Cefare taccio; che per ogni piaggia Di lor vene, ove 'l noftro ferro mife. Voftra mercè, cui tanto fi commife; Guaftan del mondo la più bella parte. Povero; e le fortune afflitte, e fparte Cercar gente, e gradire, Che fparga 'I fangue, e venda l' alma a prezzo? Non per odio d'altrui, nè per difprezzo. 1 Nè v' accorgete ancor per tante prove Del Bavarico inganno; Ch' alzando 'l dito con la Morte fcherza. Più largamente, ch' altr' ira vi sferza, Dalla mattina a terza Di voi penfare; e vederete, come Latin fangue gentile, Sgombra da te quefte dannofe fome: Vano fenza foggetto: Che 'I furor di lafsù gente ritrofa Vincerne d' intelletto, Peccato è noftro, e non natural cofa, Non è quefto 1 terren ch' i' toccai pria? Ove nudrito fui sì dolcemente? Non è quefta la patria in ch' io mi fido, Che copre l'uno, e l'altro mio parente? Talor vi mova; e con pietà guardate Dopo Dio fpera: e, pur che voi mostriate Virtù contra furore Prenderà l'arme; e fia 'l combatter corto: Nell' Italici cor non è ancor morto. Signor, mirate, come 'l tempo vola, Fugge, e la morte n'è fovra le fpalle. Conven ch' arrive a quel dubbioso calle. Piacciavi porre giù l'odio, e lo fdegno, E quel che 'n altrui pena Tempo fi fpende, in qualche atto più degno, O di mano, o d' ingegno, In qualche bella lode, In qualche onefto ftudio fi converta: Cosi quaggiù fi gode, E la firada del ciel fi trova aperta, Canzone, io t'ammonisco, Che tua ragion cortefemente dica: Già dell' ufanza peffima, ed antica, Proverai tua ventura Fra magnanimi pochi, a ch' il ben piace: Io vo gridando Pace, pace, pace. **** ***** CANZONE XVII. *** Il Petrarca lontano da Laura racconta come trapaffi con minore noja il tempo. Fugge le perfone, perchè non gli rompino i fuoi penfieri, ed ufa in luoghi folitarj, ne' quali s' acqueta penfando. E divide i luoghi folitarj in Monti, e Selve, in Colle, e Pino, in Fonte, e Prati, in Faggio, e in una Montagna, Di penfier' in penfier, di monte in monte Mi guida Amor; ch'ogni fegnato calle E, com' Amor la 'nyita, Or ride, or piagne, or teme, or s'afficura; Si turba, e rafferena, Ed in un' effer picciol tempo dura: Onde alla vifta, uom di tal vita esperto Diria; Quefti arde, e di fuo ftato è incerto, Per alti monti, e per felve afpre trovo Cangiar quefto mio viver dolce amaro: Forfe a te fteffo vile, altrui fe' caro: Or potrebb' effer vero, or come, or quando. Poffo al primo penfier la mente vaga, Che del fuo proprio error l' alma s'appaga: Che fe l'error duraffe, altro non cheggio. E quanto in più selvaggio Loco mi trovo, e'n più deferto lido, Quel dolce error, pur li medefimo affido Quanta aria dal bel vifo mi diparte, Che fai tu laffo? forfe in quella parte Ed in quefto penfier l'alma refpira. Là, dove 'l ciel' è più fereno, e lieto, D'un fresco, ed odorifero Laureto: Ivi è'l mio cor', e quella che 'l m' invola: Qui veder puoi l'immagine mia fola, |