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Iddio chi la usava. E perchè i preti non lo venissero a turbare in quel che faceva e per disperazione non si volgessero a Roma per riunirsi alla vera Chiesa, tolse via il metropolitano da Kiew, e lo collocò in Mosca, per guardarlo in casa propria; perchè Kiew erasi tenuta per molto tempo fedele alla unione coi Latini. Egli fu tutto nella sua Chiesa; creare, deporre vescovi, destinarli ad altre sedi era per lui una faccenduola da nulla, che componeva di proprio talento. Nissuno del clero ostava, perchè nissuno sapeva cosa fosse un vescovo. Il gesuita Possevino, che a que'dì visitò la Russia, della ignoranza dei suoi cherici conta prodigi. E per lui sappiamo come Iváno si trasfigurasse agli occhi del popolo in vicario di Dio, togliendo sembianze tutte mistiche e quasi ispirate, ed usando sentenze che lo davano a credere veramente ispirato da Dio. Sedeva in trono con tiara in capo ed uno scettro in mano simile alla verga pastorale dei vescovi: le vesti ed ogni altra acconciatura della persona traevano simiglianza da quelle del Papa quando esercita i divini ufficii. Una immagine del Salvatore gli stava a destra, a capo quella della Vergine. Il popolo che teneva innanzi agli occhi i fatti di Novogorod e di Mosca, nel levarli allo Czar credeva in lui ed in Dio con un solo atto di fede. Negli adagi è l'anima di un popolo. Ve Levesque, Histoire de Russie, tomo III.

ne ha uno presso i Russi, che dicono nato a tempi di Iváno, i quali interrogati di cosa che ignorano, sogliono rispondere: Sallo Iddio e lo Czar. Iváno aveva raggiunto lo scopo. Identificato il suo potere con quello di Dio, il popolo era veramente unificato per la forza: egli fu il vero fondatore dell' Impero Russo: i suoi successori fino a Pietro il Grande raffermarono, amplificarono l'operato da lui; Pietro vi appose il marchio della legge.

XI. Lo scisma religioso fu un principio di morale dissoluzione nell'Impero Greco, di materiale composizione nel Russo. I Greci erano stati uniti innanzi ai Latini; la separazione avvenne poi per individuali ragioni del popolo e della cheresia bizantina. In guisa che non entrò nel corpo dell'Impero come un sistema religioso che ha la forza unificatrice per legislazione a priori, ma vi si formò successivamente come vizio che aveva forza di morale decomposizione. Al contrario lo scisma tra i Russi non si produsse, ma fu intromesso come formola legislativa, ossia come religione, anzi come fondamento della politica economia. Quello pei Russi non fu una conseguenza di antecedenti discrepanze dogmatiche o di giurisdizioni; bensì un principio, che lo costituiva popolo, nazione nella doppia individualità religiosa e politica. Gli Czari Moscoviti, come Iváno e Pietro il

Grande, somigliano a que primi fondatori delle grandi nazionalità, come Numa, Licurgo, Confucio, i quali innanzi svegliare la mente di un popolo selvatico alla conoscenza del dovere per civili ordinamenti, accesero innanzi la lampa del soprannaturale, perchè a quel lume avesse visto ad un tempo e il legislatore e la legge. Il soprannaturale che prepararono gli Czari non fu da loro inventato, ma trovato in Bizanzio, nello scisma, non come un fatto, ma come un principio, ossia religione. Nè il popolo russo era desto quando fu loro imposto: il servaggio durato per secoli sotto la signoria dei Tartari, l'aveva sprofondato in un sopore che aveva della morte. Perciò, desto che fu, non trovò nello scisma un fatto storico rimutato in credenza, ma una pura rivelazione di vera religione; e la sua nazionalità politica sorse sul fondamento soprannaturale come quella de'Greci e de' Romani. Laonde ben differentemente va considerato lo scisma foziano nella Chiesa Orientale e nell'Impero Russo. In quella non è che una misera setta religiosa, spoglia di ogni rapporto sociale, alimento di ambizione e di sozze cupidigie pei preti, di matta schiavitù pel popolo. In questo, lo scisma è un'intera nazione, che vive di lui nella sua identificata azione religiosa e politica. Nella Chiesa Orientale non son rapporti con l'umanità; nell'Impero Russo è tutta la contingenza del civile avvenire della me

desima. Tuttavolta, avvegnachè i Russi non fossero analitici estimatori dello scisma come fatto storico; pure per naturale istinto dovevano essere cupidi ricercatori della origine del medesimo, come di loro religione. Imperocchè nelle origini delle religioni è tutta la virtù del loro sovrannaturale. Perciò come i Romani, a mo'd'esempio, credenti alle rivelazioni di Numa, non si potevano tenere dalla notizia della Ninfa Egeria che dava al loro legislatore i divini responsi; così i Russi, umili adoratori delle rivelazioni dello Czar, dovevano necessariamente andare con l'animo alle sagrestie bizantine, donde quegli ebbe attinta la nuova religione. Bizanzio era sempre la Roma cristiana dei Russi. Questo neppur piaceva agli Czari. Teodoro I, figlio di Iváno IV, volle traslatare in Mosca da Costantinopoli l'oggetto religioso della spirituale riverenza del suo popolo. Il tentativo non era irragionevole, anzi egregiamente in armonia con la logica che seguirono i foziani.

XII. Ricordi il lettore come i Vescovi Bizantini s'innalzassero fino al patriarcato ecumenico solo perchè Costantinopoli era città capitale del Romano Impero e stanza d'imperadore. Derivando da questo fatto il loro diritto, conseguitava, che, caduto l'Impero, e non essendo più imperadori, anzi tenendo i Turchi in loro balía

la metropoli bizantina, il Patriarca Costantinopolitano dovesse tenersi da meno di qualunque altro vescovo. Questa conseguenza dolorosamente, ma legittimamente scendeva da quelle promesse. E la raccolse Teodoro I; il quale vedendosi signore di un grande Stato, e non tenendosi spiritualmente soggetto ai Romani Pontefici, erasi persuaso, che l'onore e la giurisdizione patriarcale ed universale spettasse a miglior diritto ai vescovi della sua Mosca, che a Costantinopoli capitale di un impero infedele.

Queste cose pensava lo Czare quando accoglieva con somma onoranza in sua corte Geremia II, patriarca di Costantinopoli, che fuggiva l'ira dei Turchi. Con una ingenua pietà lo pregò che volesse stabilire la sua sede in Mosca, dichiarandosi Patriarca di tutta la Russia, onde a miglior ragione venisse appellato Ecumenico, promettendogli, ove facesse il suo santo piacere, abundantissimum innumerabilemque omnino censum. Geremia non volle condiscendere, amando piuttosto esser Patriarca Ecumenico in Costantinopoli coi Turchi, che in Mosca col successore di Iváno IV. Rispose col niego; ed a le

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1 Perchè il lettore conosca i costumi chericali e civili della Russia al cadere del secolo XVI, è bene che legga la relazione del viaggio del Patriarca Geremia in Russia, e di quel che gli avvenisse in corte dello Czar. Prezioso documento storico, volto di greco in latino, e pubblicato per la prima volta dal Pasini nella sua Biblioteca Torinese, tomo I.

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