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pastori. Ed oggi, anzi che vergognare di quella scellerata alleanza, la ricordano ancora chiamandola sistema del Cara-Casan, che vale, della Marmitta nera. Così conta Pitzipios, che è Greco, e saputissimo delle cose di Oriente.

XXII. Precipitate a tal termine le cose della Chiesa Foziana, ognun vede come questa non fosse più Chiesa ma un feudo turchesco dell'Episcopato, capo il Patriarca; come non più la opposizione delle credenze dogmatiche, nè l' intolleranza della papale supremazia alimentasse il suo scisma dalla Romana, ma bensì le sordide cupidigie del clero. Un tempo si facevano dispute teologiche in Corte Bizantina, per sostenere le foziane novità a petto dei Concilii e delle definizioni pontificali: oggi uno è lo scopo cui mira con tutti i nervi lo scismatico episcopato, quello cioè di tener vivo l'odio gentilizio degli Orientali contro gli Occidentali; questo è l'unico suo apostolato. Ho già toccato in queste storie del come e perchè entrassero i Greci in una furibonda gelosia verso i Latini; or chi non avrebbe pensato che dopo gl' incredibili sforzi dei Romani Pontefici a stornare dal loro capo il turbine turchesco, dopo tanti tesori da quelli profusi a camparli dal vergognoso servaggio, dopo aver visto un legato di Niccolò V con trecento latini 1 Église Orientale, troisième partie, chap. I.

morire con le armi in pugno in difesa della loro Costantinopoli, sarebbero una volta spenti i maledetti livori? Certo il popolo sarebbe tornato nel seno della madre Chiesa; e tornerebbe; ma li scellerati cherici sono lo scandalo che rompe la salutare tornata. Il solo pensiero di una riconciliazione coi Latini è per essi un perdere la bella ventura incontrata appresso i Turchi di farla da signori indipendenti sui Cristiani.

Perciò ogni loro opera è nel ribadire i vecchi pregiudizi verso la Romana Chiesa, coi libelli infamanti i Pontefici ed i romani cherici; un continuo susurrare nel popolo di ogni più solenne ribalderia a carico di quelli; scrivere a mo' di chiose nei santi libri ed accanto ai canoni e le costumanze della loro Chiesa tutte quelle sozze calunnie, per tramutarle in dogmi di fede nell'animo della credula plebe, sono le arti maledette a tener vivo l'abbominio verso la Chiesa Occidentale. Geloso sequestro del popolo da qualunque consuetudine coi Latini; scomuniche a coloro che fin per ragion di commercio viaggiassero e dimorassero nelle terre cattoliche; ingelosire lo Stato dell' avvento dei missionari romani, sono i mezzi a perpetuare la morale cecità del popolo. E poichè questo più cupidamente si afferra alle sensibili ceremonie dell'esteriore culto, che sono per lui simbolo ad un tempo di religione e di razza, i preti sono

sempre in sul predicare che Roma abborrisca dal suo rito, tenerli per questo peggio che eretici; esserne chiaro argomento quello intitolare i vescovi di alcuna sede, che è nella signoria musulmana, in partibus infidelium, — come se non ai Turchi ma ai Cristiani scismatici accennasse Roma con quell' infidelium. Certo è che l' imprudente zelo di qualche missionario latino, che ha voluto sconciare gli Orientali nei loro riti per convertirli, abbia dato qualche colore di verità a quelle menzogne: ma è pur certo che le Bolle dei Pontefici Romani abbiano dato sempre una solenne mentita a quelle imposture.

