E tutta notte par che m'accompagne, E mi rammente la mia dura forte: Che’n Dee non credev'io regnasse Morte. Que' duo bei lumi affai più che 'l Sol chiari Chi pensò mai veder far terra oscura? Vuol che vivendo, e lagrimando impari SONETTO XLIV. Nè per cosa che piaccia a gli occhi, nè per cofa' che piaccia a gli orecchi è mai per rallegrarli; anzi la vita non gli giova, c torrebbe di perderla, per riveder Laura. Ne per sereno ciel' ir vaghe ftelle;', Nè per tranquillo mar legni spalmati; Nè per campagne cavalieri armati; Nè per bei boschi allegre fere, e snelle; Nè dir d'amore in ftili alti, ed ornati; Dolce cantare oneste donne, c belle; Si seco il seppa quella seppellire Che fola a gli occhi miei fu lume, e speglio. Noja m'è'l viver si gravofa, e lunga, Ch'i' chiamo il fine per lo desire SONETTO XLV. Morta Laurd, e montata in Cieló,' desidera di morire per eller con lei con l' Anima, dove fempre è col cuore, Con refrigerio in mezzo 'I foco visli: Ma lasciato m'ha ben la pena, e il pianto. Ma passando, i dolci occhi al cor m’ha fiffi, Lei ch'avvolto l'avea nel suo bel manto: Oy’or trionfa ornata dell' Alloro Che meritò la sua invirta onestate. Ch'a forza mi tien qui, foss'io con loro ********** *********** SONETTO XLVI. suoi piaceri, e non l'avere antiveduto, quando si parti da Lau ra: poi commenda quel piacere ultimo. Al tempo lieto già pensofa, e trista A gli atti, alle parole, al viso, ai panni, Alla nova pietà con dolor mista, Quest'è l'ultimo di de' miei dolci anni. Come ardevamo in quel punto ch'i' vidi Gli occhi i quai non devea riveder mai! Partendo, in guardia la più nobil falma, SONETTO XLVII, Il Petrarca, quando mori "Laura, si trovava avere passato il qua rantesimo anno; per la qual cota Laura secura omai d'essere amata onestamente, dimesticainenie, é feltevolmente cominciava ad usar col Pęcrarça : il che egli riputava fomma felicità; della quale per la morte di lei rimaneva privato TI utta la mia fiorita, e. verde etade Ove scende la vita, ch'al fin cade: La mia cara nemica a poco a poco Mie pene acerbe sua dolce onestade: Con Castitate; ed a gli amanti è dato Morte ebbe invidia al mio felice stato; Anzi alla fpeme; e féglisi all'incontra SONETTO LXVIII. Si duole d'avere per la morte di Laura perduta felicità, alla quale fosse già vicino. J L Che, come nebbia al vento fi dilegua, Così sua vita subito trascorse Ed or conven che col pensier la segua. Cangiavano i costumi: onde fospecto Non fora il ragionar del mio mal seco. Le mie lunghe fatiche, ch'or dał Cielo SONETTO, XLIX. Alla mia lunga, e torbida tempesta Che i vizj spoglia, e vertù veste, e onore. E l'alta fede non più lor molefta, Il frutto di molt' anni in sì poche ore! In quelle cafte orecchie avrei parlando De' miei dolci pensier l'antica loma; Ed ella ayrebbe a me forse risposto Qualche fanta parola fofpirando, Cangiati i volti, e l'una, e l'altra coma, 30000000000000000000000000000000000000000000000 SONETTO L. amò Laura viva, e di lei scrisse, ed è per amare la sua me frutto alcuno. Come quella che ferro, o vento sterpe, |