A gli atti, alle parole, al vifo, ai panni, Come ardevamo in quel punto ch'i' vidi 503-503-503:50:503:503-203-503-203-503-593-503 SONETTO XLVII. Il Petrarca, quando mori Laura, fi trovava avere paffato, il qua rantefimo anno; per la qual cota Laura fecura omai d'effere amata oneftamente, dimefticamente, e feftevolmente cominciava ad ufar col Petrarca: il che egli riputava fomma felicità, della quale per la morte di lei rimaneva privato T utta la mia fiorita, e verde etade Ch'arfe il mio cor'; ed era giunto al loco Già incominciava a prender ficurtade La mia cara nemica a poco a poco Preffo era'l tempo dov' Amor fi fcontra Con Caftitate; ed a gli amanti è dato Morte ebbe invidia al mio felice ftato; SONETTO LXVIII. Si duole d'avere per la morte di Laura perduta felicità, alla quale foffe già vicino. T empo era omai da trovar pace, o tregua Poco aveva a'ndugiar, che gli anni, e'l pelo Con che onefti fofpiri l'avrei detto Le mie lunghe fatiche, ch'or dal Cielo SONETTO, XLIX. Quefto Sonetto è della materia de' due precedenti. Tranquillo porto avea moftrato Amore Ahi, Morte ria, come a fchiantar fe' prefta Pur vivendo veniafi ove depofto In quelle cafte orecchie avrei parlando Ed ella avrebbe a me forfe rifpofto SONETTO L. Per due traslazioni, che trappaffano in Allegoria, dimoftra che amò Laura viva, e di lei fcriffe, ed è per amare la fua me moria, e di lei fcrivere, contuttochè non-ifperi di coglierne frutto alcuno. Al cader d'una pianta, che si svelse, Come quella che ferro, o vento fterpe, Vidi un'altra, ch'Amor'obbietto feelse, Gli alti penfieri, e i miei fofpiri ardenti, Al Ciel traslato, in quel fuo albergo fido SONETTO LI Si duole d'avere pofta fperanza in cofa di quefto Mondo, per la brevità della quale ammonito, ora l'ha pofta in cofa fempiterna. Aveva pofta la fua fperanza nell' amor di Laura viva, ora l'ha pofta nell'amor di Laura Deificata. I di miei più leggier che neffun cervo, Fuggir, com' ombra; e non vider più bene Mifero mondo, inftabile, e protervo, Del tutto è cieco chi'n te pon fua fpene: Ma la forma miglior, che vive ancora, Evo fol' in penfar cangiando 'l pelo, SONETTO LII. Si duole d' Amore, che in vita di Laura non l'abbia mai se non tormentato, e in morte ancora lo tormenti, fenza poterne fperar guiderdone alcuno. Sento l'aura mia antica; e i dolci colli Veggio apparir onde 'l bel lume nacque E da'begli occhi fuoi, che'l cor m'hann'arfo, Ho fervito a fignor crudele, e scarfo: |