SONETTO II O che la Ragione, o che alcuno Amico il voleffe confolare, non vuole ricevere alcuna confolazione. Pone in tre modi la fua difavventura della morte del Colonnese, e di Laura; prima fotto figura di fpezzamento d'una Colonna, e d'un Lauro; poi di cofa perduta; ultimamente di ruberia di teforo. Rotta è l'alta Colonna, e'l verde Lauro, Che facean' ombra al mio ftanco penfero: Perdut'ho quel che ritrovar non fpero Dal Borea all' Auftro, o dal mar' Indo al Mauro. Tolto m'hai, Morte, il mio doppio tefauro, Che mi fea viver lieto, e gire altero; E ristorar nol può terra, nè impero, Nè gemma oriental, nè forza d'auro. Ma fe confentimento è di deftino; Che pofs' io più, fe no aver l'alma trista, Umidi gli occhi fempre, e'l vito chino? O noftra vita, ch'è sì bella in vista; Com' perde agevolmente in un mattino Quel che 'n molt'anni a gran pena s'acquista! CANZONE II. Tentando Amore di fare innamorare il Petrarca di nuovo per altra Donna, dice egli che bifogna che faccia rifufcitare Laura, e che rinnuovi tutte le fue bellezze, Amor, fe vuoi ch'i' torni al giogo antico, Per domar me, convienti vincer pria: Il mio amato teforo in terra trova, †: Che m'è nafcofto, ond'io fon sì mendico; Ove fuol' albergar la vita mia: Riponi entro'l bel vifo il vivo lume Ch'era mia fcorta; e la foave fiamma Effendo fpenta; or che fea dunque ardendo? Ond' ho già molto amaro, e più n'attendo; E gir in parte ove la ftrada manca; Cofa feguir che mai giugner non fpero. Fammi fentir di quell'aura gentile Di fuor, ficcome dentro ancor fi fente; Cantando d'acquetar gli fdegni e l'ires E-fgombrar d'ogni nebbia ofcura, e vile; Ed alzava'l mio ftile Sovra di sè, dov' or non poria gire. E poi che l'alma è in fua ragion più forte; E lor' oprar', e'l mio viver' è morte, Onde fenza tornar pafsò'l mio core. Nelle quali io'mparai, che cofa è amore.. Che'l mio voler' altrove non s'invefca. Dal laccio d'or non fia mai chi mi fcioglia Della fua vifta dolcemente acerba; our 1 La qual di, e notte, più che lauro, o mirto, Di fronde il bofco, e la campagna d'erba. Che giova, Amor, tuo'ingegni ritentare? Di ch'io tremava: omai che puoi tu farme? E ragion temean poco; Che contra'l ciel non val difefa umana: Avrian fatto gentil d'alma villana ; Deveffe il pregio di più laude darfi. Gli animi ch'al tuo regno il cielo inchina, Legar potei; che 'l ciel di più non volfe. Me legò innanzi, e te prima disciolse? Nè moftrò tanta, e'sì alta virtute Amor, della tua man nove ferute. SONETTO IL Morta Laura e per confeguente liberato il Petrarca da Amore gli piacque un' altra Donna; e fe non aveffe prefa guardia era per innamorarsi. Nè effendo ancora certo, come la cofa dovele paffare, la Donna piaciutagli nuovamente morì, e per confeguente fu da Amore liberato un' altra volta, o piurtofto da fofpetto d' averfi ad innamorare, la qual Donna commenda d' ingegno, e di vigore corporale. L'ardente nodo ov'io fui d'ora in ora Contando anni ventuno interi prefo; Non volendomi Amor perder ancora, De' primi affanni, i'farei prefo, ed arfo, 7 |