 2. Quella, ecc. La morte. 3. Che. Come. N'abbandona. Cimi suona, come secondo il Gesualdo,nė: dimentica. 4. Ne tien fede. Ci serba amore. Fede in senso di amore è usato nel son. XCV: non nocque a Pietro La fede. -5 A molto languir, ecc. Poco

improvvisa mi suona, come secondo il Castelv,; ma indica il vero tuonare e rimbombare delle trombe celesti all'apparire dell'eterno giudice.

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