Ed io nel cor via più freddo che ghiaccio, Ma, laffo, a me non val fiorir di valli; Ch' allor fia un dì Madonna senza 'l ghiaccio Mentre ch' al mar difcenderanno i fiumi, Ben debb' io perdonare a tutt' i venti, A Per amor d' un che 'n mezzo di duo fiumi Ma non fuggio giammai nebbia per venti, SONETTO LI Racconta un' accidente avvenutogli, cioè che, effendo in Toscana al lito del Mare, volendo veder da preffo un' Alloro, cadde in un Rio e priega che gli occhi gli s' asciughino, e i piedi gli rimangano bagnati. Dei mar Tirreno alla sinistra riva, Dove rotte dal vento piangon l' onde, Di cui conven che 'n tante carte fcriva: Amor, che dentro all' anima bolliva, Per rimembranza delle treccie bionde Solo, ov' io era tra bofchetti, e colli, Piacemi almen d'aver cangiato ftile Dagli occhi a' piè; fe del lor' effer molli SONETTO LII. Scrive ad un Romano che era fuori di Roma, effendo egli in Roma, dicendogli, che l'afpetto della terra di Roma lo 'nduceva a devozione, e a pentimento; e la memoria di Laura il confortava a ritornare da lei, e à continuare l'amore. L'afpetto facro della terra vostra Mi fa del mal paffato tragger guai, M' agghiaccio dentro in guifa d' uom ch'ascolta Poi torna il primo, e questo dà la volta: SONETTO LIII. Conferma per esperienza nuova quello, che più volte aveva ancora pur per esperienza faputo, cioè, che egli per niuna via non fi può liberar da Amore. Ben fapev' io che natural configlio, Amor, contra di te giammai non valfe: Ma novamente (ond' io mi maraviglio) CANZONE VII. S'accorgeva il Petrarca che lo fcrivere cofe di dolore rincrefceva a Laura, onde aveva domandato ad Amore, che faceffe in guifa che poteffe fcrivere cofe d' allegrezza: ma non avendolo potuto ancora ottenere, dubita nella prima Stanza, fe debba lafciare di pregare, e conchiude pure di ripregarlo. Nella feconda moftra che farebbe omai tempo di fcrivere cofe liete, e che grande felicità farebbe la fua, fe piaceffe il fuo fcrivere a Laura, e maggiore fe ella lo pregaffe che fcriveffe. Nella terza dice che ciò non può essere, perchè il Cielo non vuole. Laonde vuole feguire il fuo fcrivere di cofe di dolore. Nella quarta riprende quello, che aveva detto, che il Cielo non vuole. E nella quinta dice che la colpa è pur fua, e non di Laura, o del Tempo. Laffo me, ch'i' non fo in qual parte pieghi Quefte voci meschine; Non gravi al mio Signor, perch'io 'l ripreghi Di dir libero un dì tra l'erba, e i fiori, * Quefto è il principio d' una Canzone d'Arnaldo Daniello, fecondo che afferma il Bembo, e viene a dire: Dritto e ragione è che io canti, e mi trafiulli. Ragion' è ben, ch' alcuna volta i' canti: Qualche dolce mio detto; O me beato fopra gli altri amanti! Scorto m' avete a ragionar tant' alto; Curi; che 'l Ciel non vole; Al qual pur contraftando i' fon già laffo: Onde, come nel cor m' induro, e 'nnaspro; Così nel mio parlar voglio effer afpro.* * Questo è il principio d' una Canzone di Dante. Che parlo? o dove fono? e chi m' inganna Altri, ch'io fteffo, e'l defiar foverchio? Già, s'i' trafcorro il ciel di cerchio in cerchio, Neffun pianeta a pianger mi condanna. Se mortal velo il mio veder' appanna, Che colpa è delle ftelle, |