Trattato dell'epigrafia latina ed italiana

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Giacinto Marietti, 1856 - 296 頁

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第 15 頁 - Per me si va nella città dolente; Per me si va nell'eterno dolore; Per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto Fattore : Fecemi la divina Potestate, La somma Sapienza e il primo Amore. Dinanzi a me non fur cose create Se non eterne, ed io eterno duro: Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate ! Queste parole di colore oscuro Vid'io scritte al sommo d'una porta; Perch' io : Maestro, il senso lor m
第 23 頁 - Grato mi è il sonno, e più l'esser di sasso: mentre che il danno e la vergogna ' dura, non veder, non sentir, m'è gran ventura; però non mi destar; deh parla basso!
第 23 頁 - La Notte, che tu vedi in sì dolci atti dormire, fu da un Angelo scolpita in questo sasso: e, perché dorme, ha vita: * destala, se no'l credi, e parleratti.
第 287 頁 - Questi fu grande letterato quasi in ogni scienza, tutto fosse laico; fu sommo poeta e filosafo, e rettorico perfetto tanto in dittare e versificare, come in aringa parlare nobilissimo dicitore, in rima sommo, col più pulito e bello stile che mai fosse in nostra lingua infino al suo tempo e più innanzi.
第 55 頁 - Ariosto in questa camera scrisse e questa casa da lui edificata abitò la quale CCLXXX anni dopo la morte del divino poeta fu dal conte Girolamo Cicognara podestà co' denari del comune compra e ristaurata perché alla venerazione delle genti durasse (In Venezia, 1821.) 66.
第 135 頁 - Lo ben, che fa contenta questa corte, Alfa ed Omega è di quanta scrittura Mi legge amore o lievemente o forte.
第 20 頁 - Ma se i potenti a' debil fien molesti , Gravando loro o con -vergogne o danni, Le vostre orazion non son per questi, Né per qualunque la mia terra inganni.
第 18 頁 - Amor, che mosse già l' eterno Padre, Per figlia aver di sua Deità trina Costei, che fu del suo Figliuol poi madre, Dell
第 19 頁 - Virtù là dove regge induce ad unità gli animi molti, e questi a ciò ricolti un Ben Comun per lor signor si fanno; lo qual per governar suo stato elegge di non tener già mai gli occhi rivolti da lo splendor de' volti de le Virtù che torno a lui si stanno.
第 133 頁 - Miser chi speme in cosa mortal pone ! (Ma chi non ve la pone ?) e s' ei si trova Alla fine ingannato, é ben ragione. O ciechi, il tanto affaticar che giova ? Tutti tornate alla gran madre antica, E 'l nome vostro appena si ritrova. Pur delle mille un' utile fatica, Che non sian tutte vanità palesi ; Chi 'ntende i vostri studi, sì mei dica.

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