Quafi un fpirto gentil di paradifo, Sempre in quell' aere par che mi conforte; SONETTO LXXXVII. Commendazione d' un faluto. Perfeguita le lodi di quel luogo foprannominato. Or dice che, fentendo che Amore il voleva affalire, per troppo defiderio fe n' era andato nel luogo, dove trovava refrigerio, e ftava penfando alie venture avute in quel luogo, quando maggior ventura gli avvenne; cioè, che fu : falutato da Laura, e fopraggiunto nella guifa, che tuona, с balena in un punto. Perfeguendomi Amor' al luogo ufato; Riftretto in guifa d'uom ch'aspetta guerra, I' dicea fra mio cor: Perchè paventi? Come col balenar tona in un punto, Così fu' io da' begli occhi lucenti, SONETTO LXXXVIII. Commendazione di quel medefimo faluto, di che parlava nel Sonetto precedente. Narra prima che cofa egli facefle, quando gli fopravvenne Laura; poi come impallidi nella giunta, onde ella per confortarlo gli fi moftrò pietofa, e riguardollo, e falutollo: ma egli fi fpaventò alla potenza del faluto, e della vista. La Donna che 'l mio cor nel vifo porta, Tofto che del mio ftato fuffi accorta, Or mi ritrovo pien di sì diverfi Piaceri in quel faluto ripenfando; Che duol non fento, nè fentii ma' poi. 2 ****** Significa il fuo ftato a Sennuccio, il quale divide, nel mal trattámento, e nel trapaffamento della vita. Sennuccio, i' vo' che fappi, in qual maniera Trattato fono, e qual vita è la mia. Ardomi, e ftruggo ancor, com' io solía: Qui tutta umíle, e qui la vidi altera; Qui cangiò 'l vifo. In quefti penfier, laffo! SONETTO XC. Partito da Sennuccio che doveva effere, per quanto fi può comprendere, in Avignone, venne a Valchiufa, e per la via fu fopraggiunto da un fortunal tempo. Ora gli fignifica che non ha paura di folgorare; nè perchè fia presso a Laura fi truova fpento il fuo amore; che, per non potere tollerare la lonfi doveva effere partito da Sennuccio. Perciocchè dove è l' Aura, fulmini, e rio tempo non è da temere, e dove è l' Aura, più s'accende il Fuoco: che il picciolo Venticello il nutrica, e il troppo grande lo spegne. tananza, Qui, dove mezzo fon, Sennuccio mio, (Così ci fofs' io intero, e voi contento) Vidi, onde nacque Laura dolce, e pura, Amor nell' alma, ov' ella fignoreggia, Che farei dunque gli occhi fuoi guardando? 0000000 SONETTO XCI Dell' empia Babilonia, ond' è fuggita Ogni vergogna, ond' ogni bene è fori; Albergo di dolor, madre d'errori, Son fuggit' io per allungar la vita. Qui mi fto folo; e, come Amor m' invita, Or rime, e verfi, or colgo erbette, e fiori, Seco parlando, ed a' tempi migliori Sempre penfando; e quefto fol m' aita. Nè del vulgo mi cal, nè di fortuna, Ne di me molto, nè di cofa vile; Ne dentro fento, nè di fuor gran caldo: Sol due perfone cheggio; e vorrei l' una Col cor ver me pacificato, e umíle; L'altro col piè, ficcome mai fu, faldo. Laura per ceffare il Sole fi rivolfe, e per avventura dall' altro lato era il Petrarca; ed in quella un nuviletto occupò lo fplendore del Sole. Finge adunque il Petrarca che il Sole, ficcome amante di Laura, abbia avuto a male quefto rivolgimento verfo lui, ficcome fuo avverfario, e per invidia fi copriffe. In mezzo di duo amanti onesta altera Vidi una Donna, e quel Signor con lei Poi che s'accorfe chiufa dalla fpera Dell' amico più bello; a gli occhi' miei La gelofia che 'n fu la prima vifta A lui la faccia lagrimofa, e trifta SONETTO XCIII Torna il Petrarca da vifitar Laura, e racconta come viene pieno di quella dolcezza medefima, che prefe il primo dì, che la vide; e che la mente non può penfare ad altro che a lei; e che giunto à Valchiufa gli torna a mente quel giorno, che egli la vide. Pien di quella ineffabile dolcezza Che del bel vifo traffen gli occhi miei Laffai quel ch'i' più bramo: ed ho si avvezza In una valle chiufa d' ogn' intorno, |