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Con quefte altre parole da baffo:

cand Viro infigni Francifco Petrarca Laureato, Francifcolus de Brollano Mediolanenfis, gener individua converfatione, amore, propinquitate, & fucceffione, memoria. Moritur anno Do mini 1374. die 18. Julii.

PARTE

liberò quel resto di vita che gli avanzava, farla in Lombardia, ove da tutti li Signori era onorato, e defiderato, e mafime dalli Vifconui.

E per quefto, lafciata la Corte d' Avignone, fi riduffe a Milano, vivendo ancora il Signor Giovanni Vifconti, Arcivescovo di Milano, e tanto potente Signore in Italia, dal quale fu accarezzato, e adoperato, mandandolo a Venezia, per comporre la pace tra quella Signoria, e Genovefi, che guerra crudele facevano infieme. E dopo la morte dell' Arcivescovo, che fu del 1354. d'Ottobre, continud la ftanza con li nepoti, e fucceffori fuoi, che furono Matteo, Barnabò, e Galeazzo. Scrive il Petrarca al Boccaccio, che ftette in Milano dieci anni. E fu di tanta grazia appreffo tutti i Signori di quei luoghi, che, per inimici che foffero infieme, da tutti era ben visto.

Dimorò, com'è detto, tornato di Provenza, circa dieci anni a Milano, e luoghi vicini, come Pavia, ed altri; andando alle volte a Venezia, ed a Padova, fecondo l'occorrenze. Di poi fentendofi invecchiare, e defiderando ozio al corpo, ed alla mente, per pafcere più l'anima che i fenfi, volle ridurfi a Venezia, vedendo

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tuttavia continuare le guerre in Lombardia, fenza Speranza di pace.

In Venezia avea cafa, ed a Padova un Canonicato, e dall' uno all' altro luogo andava fenza difcomodo, e piacevagli ftarfi alle volte in Arquato, villa fu i colli di Padova, ovè s'aveva a fuo gufto fabbricata una cafa per godere la folitudine, conforme al defiderio fio naturale: e buona parte del tempo ftava in Venezia; e continuò quella vita fino a tanto che tra i Signori Veneziani, è il Signor Francefco da Carrara ruppe la guerra; al qual tempo parve al Petrarca, per torre ogni fofpetto, che qualche maligno aveffe potuto pigliare, di ridurfi ad Arquato, e fervire, come poteva, alle volte al fuo Canonicato in Padova. Ed ancorachè in quel tempo Urbano V. paffaffe d'Avignone a Roma, ed invitaffe con grandiffima inftanza il Petrar ea ad effer feco, non per affaticarlo, come feri veva, ma folo per onorarne la Corte, e trattarlo bene; nientedimeno, effendo già vecchio, e mal fano, non fi parti; e ne fece fcufa col Papa: attendendo tuttavia alle lettere facre, ed a mo rire, come diceva, in porto, effendo viffuto in tempefta. E così tra' fuoi fanti penfieri, e con gli amici fuoi cari, ch'alle volte lo vifitavano in Arquato, tra' quali era il Signor medefimo di Padova, andava verfo la fine, fentendo

65

Bal. Quel foco ch' io penfai che foffe fpento
Canz. Quell' antiquo mio dolce empio Signore 339
Canz. Se'l penfier che mi strugge,

Canz. Si è debile il filo a cui s' attene

134

43

317

61

306 309

Canz S'il diffi mai; ch' i' venga in odio a quella 206
Canz. Sclea dalla fontana di mia vita
Canz. Spirto gentil, che quelle membra reggi
Canz. Standomi un giorno folo alla fineftra;
Canz Tacer non poffo, e temo non adopre
Cane, Verdi panni, fanguigni, ofcuri, o perfi
Canz. VERGINE bella, che di Sol veftita,
Canz. Una donna più bella affai che 'l Sole,
Bal. Volgendo gli occhi al mio novo colore,

35

350

126

72

333

INDICE

DE TRIONFI

Dapoi che Morte trionfò nel volto

Dapoi che fotto 'l ciel cofa non vidi
Dell' aureo albergo con l'Aurora innanzi
Era si pieno il cor di maraviglie,
Io non fapea da tal vifta levarme;
La notte che feguì l' orribil cafo

a Carte 399

414

409

366

405

389

Nel tempo che rinnova i miei fofpiri

355

399

372

377

383 360

Pien d'infinita, e nobil maraviglia
Pofcia che mia fortuna in forza altrui
Quando ad un giogo, ed in un tempo quivi

Quefta leggiadra, e gloriofa Donna,
Stanco già di mirar, non fazio ancora,

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INDICE DELLE RIME

CONTENUTE NELLA

GIUNTA AL PETRARCA.

Son. Anima, dove fei? ch'ad ora ad ora, a Carte 430
Son. Conte Ricciardo, quanto più ripenfo
Frott. Di rider ho gran voglia,

441

435

429

441

Canz. Donna mi viene fpeffo nella mente:
Son. Ingegno ufato alle queftion profonde,
Son. In ira ai cieli, al mondo, ed alla gente, 431
Son. Laffo, com' io fui mal' approveduto
Capit. Nel cor pien d'amariffima dolcezza

432

Canz. Nova bellezza in abito gentile

420

Son. Quella ghirlanda che la belle fronte

Son. Quella che 'l giovenil mio cor' avvinfe

Canz. Quel c'ha noftra natura in fe più degno 425

429

432

Son. Quando, Donna, da prima io rimirai

433

Capit. Quanti già nell'età matura, ed acra
Son. Se fotto legge, "Amor, viveffe quella
Son. Siccome il padre del folle Fetonte,
Son. Stato fofs' iq quando la vidi prima,

Son. Voftra beltà, che al mondo appare un Sole, 434

434

419

431

440

430

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