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Lucrezia, Julia, Marzia, e Corniglia,
E solo in parte vidi 'l Saladino.

Poichè 'nnalzai un poco più le ciglia,
Vidi 'I maestro di color che sanno,

Seder tra filosofica famiglia.

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Tutti l'ammiran, tutti onor gli fanno. Quivi vid' io e Socrate, e Platone,

Che 'nnanzi a gli altri più presso gli stanno.

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128. Lucrezia moglie di Collatino; si uccise per attestar la sua innocenza contro la violenza fattale da S. Tarquinio.-Julia moglie di Pompeo.-Marzia, di Catone-Cornelia, di Gracco.

129. Saladino, soldano di Babilonia, rival di Riccardo Cuor di Lione. Morì l'anno 1193. Al tempo della sua morte comandò esser sepolto senza verun onore, ma che la sua camicia soltanto sospesa alla punta d'una lancia, fosse portata, come insegna avanti al suo corpo, da un prete gridando ad alta voce: Saladino, Conquistator dell' Oriente, di tutta la sua grandezza e tutte le sue ricchezze che ebbe in vita, non porta seco in morte niente più che la sua camicia." Knolle's Hist. of the Turks.

131. Maestro di color ec. Aristotele.

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Dioscoride dico: e vidi Orfeo,
Tullio, e Livio, e Seneca morale:

Euclide geometra, e Tolommeo, Ippocrate, Avicenna, e Galieno, Avverrois, che 'l gran comento feo.

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136. Democrito che pone, sostiene ch' il mondo sia stato formato dal fortuito concorso di atomi.

137. Diogene Cinico, amator della povertà, e rigoroso riprensore degli altrui difetti.-Tale o Talete, up dei sette Savj della Grecia.

139. Accoglitor-Dioscoride investigator-del quale, delle qualità delle naturali produzioni.

141. Livio legge la Nidob. in vece di Lino che leggono le altre ediz. cioè Livio Istoriografo romano. Ed ecco tolto il congiungimento di cose disparate imputato a Dante in questo passo dal Casa nel Galateo: Guar deraiti, dic' egli, di non congiunger le cose difformi trg se, come "Tullio, e Lino, e Seneca morale.

143. Ippocrate, Avicenna Arabo, medici eccellenti. 144. Averrois, Arabo, comentatore d'Aristotele, ma empio nelle sue opinioni, secondo il Tiraboschi, St, della Lett, ital. t. v. L. ii. c. ii.

I' non posso ritrar di tutti appieno, Perocchè sì mi caccia 'l lungo tema,

Che molte volte al fatto il dir vien meno.

La sesta compagnia in duo si scema : Per altra via mi mena 'l savio duca Fuor della queta nell' aura che trema : E vengo in parte ove non è che luca.

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146. Tema, (pronunziato con l' e largo,) soggetto, argomento, materia.

150. Fuor della queta fuor del limbo-nell' aura che trema di sospiri, pianti e alti guaj, cioè nel secondo Cerchio.

CANTO V.

ARGOMENTO.

Entrano i Poeti nel secondo Cerchio dell' Inferno, vedono le pene dei Lussuriosi, e parlano con Francesca da Rimino.

Cosi discesi del cerchio primajo

Giù nel secondo, che men luogo cinghia,
E tanto più dolor, che pugne a guajo.
Stavvi Minos orribilmente, e ringhia :
Esamina le colpe nell'entrata :

Giudica e manda secondo ch' avvinghia.

1. Primajo primo, voce antiquata.

2. Cinghia, cinge, racchiude.

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3. Pugne a guajo, cioè, il dolore fa guaire o stridere. 4. Minos giudice all' Inferno, che ha una lunga coda; dopo aver inteso dai peccati qual luogo dell' Inferno è da essa Ombra, cioè che pena merita, si cinge con la coda i fianchi tante volte, quanti sono i gradi o gironi, in cui deve esser profondata, cioè dove abitano i peccatori della sua specie.

6. Avvinghia rivolge intorno a sè stesso la coda.

Dico che, quando l' anima mal nata Li vien dinanzi, tutta si confessa:

E quel conoscitor delle peccata

Vede qual luogo d'inferno è da essa : Cignesi con la coda tante volte, Quantunque gradi vuol che giù sia messa.

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte : Vanno a vicenda ciascuna al giudizio: Dicono, e odono, e poi son giù volte.

O tu, che vieni al doloroso ospizio, Disse Minos a me, quando mi vide, Lasciando l'atto di cotanto ufizio,

Guarda com' entri, e di cui tu ti fide: Non t'inganni l' ampiezza dell' entrare. E 'l duca mio a lui: perchè pur gride? Non impedir lo suo fatale andare: Vuolsi così colà dove si puote

Ciò che si vuole: e più non dimandare.

14. A vicenda, una dopo l'altra.

19. Fide per fidi in grazia della rima.

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20. L'ampiezza del' entrare. Allude al facilis descensus Averni: Sed revocare gradum, superasque eva dere ad auras, Hoc opus, hic labor est. En. 1. vi.

23. Vuolsi così colà ec. Le stessissime parole dette a

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