D'archi e colonne avea. A me volta la rea Fronte, gridò colei : Nella mia reggia or sei. Giro intorno lo sguardo: Quant' io rimiro, il tutto Spira terrore e lutto, Pallido lume e tardo, Che balena da lunge, Non toglie no, ma aggiunge, Non scema ivi, ma accresce A l'ombre il fosco, ed esce Da quel tetro fulgóre Più, che conforto, orrore. Quando a me d'improvviso S'offre più fiero oggetto; Veggio funesto ed atro Tosto aprirsi un teatro: Fiera scena ravviso. Lasso! all' orrendo aspetto Quanto mal mi sostenni! Non so dir qual divenni Ne gli atti e nel sembiante. Tutto di stragi, ohimè! lordo e fumante, L'alato Veglio al nero soglio inuante Stanno a suoi piedi; ei tutto guarda, e ride. L'occhiuta Dea sopra cent' urne e cento Oppressa siede di mortal cordoglio, Or, più ch' applausi, atta a svegliar spavento: a La Fama. Appiè di questo inesorabil soglio Venga il mortale, e a insuperbire intento Serbi, se puote, il folle umano orgoglio. Non paventare: io voglio, (Quell' empia a dir riprese) Che tu veggia di queste Cose ancor più funeste Tutte tutte mie imprese. Là dentro è poca polve Troja, Tebe, Micene, Sparta, Cartago, Atene. Mira a destra que' marmi; Colà chiuso sen giace Ettore, Ulisse, Achille, Enea, Paride, Ajace, E ben mill' altri e mille Su l'Eufrate, e sul Tebro Si gloríosi in armi. A lor giacciono a canto Pentesilea, Camilla, Angelica, Clorinda, Climene, Erminia, Olinda, E ben cent' altre donne, Più assai, che fra le gonne, Fra l'armi illustri tanto. Questa tomba è di Voi, Armoníosi eroi, Di voi, di voi, Poeti, Che con destrieri alati Ite sovra i pianeti A ragionar co i fati: TOM. III. |