XXIII. E qui è mio debito ricordare come sempre i Romani Pontefici, rigidi, severi nel non condiscendere a qualunque concordia che recasse scapito al dogma, fossero stati sempre tutto cuore inverso alla Greca Chiesa, per raddurla nell' unico ovile di Cristo. Agli odii ed alle gelosie di razza risposero sempre con la carità di Colui che nel redimere gli uomini non volle sapere di distinzioni gentilizie. Certo se i Turchi avessero minacciata Roma nel XV secolo, il Patriarca foziano non avrebbe fatto un centesimo a suo favore di quel che fecero con incessanti cure i Pontefici a pro della loro Bizanzio. Avvegnachè questi reietti fossero come vescovi dell'antica Roma, abborriti come Latini, tuttavolta

Eugenio IV, Niccolò V, Pio II, Pio V, ed altri, con quanto si avevano di spirituali e temporali argomenti furono i soli o a cessare vicina la turchesca potenza che li minacciava, o a tirarli dal suo giogo. Tutto che greco fosse, ove alla santità dei dogmi non offendesse, vollero, non che tollerato, ma osservato. Perciò dal fiorentino Concilio fino a' dì nostri una sempre è stata la papale sentenza: Andassero cauti i romani missionari appresso agli scimatici; non toccassero ai loro riti, non essendo necessario mezzo di salute la ragione liturgica; tutti i Greci dimoranti nelle latine terre alle cose di religione intendessero coi riti della propria gente. Ma colui poi che dette più splendido argomento di quanto affermo, sì fu Gregorio XIII; il quale curò la conservazione degli orientali riti e della greca favella nella liturgia, come di cosa santissima. Fondò un collegio greco, che donò di 2400 scudi annui; lo provvide di professori e di una Biblioteca, perchè tra' cherici di quella gente si conservasse la favella ed il rito greco ed all'uopo fondò anche una Chiesa, quella di Sant' Atanasio, per le ceremonie orientali. 2

1

1 Vedi quel che statuisse intorno a questo Benedetto XIV, nella Bolla indiritta ai missionari spediti in Oriente, che ha principio Allatæ sunt. Bull. Bened. XIV, t. IV.

2 Leggasi la Bolla di fondazione, Bullar. Rom., t. IV, par. III, an. 1577, In Apostolicæ Sedis, e chiariscasi ognuno

XXIV. Ma ecco ascendere al trono di Maometto II il sultano Mahmud II, uomo maraviglioso, il quale sebben allevato fosse negli harem, tuttavia fu consapevole della forza dei tempi che aggiogava anche i Turchi alla legge del giusto. Senza avere in corte un Richelieu, col proprio senno operò riforme nel suo imperio, che altri principi cristiani, con un popolo come il Turco, non che tentare, neppur pensato avrebbero. Chiuse per poco l'Alcorano e cominciò a farla da filosofo. Volle adunare quel potere che in mano di molti indisciplinato esercitavasi con iscapito del principato, rovina dei soggetti; eguagliare le ragioni come gli animi papali fossero mondi di gentilizi livori. Come è solenne questo riguardo del Buoncompagni alle greche cose! <<< Itaque cum Christiani Orbis partes mentis nostræ oculis >> perlustramus, inter varias horum temporum ærumnas in>> gens animum nostrum subit miseratio Græcæ Nationis, quæ >> diu olim litterarum scientiarumque eruditionis præstantia, >> et imperii floruit sublimitate, postea Turcarum subjecta ty>> rannidi, ad extremam fuit redacta calamitatem; et quod >> miserrimum est, corporum servitutem secuta est captivitas >> animorum: quia in tantam scientiarum omnium ignoratio» nem Græciæ populi devenerunt, ut vix ullus inter eos repe>> riatur, qui illos profiteri, et alios docere possit, atque adeo » omnes, qui Episcoporum, præsbyterorum, alteriusque ec>>clesiastici Ordinis gradum inter eos obtinent, fœdissimis >> ignorantiæ tenebris obvoluti, sacræ Theologiæ nudos, ca>>tholicorum dogmatum ignari, et ab orthodoxorum religionis >> semita, et S. R. E. omnium matris et magistræ obedientia >> recedentes, in varios errores et schismata prolaxi sunt, et >> laicos in eamdem erroris foveam secum pertraxerunt. >> Questo ai tempi di Gregorio, peggio ai nostri.

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