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SONETTOCL.

A

Rende la ragione perchè tremasse ad ogni picciolo mutaments

di Laura.

Se'l dolce fguardo di coftei m'ancide,

E le foavi parolette accorte;
Es' Amor fopra me la
la fa sì forte

Sol quando parla, ovver quando forride;

Laffo, che fia, fe forfe ella divide

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O per
mia colpa, o per malvagia forte
Gli occhi fuoi da mercè, ficchè di morte
Là dov' or m' affecura, allor mi sfide?

Però s'i' tremo, e vo col cor gelato
Qualor veggio cangiata fua figura;
Quefto temer d'antiche prove è nato.
Femmina è cofa mobil per natura;

Ond' io so ben, ch' un' amorofo ftato
In cor di donna picciol tempo dura.

SONETTO CLI

Inferma Laura dubita, che non muoja per tre ragioni.

Amor,

mor, Natura, e la bell' Alma umíle

Ov' ogni alta virtute alberga, e regna,
Contra me fon giurati. Amor s' ingegna,
Ch' i' mora affatto, e 'n ciò fegue fuo ftile:

Natura tien cöftei d' un sì gentile

Laccio, che nullo sforzo è che foftegna:
Ella è si fchiva, ch' abitar non degna
Più nella vita faticofa, e vile.

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Così lo fpirto d' or' in or vien meno

A quelle belle care membra onefte,
Che fpecchio eran di vera leggiadria.
E s' a Morte pietà non ftringe il freno,
Laffo, ben veggio, in che ftato fon quefte
Vane fperanze ond' io viver folía.aton

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Attribuifce, commendando Laura, tutte le doti a lei della Fenice 5 $469 CD4N S

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uefta Fenice dell' aurata piuma
Al fuo bel collo candido gentile
Formą fenz' arte un si caro monile,
Ch' ogni cor' addolcifce, e 'l mio confuma
Forma un diadema natural, ch' alluma
L'aere d' intorno; e 'l tacito focile
D' Amor tragge indi un liquido fottile
Foco, che m' arde alla più algente bruma.
Purpurea vefta d'un ceruléo lembo
Sparfo di rofe i belli omeri vela;
Novo abito, e bellezza unica, e fola,
Fama nell' odorato, e ricco grembo
D' Arabi monti lei ripone, e cela;
Che per lo noftro ciel si altera vola

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SONETTO CLIII

Si duole a nome di Laura che Virgilio, ed Omero non l'abbiano veduta, che di lei avrebbono fcritto, e non degli Eroi.

Se Virgilio, ed Omero aveffin vifto

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Quel Sole il qual vegg' io con gli occhi miei,
Tutte lor forze in dar fama a coftei
Avrian poffo, e l' un ftil con l' altro misto:

Di che farebbe Enea turbato, e trifto,
Achille, Uliffe, e gli altri semidei,
E quel che reffe anni cinquantafei

Si bene il mondo, e quel ch' ancife Egisto.

Quel fior' antico di virtuti, e d'arme, me polidat
Come fembiante ftella ebbe con quefto
Noyo fior d' oneftate, e di bellezze!

Ennio di quel cantò ruvido carme;

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Di queft' altr' io ed o pur non molesto
Gli fia 'l mio ingegno, e 'l mio lodar non fprezze.

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Il Petrarca fi duole delle Stelle che abbiano commesse le lodi di Laura, che più d' ogni altro meritava Omero, Orfeo, e Vir gilio, a lui che le fcema, non le celebra, o le agguaglia,

Griunto Aleffandro alla famofa tomba

Del fero Achille, fofpirando diffe:
O fortunato, che sì chiara tromba
Trovafti, e chi di te sì alto fcriffe!

Ma

Ma quefta pura, e candida colomba;

A cui non fo s' al mondo mai par visse;
Nel mio ftil frale affai poco rimbomba:
Cosi fon le fue forti a ciafcun fiffe.

Che d'Omero digniffima, e d' Orfeo,
O del Paftor ch' ancor Mantova onora,
Ch' andaffen fempre lei fola cantando;
Stella difforme, e fato fol qui reo

Commise a tal, che 'l fuo, bel nome adora:
Ma forfe fcema fue lode parlando.

SONETTO CLV.

Ricorda al Sole l'amor di Laura, e gli commenda la sua bellezza, e lo 'nvita a fermarsi a mirarla; e fi duole della fua partita, perchè partendofi gli toglie la vifta ainata del luogo di Laura,

Almo Sol, quella fronde ch' io fola amo,

Tu prima amafti; or fola al bel foggiorno
Verdeggia, e fenza par, poi che l' adorno
Suo male, e noftro vide in prima Adamo.
Stiamo a mirarla, i' ti pur prego, e chiamo,
O Sole; é tu pur fuggi; e fai d' intorno
Ombrare i poggi, e te ne porti 'l giorno;
E fuggendo mi toi quel ch' i' più bramo,
L'ombra che cade da quell' umil colle,
Ove sfavilla il mio foave foco,
Ove 'l gran Lauro fu picciola verga;

Crescendo mentr'io parlo, a gli occhi tolle
La dolce vifta del beato loco

Ove'l mio cor con la fua donna alberga.

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SONETTO CLVI.

Sotto figura d'una Nave pofta in Mare tempeftofo fenza governo leggitimo fignifica lo ftato fuo.

Paffa la nave mia colma d'obblio

Per afpro mar' a mezza notte il verno
Infra Scilla, e Cariddi; ed al governo
Siede'l Signor', anzi'l nemico mio:

A ciascun remo un penfier pronto, e rio,
Che la tempefta, e 'l fin par ch' abbi' a scherno:
La vela rompe un vento umido eterno
Di fofpir, di fperanze, e di defio:

Pioggia di lagrimar, nebbia di fdegni
Bagna, e rallenta le già ftanche farte;
Che fon d'error con ignoranza attorto:

Celanfi i duo miei dolci ufati fegni:

Morta fra l'onde è la ragion, e l'arte.
Tal, ch'incomincio a difperar del porto.

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