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SONETTO XL.

Avendo il Petrarca defiderato di palefare a Laura i fuoi affanni, venuto alla presenza, gli era ceffato il defiderio, e senza palefargliele, fe n'era tornato. Domanda ad Amore la

cagione di ciò, dal quale procede quefto effetto. Movendo, dà ragione della domanda per tre fimilitudini.

Se mai foco per foco non si spense,

Nè fiume fù giammai fecco per pioggia,
Ma fempre l'un per l'altro fimil poggia;
E fpeffo l' un contrario l' altro accenfe;
Amor, tu ch'i pensier noftri difpenfe,
Al qual' un' alma in duo corpi s' appoggia,
Perchè fa' in lei con difufata foggia
Men per molto voler le voglie intense?
Forfe, ficcome 'I Nil d' alto caggendo

Col gran fuono i vicin d'intorno afforda;
El Sol' abbaglia chi ben fifo il guarda;

Così 1 defio, che feco non s' accorda,
Nello sfrenato obbietto vien perdendo;
E per troppo fpronar la fuga è tarda.

SONETTO XLI

Si dolfe nel Sonetto paffato del defio; in quefto fi duole non più del defio, il quale era pronto a mandare fuori gli affanni nel cofpetto di Laura per parole, per lagrime, e per fofpiri, e per afpetto miferabile; ma la lingua non feguiva il defio, nè le lagrime, nè i fofpiri: folamente la vifta era miferabile; onde delle cofe predette fi duole.

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Perch' io t'abbia guardato di menzogna
A mio podere, ed onorato affai,
Ingrata lingua, già però non m' hai
Renduto onor, ma fatto ira, e vergogna:

Che qnando più 'l tuo ajuto mi bifogna
Per dimandar mercede, allor ti ftai
Sempre più fredda; e fe parole fai,
Sono imperfette, e quafi d' uom che fogna.
Lagrime trifte, e voi tutte le notti

M' accompagnate, ov' io vorrei ftar folo:
Poi fuggite dinanzi alla mia pace.

E voi sì pronti a darmi angofcia, e duolo,
Sofpiri, allor traete lenti, e rotti.
Sola la vifta mia del cor non tace,

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CANZONE V.

Per comparazione d'una Vecchia Peregrina, d'un Zappatore, d'un Paftore, de' Naviganti, e de' Buoi, mostra il fuo ftaro effere oltremodo mifero.

Nella stagion che 'l ciel rapido inchina

Verfo Occidente, e che'l dì noftro vola
A gente che di là forse l' aspetta;
Veggendofi in lontan paese fola
La ftanca vecchierella pellegrina
Raddoppia i paffi, e più e più s' affretta:
E poi così foletta

Al fin di fua giornata

Talora è confolata

D'alcun breve ripofo; ov' ella obblia
La noja, e'l mal della paffata via.
Ma laffo, ogni dolor che 'l dì m' adduce,
Crefce, qualor s'invia

Per partirfi da noi l'eterna luce,

Come '1 Sol volge le 'nfiammate rote,

Per dar luogo alla notte; onde difcende
Dagli altiffimi monti maggior l'ombra;
L'avaro zappador l' arme riprende;
E con parole, e con alpestri note
Ogni gravezza del fuo petto fgombra:
E poi la menfa ingombra

Di

povere vivande,

Simili a quelle ghiande

Le qua' fuggendo tutto 'l mondo onora.

Ma chi vuol, fi rallegri ad ora ad ora:
Ch'i' pur non ebbi ancor non dirò lieta,
Ma ripofata un' ora,

Nè per volger di ciel, nè di pianeta.
Quando vede'l paftor calare i raggi

Del gran pianeta al nido ov' egli alberga;
E'mbrunir le contrade d' Oriente;
Drizzafi in piedi, e con l'ufata verga,
Laffando l' erba, e le fontane, e i faggi,
Move la fchiera fua foavemente:
Poi lontan dalla gente

O cafetta, o fpelunca

Di verdi frondi ingiunca:

Ivi fenza penfier s' adagia, e dorme.
Ahi crudo Amor, ma tu allor più m'informe
A feguir d'una fera, che mi ftrugge,

La voce, e i paffi, e l'orme;

E lei non ftringi, che s'appiatta, e fugge.

Ei naviganti in qualche chiufa valle

Gettan le membra, poi che 'l Sol s'afconde,
Sul duro legno, e fotto l' afpre gonne.
Ma io; perchè s' attuffi in mezzo l'onde,
E laffi Ifpagna dietro alle fue fpalle,
E Granata, e Marrocco, e le Colonne;
E gli uomini, e le donne,

El mondo, e gli animali
Acquetino i lor mali;

Fine non pongo al mio oftinato affanno:
E duolmi, ch' ogni giorno arroge al danno:
Ch'i' fon già pur crefcendo in quefta voglia
Ben preffo al decim' anno;

Nè pofs' indovinar chi me ne fcioglia.

E, perchè un poco nel parlar mi sfogo;
Veggio la fera i buoi tornare fciolti
Dalle campagne, e da' folcati colli.
I miei fofpiri a me perchè non tolti
Quando che fia? perchè nò'l grave giogo?
Perchè dì, e notte gli occhi miei fon molli?
Mifero me, che volli

Quando primier sì fifo

Gli tenni nel bel vifo,

Per iscoprirlo immaginando in parte
Onde mai nè per forza, nè per arte
Moffo farà; fin ch'i' fia dato in preda
A chi tutto diparte?

Ne fo ben' anco che di lei mi creda.

Canzon; fe l' effer meco

Dal mattino alla fera

T'ha fatto di mia fchiera;

Tu non vorrai moftrarti in ciafcun loco:
E d'altrui loda curerai sì poco,

Ch' affai ti fia penfar di poggio in poggio,
Come m'ha concio 'l foco

Di questa viva pietra ov' io m' appoggio.

米糕

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