O bel vifo, ov' Amor' infieme pose Gli fproni, e fren' ond' e' mi punge, e volve O anime gentili, ed amorofe; S'alcuna ha'l mondo; e voi nude ombre, e polve; SONETTO CXXIX. Lieti fiori, e felici, e ben nate erbe, Ombrofe felve, ove percote il Sole, O foave contrada; o puro fiume, Che bagni'l fuo bel vifo, e gli occhi chiari, Quanto v' invidio gli atti onefti, e cari! Non fia in voi fcoglio omai, che per coftume SONETTO CXXX. Si duole il Petrarca di Laura che voglia tentarlo oltra le forze fue, Ben vegg' io di lontano il dolce lume Ove per afpre vie mi fproni, e giri: Affai contenti lafci i miei defiri, Pur che ben defiando i' mi confume; SONETTO CXX X 1. Moftra il mifero fuo ftato, prima per comparazione di tutte le cose che di notte hanno ripofo, pofcia per la qualità della miferia Or, che 'l ciel, e la terra, e 'l vento tace, E le fere, e gli augelli il fonno affrena, E nel fuo letto il mar fenz' onda giace; Veggio, Veggio, penfo, ardo, piango; e chi mi sface, Move 'l dolce, e F amaro ond' io mi pafco: E perchè 'I mio martír non giunga a riva, SONETTO CXXXII. Commenda quattro cofe in Laura, l'andare, gli occhi, il parlare, ed il portamento della perfona. Ciascuna di queste orna d' zioni convenevoli Come 'l candido pie per l'erba fresca I dolci paffi onestamente move; 2 Verrù, che intorno i fior' apra, e rinnove, i Delle tenere piante fue par ch' esca. Amor, che folo i cor leggiadri invefca, Nè degna di provar fua forza altrove; Da' begli occhi un piacer si caldo piove, Ch'i' non curo altro ben, nè bramo altr' efca, E con l'andar, e col foave fguardo S' accordan le dolciffime parole, E l'atto manfueto, umile, e tardo. Di tai quattro faville, e non già fole, Nafce I gran foco di ch' io vivo, ed ardo: * SONETTO CXXXIII. S'io folli ftato fermo alla fpelunca Non pur Verona, e Mantoa, e Arunca: Ma perchè 'l mio terren più non s'ingiunca L'oliva è fecca; ed è rivolta altrove SONETTO CXXXIV. uando Amor' i begli occhi a terra inchina; Sento far del mio cor dolce rapina, E sì dentro cangiar penfieri, e voglie, Ma 1 fuon che di dolcezza i fenfi lega, Nafceva nel Petrarca un Penfiero per fegni veduti in Laura, che ella lo dovesse afcoltare, come egli per premio dell' amor fo fperava. Pofcia, effendo tante volte stato ingannato, gran fede non preftava a tale speranza. A Amor mni manda quel dolce penfiero Che fecretario antico è fra noi due';' Io, che talor menzogna, e talor vero Ho ritrovato le parole fue; Non fo s'il creda; e vivomi intra due; In quefta paffa 'l tempo; e nello specchio Or fia che può: già fol' io non invecchio: |