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Che nel primiero affaltog

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C

D'Amor' ufai, quand' io non ebbi altr' arme;
Chi verrà mai che fquadre y mu
Quefto mio cor di fmaltogevor

Ch' almen, com' io folea, poffa sfogarme?
Ch' aver dentr'a lui parme, fold 1990 b
Un che Madonna sempre

Dipinge, e di lei parla:

A voler poi ritrarla,

T

Per me non bafto; e par ch' io me ne ftempre:
Laffo, così m'è fcorfo

Lo mio dolce foccorfo.

Come fanciul ch' appena

Volge la lingua, e fnoda;

Che dir non fa, mal più tacer gli è noja;

Così 'l defir mi mena

A dire: e vo' che m' oda

La mia dolce nemica anzi ch' io moja.

Se forfe ogni fua gioja

Nel fuo bel vifo è folo,
E di tutt' altro è fchiva;
Odil tu verde riva;

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E prefta a' miei fofpir sì largo volo, namië

Che fempre fi ridica,

Come tu m' eri amica.

Ben fai, che si bel piede

Non toccò terra unquanco,

Come quel, di che già fegnata fofti:

Onde 'I cor laffo riede

Col tormentofo fianco

A partir teco i lor pensier nascofti.

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Lagrimando trovaffe: ove acquetarfi.
Ma come può s' appaga
L'alma dubbiofa,e vaga.

Ovunque gli occhi volgo,

Trovo un dolce fereno,

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ད་་་་

Penfando: Qui percoffe il vago lume.
Qualunque erba, o fior colgo,
Credo che nel terreno

Aggia radice ov' ella ebbe in coftume
Gir fra le piagge, e 'l fiume,

E talor farfi un feggio

Fresco, fiorito, e verde:
Così nulla fen' perde:

E più certezza averne fora il peggio.
Spirto beato quale

Se', quando altrui fai tale?

O poverella mia, come fe rozza!
Credo che tel conofchi:

Rimanti in questi bofchi.

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CANZONE XIV.

Difperandofi il Petrarca dilibera di morire nel luogo, dove aveva veduta Laura, e fi ftende a narrare in quale forma ve la vide, conchiudendo che ragionevolmente defidera di ripofarfi in questo luogo.

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Chiare, frefche, e dolci acque,

Ove le belle membra

Pofe colei che fola a me par donna;
Gentil ramo, ove piacque

(Con fofpir mi rimembra)

A lei di fare al bel fianco colonna;

Erba, e fior, che la gonna

Leggiadra ricoverse

Con l'angelico feno;

Aer facro fereno,

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A

Ov' Amor co' begli occhi il cor m' aperfe;
Date udienza infieme

Alle dolenti mie parole eftreme.

S'egli è pur mio destino,

El cielo in ciò s'adopra,

Ch' Amor queft' occhi lagrimando chiuda;
Qualche grazia il mefchino

Corpo fra voi ricopra;

E torni l'alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda,

Se quefta fpeme porto

A quel dubbiofo paffo:
Che lo fpirito laffo

Non poría mai 'n più ripofato porto,

Nè 'n più tranquilla foffa

Fuggir la carne travagliata, e l'offa,

Tempo verrà ancor forfe
Ch' all' ufato foggiorno

Torni la fera bellà, e manfueta;
E là 'v' ella mi fcorfe
Nel benedetto giorno,
Volga la vifta defiofa, e lieta,
Cercandomi: ed, o pietą!
Già terra infra le pietre

Vedendo, Amor l' infpiri

In guifà, che fofpiri

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Si dolcemente, che mercè m' impetre,
E faccia forza al cielo,

Afciugandofi gli occhi col bel velo.

Da' be' rami fcendea,

Dolce nella memoria,

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Una pioggia di fior fovra 'l fuo grembo;

Ed ella fi fedea

Umile in tanta gloria,

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Coverta già dell' amorofo nembo:lub sues

Qual fior cadea ful lembo,

Qual fu le treccie, bionde;

Ch' oro forbito, e perle

Eran quel dì a vederle:

*

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Qual fi pofava in terra, e qual fu l'onde:,

Qual con un vago errore

Girando parea dir: Qui regna Amore,...

Quante volte difs' io

Allor pien di fpavento,

Coftei per fermo nacque in paradifo!.
Così carco dobblio.

Il divin portamento,

* Orlo.

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El volto, e le parole, e 'l dolce rifo
M' aveano, e sì divifo
Dall' immagine vera;

Ch'i' dicea fofpirando,

Qui come venn' io, o quando?.
Credendo effer in ciel, non là dov' era.
Da indi in qua mi piace

Queft' erba sì, ch' altrove non ho pace.

Se tu aveffi ornamenti, quant' hai voglia,
Potrefti arditamente

Ufcir del bofco, e gir infra la gente.

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CANZONE XV.

Effendo lontano il Petrarca da Laura, gli nacque un penfier di fcri vere a quante cofe fi raffomigliaffero le bellezze di lei.

In quella parte dov' Amor mi fprona,
Conven ch' io volga le dogliose rime,
Che fon feguaci della mente afflitta.
Quai fien' ultime, laffo, e qua' fien prime?
Colui che del mio mal meco ragiona,
Mi lascia, in dubbio; sì confufo ditta.
Ma pur quanto l'iftoria trovo fcritta
In mezzo 'l cor, che sì fpeffo rincorro,
Con la fua propria man de' miei martiri
Dirò; perchè i fofpiri

Parlando han triegua, ed al dolor foccorro.
Dico, che perch' io miri

Mille cofe diverse attento, e fifo,

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Sol' una donna veggio, Te 'I fuo bel vifo, I

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