SONETTO CCI. Commenda per un bacio dato negli occhi, e nella fronte dal Re di Francia, o da altra nobile perfona a Laura, che con altre Donne era per onorar la fua venuta ad una Fefta, il giudizio di quella cotal perfona. Anzi commenda la bellezza di Laura per la dignità della perfona a cui piacque. Real natura, angelico intelletto, Chiar' alma, pronta vifta, occhio cerviero, Gli occhi, e la fronte con fembiante umano Là SESTINA VIII. Là ver l'aurora, che si dolce l'aura Temprar potefs' io in sì foavi note I miei fofpiri, ch'addolciffen Laura, Quante lagrime, laffo, e quanti versi Ho già fparti al mio tempo! e'n quante note Ella fi fta pur, com'afpr' alpe all'aura Uomini, e. Dei folea vincer per forza Amor, come fi legge in profa, e'n verfi; All'ultimo bifogno, o mifer' alma, Accampa ogni tuo ingegno, ogni tua forza, Ridon' or per le piaggie erbette, e fiori: In rete accolgo l'aura e'n ghiaccio i fiori: SONETTO CCII. E dice d'aver Si fcufa, che trapaffi i fegni, ed i termini pofti da Laura o in vifitandola, o in parlando, o in facendo altro. pregato Amore, e di ripřegarlo, che lo fcufi appo lei. L'ho pregato Amor', e nel riprego, Che mi fcufi appo voi, dolce mia pena, I'nol poffo negar, Donna, e nol nego; Che la ragion, ch' ogni buon' alma affrena, Voi con quel cor che di sì chiaro ingegno, Devete dir pietofa, e fenza fdegno: Che può quefti altro? il mio volto 'l confuma; Inferma effendo Laura, dice che Amore l'aveva fedito prima con uno ftrale amorofo, cioè per la fua bellezza, mentre ella era in iftato, s'era innamorato da non guarir mai: ma ora che l'ha fedito con uno ftrale di pietà, cioè per la fua guafta bellezza per la' nfermità, lo tormenta di compaflione; nè però rimane d'amarla come prima. L'alto Signor dinanzi a cui non vale E benchè 'l primo colpo afpro, e mortale E quinci, e quindi'l cor punge, ed affale. L'una piaga arde, e verfa foco, e fiamma; Per gli occhi miei del voftro ftato rio: Nè per duo fonti fol'una favilla SONETTO CCIV. Partitofi da Laura in difcordia, il di feguente vuole mandare il cuore a spiare, fe tempo ancora foffe da ritornare a Laura, e da rappacificarfi con lei, e gli moftra il luogo dove debba andare. Poi se fteffo riprende di questo parlare, perchè il cuore non è con lui, ma con Laura. Mira quel colle, o ftanco mio cor vago: Ivi lafciammo ier lei ch' alcun tempo ebbe Qualche cura di noi, e le ne'ncrebbe, Or vorria trar degli occhi noftri un lago. Torna tu in là, ch'io d'effer fol m'appago: Tenta, fe forfe ancor tempo farebbe Da fcemar noftro duol, che'n fin qui crebbe; O del mio mal partecipe, e prefago. Or tu c'hai pofto te fteffo in obblio, E parli al cor pur com'e' foffe or teco; Tu ten'andafti; e' fi rimafe feco, ******************** Rivolge *********** SONETTO CCV. parlare a quel Colle, nel quale nel Sonetto preceden te diffe il cuore fuo effere rimafo con Laura. Frefco, ombrofo, fiorito, e verde colle; Quella ch'a tutto'l mondo fama tolle; |