Salmace ardita Najade Là nel paterno rivo Non strinse a sen più candido Il giovin freddo, e schivo. Nasso cagion di lagrime Più bianco sen non vide, Poichè Teseo portarono Le sorde vele infide. DELLO STESSO. ALL' AURORA. SORGI aspettata; il roseo Destriero alato imbriglia Stanca è la notte, pallidi Son gli astri, o Dea vermiglia. Come al favor dei Zefiri Puro il tuo volto appare! L'Ore non mai ti videro Più bella uscir dal mare. Te d'importuna accusino Le giovinette in pianti, Ch' entro ai furtivi talami Sorprendi i pigri amanti. Ed io coi voti accelero L'almo splendor, che move, Oh a me più Dea che Venere, A me più Dea che Giove! Tu il sai, confuso, e lacero Da un desíar fallace, Al suol prostrato io supplice Giaceva, e chiedea pace. A grida, e a pianti immobile Sedea la mia nemica, Più amara, e inesorabile Di Le nessa antica. Notte regnava, ed orrida Stendea sui nostri mali Un velo impenetrabile Di tenebre mortali. Tu al scintillar di Fosforo Uscivi intanto, o Dea, E un raggio tuo sollecito Sul mio dolor splendea. Mi vide, e allo spettacolo Impallidì la fera : Pietate e orror sorpresero L'alma ostinata, altera. Tre volte i labbri schiudere, E cominciar le piacque ; Tre sospirò; scendeano I pianti in copia, e tacque. Madre de' venti instabili, Uffiziosa Diva, Tanta pietà ringrazio : La mia speranza è viva. Deh se il ritroso giovane Te più languir non lassi... Ahi! te le nubi ascondono, E non intendi, e passi. NICCOLO FORTEGUERRI. AMOR PRIGIONIERO E SCIOLTO. AMORETTO arrabbiatello, T'ho pur giunto, con man forte Voglio darti ora la morte, Tu sei quel, che con tua face Hai turbata ogni mia pace; Ed il mio stato contento Hai rivolto in gran tormento: Col tuo sangue or pagherai La gran turba de' miei guai. Fece mille e mille prove, Usò forze orrende e nove |