FRANCESCO PETRARCA. SESTINA. ALLA dolce ombra delle belle frondi Corsi, fuggendo un dispietato lume, Che 'nfin quaggiù m'ardea dal terzo cielo ; L'aura amorosa che rinnova il tempo, Tal che temendo dell' ardente lume Non volsi al mio refugio ombra di poggi, Ma della pianta più gradita in cielo. Un lauro mi difese allor del cielo ; Nè giammai ritrovai tronco, nè frondi Che non cangiasser qualitate a tempo. Però più fermo ogni or di tempo in tempo Seguendo ove chiamar m' udía dal cielo, E scorto d' un soave e chiaro lume Tornai sempre devoto ai primi rami, Selve, sassi, campagne, fiumi, e poggi, Fuggir disposi gl' invescati rami, Tosto ch' incominciai di veder lume. Tanto mi piacque prima il dolce lume, Ch'i' passai con diletto assai gran poggi Per poter appressar gli amati rami : Ora la vita breve, e'l loco, e'l tempo, E di far frutto, non pur fiori e frondi. Altro amor, altre frondi, ed altro lume, Altro salir al ciel per altri poggi Cerco, (che n'è ben tempo) ed altri rami. 30 FRANCESCO PETRARCA. CANZONE. Composta per l'impresa di Terra Santa. A Filippo di Cabassola, Vescovo di Cavaglione, Patriarca di Gerusalemme, poi Cardinale creato da Urbano V. 1368. Vestita vai, non come l'altre, carca ; Perchè ti sian men dure omai le strade, A Dio diletta, ubbidiente ancella, Onde al suo regno di quaggiù si varca ; Ecco novellamente alla tua barca, Ch' al cieco mondo ha già volte le spalle Per gir a miglior porto, D'un vento occidental dolce conforto, Lo qual per mezzo questa oscura valle, Ove piangiamo il nostro e l' altrui torto, La condurrà de' lacci antichi sciolta Per drittissimo calle Al verace Oriente, ov' ella è vòlta. Forse i devoti, e gli amorosi preghi, Son giunte innanzi alla pietà superna : Ma quel benigno Re, che 'l ciel governa, Al sacro loco ove fu posto al croce Gli occhj per grazia gira; Onde nel petto al novo Carlo spira |