Talor l'enfiamma: e ciò fepp' io dapoi Lunga ftagion di tenebre veftito: Ch'a quei preghi il mio lume era sparito. Ed io non ritrovando intorno intorno Ombra di lei, nè pur de' fuoi piedi orma, Com'uom che tra via dorma, Gittaimi ftanco fopra l'erba un giorno. Ivi accufando il fuggitivo raggio Alle lagrime trifte allargai 'l freno, E lafciaile cader come a lor parve: Nè giammai neve fott' al Sol difparve, Com' io fentî me tutto venir meno, E farmi una fontana appiè d'un faggio. Gran tempo umido tenni quel viaggio. Chi udì mai d'uom' vero nafcer fonte? E parlo cofe manifefte e conte.
L'alma, ch'è fol da Dio fatta gentile; (Che già d'altrui non può venir tal grazia) Simile al fuo fattor ftato ritene: Però di perdonar mai non è fazia A chi col core e col fembiante umile Dopo quantunque offefe a mercè vene: E fe contra fuo ftile ella foftene
D'effer molto pregata, in lui fi fpecchia; E fal perchè '1 peccar più fi pavente; Che non ben fi ripente
Dell' un mal, chi dell' altro s' apparecchia. Poi che Madonna da pietà commoffa Degnò mirarmi, e riconobbe e vide Gir di pari la pena col peccato;
Benigna mi riduffe al primo ftato.
Ma nulla è al mondo in ch' uom faggio fi fide;
Ch' ancor poi ripregando, i nervi e l' offa Mi volfe in dura felce; e così fcoffa Voce rimafi dell' antiche fome; Chiamando Morte, e lei fola per nome, Spirto dogliofo errante, mi rimembra, Per fpelunche deferte e pellegrine, Pianfi molt' anni il mio sfrenato ardire: Ed ancor poi trovai di quel mal fine, E ritornai nelle terrene membra, Credo, per più dolor' ivi fentire. I' feguii tanto avanti il mio defire, Ch'un dì cacciando fi, com'io folea, Mi moffi; e quella fera bella, e cruda In una fonte ignuda
Si ftava, quando'1 Sol più forte ardea. Jo, perchè d' altra vifta non m'appago, Stetti a mirarla: ond' ella ebbe vergogna, E per farne vendetta, o per celarfe,
acqua nel vifo con le man mi fparfe. Vero dirò: forfe e parrà menzogna: Ch' i' fentii trarmi della propria immago; Ed in un cervo folitario, e vago
Di felva in felva ratto mi trasformo; Ed ancor de' miei can fuggo lo ftormo. Canzon, i' non fu' mai quel nuvol d'oro Che poi difcefe in preziosa pioggia, Sicche'l foco di Giove in parte fpenfe: Ma fui ben fiamma ch' un bel guardo accenfe; E fui l'uccel che più per l'aere poggia, Alzando lei che ne' miei detti onoro: Nè per nova figura il primo alloro Seppi laffar: che pur la fua dolce ombra Ogni men bel piacer del cor mi fgombra.
Rifponde per le Rime a certo da Perugia, il quale gli domandava delle fue Rime. E può quefto Sonetto ricevere doppia interpretazione: o che fi duole di Laura che mal lo tratti, e guiderdoni del fuo amore, e per affanno non poffa attendere agli ftudj: o che fi doglia che gli foffe negato l' onore della Laurea, non effendogli ancora proferta da alcuno,
Se l' onorata fronde che prescrive
L'ira del ciel, quando'l gran Giove tona, Non m' aveffe difdetta la corona Che fuole ornar chi poetando fcrive;
I' era amico a queste voftre Dive,
Le qua' vilmente il fecolo abbandona: Ma quella ingiuria già lunge mi fprona Dall' inventrice delle prime olive:
Che non bolle la polver d'Etiopia Sotto'l più ardente Sol, com' io sfavillo Perdendo tanto amata cofa propia.
Cercate dunque fonte più tranquillo; Che 'l mio d'ogni licor foftene inopia, Salvo di quel che lagrimando ftillo.
SONETTO XXI.
Pare ch'è fatto per uno che già, avendo dato principio al rimare, e forfe per amor di donna, e che fpaventato dalla difficultà del ben rimare, e dagli affanni amorofi, avelle fcritto alcuno afpro Poema contra Amore, e poi fi foffe riftato. Ultimamente riconofciutofi, avesse di nuovo melo mano allo ftudio della Poesia, e infieme foffe ritornato ad amare. Finge dunque, che Amore i doleffe della perdita di questo Poeta. E pon mente che prende qui Amore non folamente per amor di Poesia, ma ancora per amor di Donna, ma onefto, e fanto.
Amor mor piangeva, ed io con lui tal volta; Dal qual miei paffi non fur mai' fontani: Mirando, per gli effetti acerbi, e ftrani, L'anima voftra de' fuoi nodi fciolta,
Or ch' al dritto cammin l' ha Dio rivolta; Col cor levando al cielo ambe le mani Ringrazio lui, ch' i giufti preghi umani Benignamente, fua mercede, afcolta.
E fe tornando all' amorofa vita,
Per farvi al bel defio volger le fpalle, Trovafte per la via foffati, o poggi; Fu per moftrar, quant'è fpinofo calle, E quanto alpeftra, e dura la falita
Onde al vero valor conven ch' uom poggi,
Per due comparazioni mostra la fua allegrezza. Invita i Poeti a fare onore a questo ritornato Poeta. Soggiunge la ragione, che è dovere, a fimilitudine del Regno de' Beati.
iù di me lieta non fi vede a terra Nave dall' onde combattuta, e vinta, Quando la gente di pietà dipinta Su per la riva a ringraziar s'atterra; Nè lieto più del carcer fi differra Chi'ntorno al collo ebbe la corda avvinta, Di me, veggendo quella fpada fcinta Che fece al fignor mio si lunga guerra.
E tutti voi ch' Amor laudate in rima, Al buon teftor degli amorofi detti Rendete onor, ch'era fmarrito in prima. Che più gloria è nel regno degli eletti D'un fpirito converfo, e più s' eftima, Che di novantanove altri perfetti.
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