SONETTO XXXII. Defidera di morire per potere effer con Laura.' Dice adunque che porta invidia a' luoghi dove ella è, ed a quelle perfone che le tengono compagnia, Q uanta invidia ti porto, avara terra; Ch' abbracci quella cui veder m'è tolto; Dove pace trovai d'ogni mia guerra! - Ch' avendo fpento in lei la vita mia, SONETTO XXXIII. Per la rammemorazione del perpetuo ftato della Valle, del Fiume, delle Fiere, del Colle, accrefce la 'nfelicità della mutazione del fuo; che è, donde foleva veder Laura viva, vede il luogo dove mori. Valle, che de' lamenti miei se' piena; Fiume, che fpeffo del mio pianger cresci; Che l'una e l'altra verde riva affrena; Aria de' miei fofpir calda, e ferena; Quinci vedea 'l mio bene; e per queft' orme 00000000000:000000000 SONETTO XXXIV. Vifione eftatica. Pareva al Petrarca d' effere nel terzo Cielo, Levommi il mio penfier' in parte ov' era Per man mi prese, e diffe: In questa spera Mio ben non cape in intelletto umano: Deh perchè tacque, ed allargò la mano? SONETTO XXXV. Rivolge il parlare ad Amore, al luogo, e agli animali, col quale, nel quale, e fra' quali foleva ufare in vita di Laura, quando era giojofo, ed accrefce la prefente miferia con la paffata felicità. Amor, che meco Delle fortune mie tante, e sì gravi: O Ninfe; e voi che 'l frefco erbofo fondo *** ******************** SONETTO XXXVI. Scufa perchè in vita di Laura non componeffe lodevolmente, e dopo morte non componga. Mentre che 1 cor dagli amorofi vermi Fu confumato, e 'n fiamma amorofa arfe; Cercai per poggi folitarj, ed ermi; Ed ebbi ardir cantando, di dolermi D'Amor, di lei che si dura m' apparse: In quella etate a' pensier novi, e 'nfermi, Quel foco è morto, e 'l copre un picciol marmo: Di rime armato, ond' oggi mi disarmo, SONETTO XXXVII. Priega Laura che abbia compaffione de' fuoi affanni ora che è morta, e per confeguente fa certo, come la fuá intenzione è onefta, di che, perchè n'ebbe dubbio in vita, non glîéne voleva avere. Anima bella, da quel nodo fciolta Che più bel mai non feppe ordir Natura,7 La falfa opinion dal cor s'è tolta, Che mi fece alcun tempo acerba, e dura A Volgi a me gli occhi, e i miei fospiri ascolta. Mira 'l gran faffo donde Sorga nafce, E vedravi un che fol tra l' erbe, e l'acque, I Ove giace 'l tuo albergo, e dove nacque Il noftro amor, vo' ch' abbandoni, e lasce, SONETTO XXXVIII. Morta Laura non ha al Mondo perfona che fi poffa proporre Uomo per efempio di fanta vita: laonde il Petrarca ripete con la memoria l'azioni di lei piene di buono efempio. Qu uel Sol che mi moftrava il cammin deftro Tornando al fommo Sole, in pochi faffi Ond' io fon fatto un' animal filveftro, Porto 'l cor grave, e gli occhi umidi, e baffi Così vo ricercando ogni contrada Ov' io la vidi; e fol tu, che m' affligi, Lei non trov' io; ma fuoi fanti veftigi Veggio lunge da' laghi Averni, e Stigi, |