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LIBRO QUINTO.

3

I. Pareva che le provvidenze dell'imperadore Leone a pro della conquassata Chiesa Bizantina dovessero raffermarla per sempre nella pace e nella unione al Romano Seggio; ma chi attentamente considerava come i tristi fatti di Fozio fossero andati addentro alle opinioni ed ai costumi della greca gente, facilmente chiarivasi quella non essere pace, ma stanchezza di battagliare. Sulla tomba di Fozio rimasero vive le memorie di trent'anni, nei quali aveva visto il popolo un andare e tornare dall' esilio di vescovi e sacerdoti al cenno del Principe; un salire e discendere dal seggio del suo Patriarca, ora vescovo da rispettare, ora ribaldo da schivare; due Concilii nella stessa chiesa di Santa Sofia, l'uno all' altro nemici; Legati papali, se fedeli, punitori di Fozio; se infedeli, protettori; scandalose contese di preti, giudizi, scomuniche, e dopo queste i puniti addivenir giudici, i giudici rei. Aveva fatto plauso ai Legati menati in trionfo in Costantinopoli da Basilio, quasi messi da Dio; ne vide uno precipitato in fondo di carcere dallo

stesso Basilio, quasi pubblico malfattore: aveva temuti un dì gli anatemi del successore di Pietro ; poi vide questi anatemi cadere derisi ai piedi del foziano seggio. Povero popolo! lo scisma dei preti gli aveva fatto perdere la logica del giusto e dell'ingiusto nelle cose di Dio. Ma poi che è un impossibile che un popolo addivenga ateo, avvenne che per istinto, a mo' di dire, religioso, cessato dal santuario, in cui era iniquità e contradizione, i religiosi bisogni confidasse al principato civile, sotto la mano del quale era uso a sentire il freno delle leggi. Perciò l'idea di Dio e del suo culto, il mistero dell'avvenire dopo la morte, i mezzi d' incontrarlo con isperanza di salute, in una parola la religione, non fu più sentita in quella parte dell'anima in cui parla Iddio con l' eloquio dell'eternità e dell' infinito, ma nella bassa regione del senso, in cui promette o minaccia l'uomo col denaio o col capestro. Così la doppia gerarchia chericale e civile non fu che una nella mente del popolo; cioè quella che metteva capo nell' Imperadore; e i vescovi, i sacerdoti entrarono alla rinfusa nel gregge degli ufficiali imperiali. Cristo se n'era andato dalla Chiesa Bizantina, perchè cacciato da chi non voleva l'unità e l' amore; e come nel vuoto sepolcro non lasciò che il sudario, così in quella non rimase che l'involucro di una fede già spenta, ossia la superstizione, credula, ciarliera, feroce.

Le ire di parte lungamente esercitate avevano accecati gli animi sacerdotali; i quali non più guardavano alla verità ed alla giustizia, ma alle persone intendevano: perciò coloro che buoni apparivano, non tanto per l'amore della unione e della pace ai Foziani osteggiavano, quanto per sete d'immediate vendette. In guisa che il non volere Fozio non era il volere umile adesione al centro di unità alla Romana Sedia. Poichè di questa usavano a depressione di nemici, con quella poi si mettevano a contendere, e ne scrollavano il giogo. Laonde, se tutti Foziani non erano, tutti avevano dentro il gentilizio veleno delle gelosie della papale supremazia. I preti inocularono nel popolo bizantino lo scisma religioso per la superbia municipale, che gli faceva abborrire da ogni cosa che greca non fosse.. Quella maledetta distinzione di Roma antica enuova aveva spogliata la Roma di San Pietro del privilegio, agli occhi dei Greci, della sua cattolicità, per cui non poteva con lei esercitarsi emulazione municipale. Gl' imperadori fecero quella distinzione per stare a pari con Augusto: i Patriarchi la fecero per non comparire da meno di San Pietro. Ma come agl' Imperadori bastava, ad argomento di distinzione, il non essere più seggio imperiale nell' antica Roma, ai Patriarchi non bastava, perchè in quella era il papale seggio. Quindi un irragionevole studio a

distinguersi dai Latini; e si afferrarono alla barba, alla moglie, al pane col lievito nell' eucaristia, e, quel che era peggio, al non voler credere lo Spirito Santo procedente dal Figliuolo. Tolto questo dogma, tutte quelle loro costumanze tenevano con tale una superstizioné, che il non vederle abbracciate dai Latini era uno scandalo da far paura. Adusandosi a dir no in faccia al Papa, che vietava la moglie ai preti, il pane col lievito nella messa e i peli al mento, pigliavano una brutta via a dir lo stesso quando si trattasse di star rassegnati ed obbedienti ai suoi decreti. Guai quando nella ragione municipale di un popolo i preti fanno entrar quella delle credenze; se credente in Cristo, arriva ad adorar Maometto, persuaso che sia, che coll'Alcorano possa comparir da più degli altri.

Queste religiose condizioni del popolo e del chericato in faccia a Roma erano un tesoro pel Principe. Costui aveva tutto in casa, il temporale e lo spirituale; e ad un trar di briglia, moveva a suo talento laici e cherici. In guisa che come gl' imperadori pagani creavano sè stessi sommi sacerdoti di Giove, e morti, con le mani proprie si aprivano le porte dell' Olimpo a farvisi adorare iddii; così i successori di Costantino si misero al posto di San Pietro, e non si tennero più bisognosi di lui per aprire le porte del Regno dei Cieli. Chi siede a capo di un popolo,

non ha solo l'obbligo di mantenerlo col freno delle leggi a prosperità cittadina, ma anche di porlo in armonia del procedere che fanno gli altri popoli nella prosperità sociale: essendo i confini delle nazioni un nulla innanzi all' umanità che impera con la legge onnipotente dell'universale. Or questa umanità non aveva preso il nerbo di azione dai codici di Teodosio e di Giustiniano; ma da quello eterno del Vangelo; il quale come si apriva tra le mani del Vicario di chi lo scrisse, su quelle mani, come su di un trono, guardava e misurava la terra da conquistare alla vera civiltà. Che potevano fare quei Cesari bizantini con la sola legislazione civile de' loro antecessori? Se impotenti a provvedere i cittadini bisogni del loro popolo, come potevano provvedere a quelli sociali, avendo rinunciato al Cristo, spregiando l'autorità di chi ne teneva le veci? Io non reco una mia sentenza, ma ricordo fatti. Due seggi si levavano ai dì della barbarie, uno in Roma col Pontefice, l'altro in Bizanzio con un imperadore: uno addiviene nucleo di fortezza, intorno al quale sbattute ed affannose si vanno adunando le generazioni di Occidente; l'altro come uno scoglio infame per naufragi, incontro al quale cozzando si dissolvono le antiche razze dell' Oriente e divengono preda dell' Islamismo. Lo scisma greco fu il confine che misero gli uomini ai benefizi di una

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