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Virtù fa nobiltà non come intende
Il vulgo indotto: quella Dea fallace
Che sempre rota, e sì come a lei piace,
Stato onor e ricchezze toglie e rende.
Può far d'un Codro in breve tempo un Crasso
Fortuna e può levar in alto stato

Un uom qual vuoi di plebe infimo e basso.
Ma non può dar al Mondo un altro Cato
Col suo giocare, e col suo errante passo:
Non s' acquista virtù per sorte o fato.

LORENZO DE' MEDICI.

Giovanni Corsi lo chiama un Augusto per la Repubblica Fiorentina, e per le lettere un Mecenate. Fu adorno d'ogni sorta di virtù; e nelle scienze e nelle arti belle emulò i grandi di quel secolo. Profuse tesori nella compera de' libri. Amò specialmente la poesia teatrale. Compose i Canti Carnascialeschi, la Rappresentazione di S. Giovanni e Paolo con trentadue personaggi, e le ottave contadinesche sulla Nencia. Scrisse ancora alcuni capitoli. Il suo più gran merito fu di avere splendidamente protetto le arti e le scienze. Nacque nel 1448. e morì nel 1492. Tiraboschi ne scrisse l'elogio.

SONETT O.

Un acerbo pensier talor mi tiene,
E prende sopra gli altri signoria :
Se dura, io muojo, e s' io lo caccio via,
Un'altra volta con più forza viene.

L'amor,

Dicemi esser fallace ogni mia speme,
la fede de la Donna mia;
Narra i varj pensier, quali ebbe pria,
Ch'Amor ponesse in lei tutto 'l mio bene.
Pensando a questo, morte per ristoro
Chiama, e pietosa mi udirebbe allora ;
Ma Amor, che sa quanto a torto mi doglia,
Mi mostra que' begli occhi; e innanzi loro
Fugge ogni rio pensier, ogni ria voglia,
Come tenebre innanzi a l'alma Aurora.

SONETT O.

Spesso mi torna a mente, anzi già mai
Non può partir da la memoria mia
L'abito e 'l tempo e 'l luogo dove pria
La mia donna gentil fiso mirai.
Quel che paresse allora, Amor tu'l sai,
Che con lei sempre fosti in compagnia ;
Quanto vaga gentil leggiadra e pia,
Non si può dir nè immaginar assai.
Quale sovra i nevosi ed alti monti

Apollo spande il suo bel lume adorno,
Tale i crin suoi sovra la bianca gonna.
Il tempo e 'l luogo non convien ch'io conti:
Chè dov'è sì bel sole, è sempre giorno;
E paradiso ov'è sì bella donna.

SONET TO.

O bella violetta, tu se' nata

Ove gia 'l primo mio bel desio nacque;
Lagrime triste e belle furon l' acque
Che t'han nutrita e più volte bagnata.

Pietate in quella terra fortunata
Nutri il desio, ove il bel cesto giacque :
La bella man ti colse, e poi le piacque
Farne la mia per si bel don beata.
E mi pare ad ognor fuggir ti voglia
A quella bella mano, onde or ti tegno
Al nudo petto dolcemente stretta ;
Al nudo petto, che desire e doglia
Tiene in loco del cor, che il petto ha a sdegno,
E stassi, onde tu vieni, o violetta.

GASPARE VISCONTI.

Il suo Canzoniere fu stampato in Milano nel 1493. e moltissimo piacque a' suoi coetanei, Ora sarebbe appena tollerabile. Voleva però essere rammentato, perchè Milanese.

SONETTO.

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O sassi, o mura, che in voi chiuso avete
Il Sol che nel mio cor lucea si forte,
E luce e lucerà per fin che morte
Non solva questa mia terrena rete;
Non so se il bene immenso comprendete
Che alberga in voi per vostra dolce sorte,
E che l'alte maniere oneste e accorte,
Tesor di questa etate, in voi chiudete.
Per voi convien che lacrimando viva,
Tenendomi nascoso il vivo lampo,
Che ovunque splende, germina virtute.
Per voi 'nnanzi al suo tempo viene a riva
Mia vita, che non sa più trovar scampo
Prima del cibo de la sua salute.

MATTEO MARIA BOJARDO.

Fu Conte di Scandiano. Nacque circa il 1430. alla Fratta presso Ferrara, e fini di vivere nel 1492. Fu caro al Duca Borso, e ad Ercole I. dal quale ebbe onorevoli cariche. Vuol essere posto fra più colti uomini, e più leggiadri ingegni di quest' età. Compose l'Orlando Innamorato, a cui debbe specialmente la celebrità del suo nome. Vallisnieri, e Maz zucchelli ne scrissero la vita,

CANZONE

Come in la notte liquida e serena
Vien la stella d'Amor innanzi giorno
Di raggi d'oro e di splendor si piena,
Che l'orizzonte è di sua luce adorno;

Ed ella a tergo mena
L'altre stelle minore,

Ch' a lei d' intorno intorno

Cedon parte del eiel, e fangli onore;

Indi rorando splendido liquore

Da l' umida sua chioma, onde si bagna
La verde erbetta, e il colorito fiore,
Fa rugiadosa tutta la campagna :

Così costei de l'altre il pregio acquista
Perchè Amor l'accompagna,

E fa sparir ogni altra bella vista.

Chi mai vide al mattin nascer l'Aurora,
Di rose coronata e di giacinto,

Che fuor del mare il di non esce ancora
E del suo lampeggiar è il ciel dipinto;

E lei più s'incolora

D'una luce vermiglia,

Da la qual fora vinto

Qual ostro più tra noi gli rassomiglia;

E il rozzo pastorel si maraviglia
Del vago rosseggiar dell' Oriente,

Che a poco a poco su nel ciel si appiglia,
E com' più mira più si fa lucente:

Vedrà così nell' angelico viso

Se alcun fia che possente
Si trovi a riguardarla in vista fiso.

ANGELO POLIZIANO,

Nacque in Montepulciano ai 24. di Luglio del 1454., e mori in Settembre nel 1494. Fu in questo secolo il ristauratore dell' italiana letteratura, come Petrarca lo era stato nel precedente. Ebbe il padrocinio della casa Medici, e fu detto a ragione il padre delle lettere. Le sue Stanze per la giostra di Giuliano de' Medici debbono dirsi uno de' più squisiti poemetti del Parnaso italiano.

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