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di lasciar fuori, senza le facili maraviglie di molti e senza pregiudizio per la raccolta.

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Per la prima di queste due operazioni, furono avvertite e tolte non poche nè sempre leggiere alterazioni, infiltratesi nel testo come di furto, per l'accumularsi di inesattezze tipografiche che i correttori, con tutta la loro diligenza, non riuscirono a scoprire, perchè in parecchi casi quelle inesattezze davano luogo a forme di parole e di costrutti diverse da quelle usate dall'autore, ma vive anch'esse più o meno regolari. Talchè è accaduto anche questo, che il Compilatore ha fatto qualche nota che non andava fatta, non immaginando che la lezione censurabile, ma possibilissima e probabilissima, si fosse sostituita alla vera per negligenza di un tipografo. Tutto sommato, inezie, che non guastavano nulla di quello che nel libro è veramente sostanziale, ma anche le inezie sta bene che tardi o tosto si vedamo, e si levino di mezzo.

Per la seconda delle due cure principali usate in questa edizione, si è accresciuto il numero degli autori citati; e si sono riferiti nelle prose esempi, oltre che del D'Ancona, del Graf, del Yorick, del Fucini e di altri, anche del Mazzini e del Cattaneo, de' quali si lamentava con ragione (ultimamente, quanto al Cattaneo, dal Carducci) l'esclusione punto giustificata dalle raccolte scolastiche; e nelle poesie, del Berchet, dell' Aleardi e del Cavallotti. Così il libro, pur restando fedele al primo disegno del Compilatore, s'è venuto accostando anche al desiderio di coloro che vogliono, per proprio uso, un' antologia, non già storica (Dio ci liberi!), ma di larghezza sufficiente per comprendere, degli scrittori moderni, quasi tutti i più famosi e quel che giova a dare di essi qualche cognizione ai giovani, i quali han da conoscere, pur da questo lato, prima il loro secolo e poi gli altri.

È superfluo dire, io spero, che nella scelta de' nuovi brani ho badato tanto alla bontà della materia quanto a quella

della forma; ma mi preme avvertire che questa bontà non reca menomamente pregiudizio, come spesso accade, a quella prima e necessarissima qualità che devono avere le letture destinate ai giovanetti, voglio dire la piacevolezza; e per questo conto le aggiunte riescono perfettamente intonate col resto del libro. Il luogo del Catteneo potrebbe per la lunghezza e la forma compatta delle pagine (si bada anche a questo), spaventare qualche piccolo lettore impaziente. Ma quelle pagine fitte narrano uno degli episodi più gloriosi e più eroici del valore italiano; narrano delle cinque famose giornate di Milano, e narrano di esse per voce d'uno dei testimoni, anzi degli attori più nobili, più intrepidi e per ingegno più grandi, di quel fatto memorabile. Io confido che anche quello scritto, com'è certamente bellissimo per il colto giudizio degli adulti, sarà letto con vivo piacere anche dai giovani e con molto frutto.

Le note furono più che duplicate. Già nelle edizioni precedenti aveva il Compilatore rilevato, qua e là, vocaboli e modi disformi dall'uso vivo, e di certe voci che hanno più d'una forma, indicata quella preferita dai lessici o più diffusa. In questa edizione, per secondare il desiderio di molti docenti, si è più espressamente applicato quel metodo, e si è posto uno studio particolare e, per quanto fu possibile, diligente, a notare quella maniera di vocaboli, che oggi si dicono doppioni, invadente e funesta gramigna della nostra lingua. Ma contro questa gramigna le note di qualche libro bene intenzionato contano tuttavia ben poco, se la guerra al male non è fatta nelle scuole e dagl'insegnanti, sempre, con tutti i mezzi possibili, e sopra tutto con piena e assoluta concordanza di criteri. Ma pur troppo questa manca, nonchè in altri, anche in coloro che sono a buon titolo tenuti pei maestri dei maestri, e che bandiscono dalle cattedre più elevate le leggi di quell' uso, a cui nessuno, ed essi poi meno che mai, dovrebbe ribellarsi.

Ed è curioso vedere, per esempio, che mentre per certe regole o casi d'ortografia tutta quella moltitudine di gente che scrive per conto suo e senza preoccupazioni letterarie per la testa, si trova perfettamente d'accordo; i letterati di professione, i grammatici e i pontefici massimi della lingua, quelli compresi che lavorano a procurarne l'unità, sono appunto i soli che, a cominciare dall' ortografia, mantengono le divisioni e le confusioni (1); e se si vuol vedere una cosa anche più maravigliosa, basta aprire i vocabolari più pregiati e più recenti: si troverà che non sono ancora d'accordo nemmeno intorno alle lettere dell' alfabeto. In Germania l'ortografia fu imposta con un decreto del Governo: un decreto di questo genere sarebbe per l'Italia una benedizione.

Sull' esempio di altri compilatori fu data la pronunzia dei nomi stranieri, eccetto il caso in cui la pronunzia non differisse dalla grafia; e fu data a piè di pagina per risparmiare a chi legge l'incomodo, non piccolo, di correre in fondo al volume ogni volta che capita uno di quei nomi. Si procurò anche in questo di fare il meglio possibile; ma l'impresa aveva le sue difficoltà, e se siamo caduti in qualche errore, saremo grati a chi vorrà avvertircene e darci modo di farne la correzione quando il libro verrà ristampato. Perchè, per quanto la presente edizione sia più copiosa della precedente, noi abbiamo speranza che non sia l'ultima. Questa raccolta, anche dopo altre pubblicazioni dello stesso genere e pregiabili, resta ancora la sola che riunisce in sè tre qualità capitalissime per i bisogni della scuola:

(1) La cosa è troppo nota perchè ci sia bisogno di prove. Nondimeno eccone una tanto per ridere. Tutti dicono e scrivono valiamo (da valere) senza dubitare neppure un momento o sognare che si possa o debba dire diversamente. Consultate invece i grammatici: secondo il RIGUTINI e il FORNACIARI non si può e non si deve dire che valghiamo (che nessuno dice); e secondo altri (i primi che mi vengono fra mano: il CORTICELLI; il PUOTI, il BELLISOMI, l'AMBROSOLI, ecc.), valiamo o vagliamo. Intorno a che vedi anche la nota 5 a pag. 144 di questa raccolta.

1.o la quantità e varietà del materiale, essendo il libro di circa 800 pagine;

2.° la mitezza del prezzo, che non ha riscontro in nessun altro libro di questa sorta;

3.o l'essere informato al solo criterio dell'uso vivo, e mirare da capo a fondo con gli esempi di prosa, a quella che è suprema e unica necessità delle scuole secondarie rispetto alla lingua: insegnare a parlare e a scrivere come si deve scrivere e parlare.

Il compilatore chiude quest'avvertenza, già troppo lunga per un libro che ha due prefazioni, col ringraziare cordialmente l'amico Prof. Carlo Pariset, che, richiesto, assunse l'incarico punto piacevole di curare la presente edizione, e gli fu largo di ottimi consigli e di aiuti preziosi. Gli stessi ringraziamenti deve all' ottimo amico Prof. Luigi Ferrari, che curò l'edizione dell'anno scorso e al quale, per cagione involontaria, non potè esprimere a tempo debito la sua ri

conoscenza.

Parma, 27 settembre 1893.

O. BONI.

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