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SONETTO.

O TEMPO, O ciel volubil, che fuggendo
Inganni i ciechi e miseri mortali;

O dì veloci più che vento strali,
Or ab esperto vostre frodi intendo:

Ma scuso voi, e me stesso riprendo :
Che Natura a volar v' aperse l'ali ;

A me diede occhi: ed io pur ne' miei mali

Li tenni, onde vergogna e dolor prendo.

E sarebbe ora, ed è passata omai,

Da rivoltarli in più sicura parte,

E

poner fine a gl' infiniti guai.

Nè dal tuo giogo, Amor, l'alma si parte,

Ma dal suo mal; con che studio, tu 'l sai:

Non a caso è virtute, anzi è bell' arte.

SONETTO.

DOLCE mio, caro, e prezioso pegno,

Che Natura mi tolse, e 'l Ciel mi guarda;

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Deh come è tua pietà ver me sì tarda,

O usato di mia vita sostegno?

Già suo' tu far il mio sonno almen degno

Della tua vista, ed or sosten' ch' i' arda

Senz' alcun refrigerio: e chi 'l ritarda?

Pur lassù non alberga ira, nè sdegno:
Onde quaggiuso un ben pietoso core
Talor si pasce degli altrui tormenti,
Sì ch' egli è vinto nel suo regno Amore.
Tu che dentro mi vedi, e 'l mio mal senti,
E sola puoi finir tanto dolore,

Con la tua ombra acqueta i miei lamenti.

SONETTO.

DONNA, che lieta col principio nostro

Ti stai, come tua vita alma richiede,
Assisa in alta e gloríosa sede,

E d'altro ornata che di perle o d' ostro;
O delle donne altero e raro mostro,

Or nel volto di lui, che tutto vede,

Vedi 'l mio amore, e quella pura fede

Per ch' io tante versai lagrime e inchiostro:

E senti che ver te il mio core in terra

Tal fu, qual' ora è in cielo; e mai non volsi Altro da te che 'l Sol degli occhi tuoi.

Dunque per ammendar la lunga guerra Per cui dal mondo a te solo mi volsi;

Prega ch'i' venga tosto a star con voi.

SONETTO.

Da' più begli occhi, e dal più chiaro viso
Che mai splendesse; e da' più bei capelli,
Che facean l'oro e 'l Sol parer men belli;
Dal più dolce parlar, e dolce riso;

Dalle man, dalle braccia che conquiso,
Senza moversi, avrian quai più ribelli

Fur d' Amor mai; da' più bei piedi snelli,

Dalla persona fatta in paradiso,

Prendean vita i miei spirti; or n' ha diletto

Il Re celeste, e i suoi alati corrieri :
Ed io son qui rimaso ignudo e cieco.

Sol un conforto alle mie pene aspetto;
Ch'ella, che vede tutti i miei pensieri,
M' impetre grazia ch' i' possa esser seco.

SONETTO.

VALLE, che de' lamenti miei se' piena }

Fiume, che spesso del mio pianger cresci;
Fere silvestre, vaghi augelli e pesci,

Che l'una e l' altra verde riva affrena;

Aria de' miei sospir calda e serena; Dolce sentier, che sì amaro ríesci; Colle, che mi piacesti, or mi rincresci, Ov' ancor per uzanza Amor mi mena;

Ben riconosco in voi l' usate forme,

Non, lasso! in me; che da sì lieta vita

Son fatto albergo d' infinita doglia.

Quinci vedea 'l mio bene, e per quest' orme

Torno a veder ond' al ciel nuda è gita,

Lasciando in terra la sua bella spoglia.

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