Pregando ch'al levar l'alma non tarde: SONETTO XVIII. Commendazione della foavità del parlar di Laura immaginata. Se e quell'aura foave de' fofpiri Ch'i'odo di colei che qui fu mia Donna, or'è in Cielo, ed ancor par qui fia, Ritrar poteffi; o che caldi defiri Movrei parlando! si gelofa, e pia Torna ov'io fon, temendo non fra via Ir dritto alto m'infegna: ed io, che 'ntendo SONETTO XIX. Si confola della morte di Sennuccio per lo bene, che effo Sennuccio ne prende; e gli commette che faluti i Poeti amorofi nella Spera di Venere, e racconti alla fua Donna lo ftato fuo. Sennuccio mio, benchè dogliofo, e folo M'abbi laffato, i' pur mi riconforto: Or vedi infieme l'uno, e l'altro polo; Guitton faluti, e meffer Cino, e Dante, 300000000000001 SONETTO XX. Dimoftrazione dello ftato nojofo fuo dopo la morte di Laura, che è di fofpirare, e di guardare d'in fu i colli di Valchiusa verso il piano, dove nacque Laura, e di piangere. 'ho pien di fofpir queft' aer tutto, E' gita al Cielo, ed hammi a tal condutto Gli occhi miei ftanchi, lei cercando in vano, Non è fterpo, nè faffo in quefti monti; SONETTO XXI. Confolazione della morte di Laura, per la quale egli ora s'avvede di quello che prima non s'avvedeva: e ciò era che la turbata vifta di Laura era per bene del Petrarca, e per onore di lei. 2 L'alma mia fiamma oltra le belle bella; Or comincio a fvegliarmi; e veggio ch'ella Lei ne ringrazio, el fuo alto configlio, O leggiadre arti, e lor effetti degni; L'un con la lingua oprar, l'altra col ciglio, SONETTO XXII. Il Petrarca ringrazia Laura dell' afprezza ufata da lei verfo lui, ficcome della falute fua, fcufandofi perchè allora non riconoscesse cotale afprezza per salute. Come val mondo! or mi diletta, e piace E breve guerra per eterna pace. O fperanza, o defir fempre fallace! E degli amanti più, ben per un cento: Ma'l cieco Amor', e la mia forda mente Benedetta colei ch'a miglior riva Volfe'l mio corfo: e l'empia voglia ardente 000000000000:0000000000000 Q uand' io veggio dal ciel fcender l'Aurora Då ricovrare il tuo caro teforo: Ma io che debbo far del dolce Alloro? I voftri dipartir non fon sì duri; Ch' almen di notte fuol tornar colei Che non ha a fchifo le tue bianche chiome: SONETTO XXIV. Annoverato il ben, che per la morte di Laura ha perduto, poichè non more, afferma almeno di non volere cantare. Gli occhi di ch' io parlai sì caldamente; E le braccia, e le mani, e i piedi, e'l vifo; E fatto fingular dall' altra gente; |