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SONETTO XXIII

Scrive a Bologna ad un' amico, a cui fignifica la mossa di Carlo IV. contra gl' Infedeli: la tornata del Papa a Roma, per la quale fi raffetteranno le cofe dello Stato in Bologna, e fi rallegrerà Roma. Ultimamente lo 'nvita ad andare con l'Imperatore contra gl' Infedeli.

1 fucceffor di Carlo; che la chioma

Con la corona del fuo antico adorna;
Prefe ha già l'arme per fiaccar le corna
A Babilonia, e chi da lei fi noma:

E'l Vicario di CRISTO con la foma
Delle chiavi, e del manto al nido torna;
Sicchè s'altro accidente nol distorna,
Vedrà Bologna, e poi la nobil Roma.

La manfueta voftra, e gentil' agna
Abbatte i fieri lupi: e così vada
Chiunque amor legittimo fcompagna.
Confolate lei dunque, ch' ancor bada;
E Roma, che del fuo fpofo fi lagrià;
E per GESU' cingete omai la spada.

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CANZONE II.

Pare che il Petrarca fcriva in Italia, anzi a Roma, ad una perfona letterata e religiofa, confortandola a fcrivere, ed a predicare agli uomini Italici, che fieno con Carlo Imperatore nell' imprefa contra i Saracini. Alcuni dicono che il Petrarca chiama in quefta Canzone tutti i Criftiani al paffaggio d' oltremare, e che parli in fingolare indeterminato, per comprendere ognuno; quali tutti que' che vanno in campo fieno tali, quali è figurata quefta Anima, o che le feguenti cofe fi poffano acconciare a quefto in

telletto.

afpettata in ciel, beata, e bella
Anima, che di noftra umanitade
Vestita vai, non, come l'altre, carca;
Perchè ti fian men dure omai le ftrade,
A Dio diletta, obbediente ancella,
Onde al fuo regno di quaggiù fi varca;
Ecco novellamente alla tua barca,

Ch' al cieco mondo ha già volte le spalle
Per gir a miglior porto,

D'un vento occidental dolce conforto;
Lo qual per mezzo questa ofcura valle,
Ove piangiamo il noftro, e l' altrui torto,
La condurrà de' lacci antichi fciolta
Per drittiffimo calle

Al verace Oriente, ov' ella è volta,

Forfe i devoti, e gli amorofi preghi,
E le lagrime fante de' mortali
Son giunte innanzi alla pietà fuperna:
E forfe non fur mai tante, nè tali,
Che per merito lor punto fi pieghi

Fuor di fuo corfo la giustizia eterna:
Ma quel benigno Re che 'l ciel governa,
Al facro loco ove fu pofto in croce,
Gli occhi per grazia gira:

Onde nel petto al novo Carlo fpira
La vendetta ch' a noi tardata noce
Sì, che molt' anni Europa ne fofpira;
Così foccorre alla fua amata sposa,
Tal, che fol della voce

Fa tremar Babilonia, e ftar penfofa.
Chiunque alberga tra Garonna, e'l monte,
E'ntra '1 Rodano, e'l Reno, e l'onde falfe;
Le 'nfegne Criftianiffime accompagna:
Ed a cui mai di vero pregio calfe,
Dal Pirenéo all' ultimo orizzonte,
Con Aragon lafferà vota Ifpagna:
Inghilterra, con l' ifole che bagna
L'Oceano intra'1 Carro, e le Colonne,
Infin là dove fona

Dottrina del fantiffimo Elicona,

Varie di lingue, e d'arme, e delle gonne
All' alta imprefa caritate fprona.

Deh qual' amor si licito, o sì degno,
Qua figli mai, quai donne

Furon materia a si giufto difdegno?

Una parte del mondo è che fi giace

Mai fempre in ghiaccio, ed in gelate nevi
Tutta lontana dal cammin del Sole:
Là, fotto i giorni nubilofi, e brevi,
Nemica naturalmente di pace

Nafce una gente, a cui 'l morir non dole.
Quefta fe più devota che non fole,

Col

Col Tedesco furor la fpada cigne;
Turchi, Arabi, e Caldei,

Con tutti quei che fperan negli dei

Di quà dal mar che fa l' onde fanguigne,
Quanto fian da prezzar, conofcer dei:
Popolo ignudo, paventofo, e lento;
Che ferro mai non ftrigne,

Ma tutti i colpi fuoi commette al vento.

Dunque ora è 'l tempo da ritrarre il collo
Dal giogo antico, e da fquarciar il velo
Ch'è ftato avvolto intorno agli occhi noftri;
E che 'l nobile ingegno che dal cielo
Per grazia tien' dell' immortale Apollo,
E l' eloquenzia fua vertù qui mostri
Or con la lingua, or con laudati inchioftri:
Perchè d'Orfeo leggendo, e d' Anfione,
Se non ti maravigli;

Affai men fia ch' Italia co' fuoi figli

Si defti al fuon del tuo chiaro fermone
Tanto, che per GESU' la lancia pigli:
Che, s' al ver mira quefta antica madre,
In nulla fua tenzone

Fur mai cagion sì belle, o sì leggiadre.

Tu, c'hai, per arricchir d' un bel tesauro,
Volte l'antiche e le moderne carte,
Volando al ciel con la terrena foma,
Sai dall' imperio del figliuol di Marte
Al grande Augufto; che di verde lauro
Tre volte trionfando ornò la chioma;
Nell' altrui ingiurie del fuo fangue Roma
Speffe fiate quanto fu cortefe:.

Ed or perchè non fia

Cortefe nò, ma conofcente, e pia
A vendicar le difpietate offefe
Col Figliuol gloriofo di MARIA?
Che dunque la nemica parte fpera
Nell' umane difefe;

Se CRISTO fta dalla contraria schiera?
Pon' mente al temerario ardir di Serfe;
Che fece per calcar i noftri liti
Di novi ponti oltraggio alla marina:
E vedrai nella morte de' mariti
Tutte veftite a brun le donne Perfe,
E tinto in roffo il mar di Salamina:
E non pur questa mifera ruina
Del popolo infelice d' Oriente
Vittoria ten' promette;

Ma Maratona, e le mortali ftrette'
Che difefe il Leon con poca gente,
Ed altre mille, c' hai fcoltate, e lette.
Perchè inchinár a Dio molto convene
Le ginocchia, e la mente;

Che gli anni tuoi riferva a tanto bene.
Tu vedra' Italia, e l'onorata riva,

Canzon: ch' agli occhi miei cela, e contende
Non mar, non poggio, o fiume;

Ma folo Amor; che del fuo altero lume

Più m' invaghifce dove più m' incende:
Nè natura può ftar contr' al coftume.

Or movi, non fmarrir l'altre compagne:

Che non pur fotto bende,

Alberga Amor; per cui fi ride, e piagne.

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